Un gruppo di studenti dell’Università di Scienze Gastronomiche ospite de La Casa del Vento


Dopo la visita, dell’altro giorno, dell’amico de L’Olio di Flora e mio, Nagato Yasuyuki, i suoi ospiti giapponesi, le sorelle Claudia e Tiziana Nuozzi del Caffè Domingo, la Casa del Vento contenta per un’altra visita, altrettanto gradita, di 15 studenti dell’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo. L’Università che ha visto giovani molisani laureati brillantemente, fra i quali i miei giovani amici, Serena di Nucci di Agnone e Nicola Del Vecchio di San Giovanni in Galdo.

Un viaggio didattico che ha scelto il Molise quale fonte di ricerca della transumanza e dell’attività pastorale, ma anche scoperta delle sue produzioni tipiche e della sua variegata e immensa cucina.

Quale migliore occasione, il rientro dei carri a chiusura dei tre giorni dedicati al patrono della Città di Larino, San Pardo. Una festa che è legata alla storia della Transumanza grazie alla centralità di Larino lungo questi percorsi erbosi, vere e proprie autostrade verdi che i pastori con gli animali percorrevano in primavera e all’inizio dell’autunno, in quel loro trac (andare) e tur (tornare) dal mare e dalla pianura della Puglia alle montagne abruzzesi e viceversa, alla ricerca dell’energia primaria, il cibo.

La grande attualità di una festa fortemente partecipata dal popolo larinese e dai numerosi ospiti, che trova le sue origine in tempi assai lontani, al pari della carrese di San Martino in Pensilis, poi ripresa dalle comunità albanesi che si sono insediate nella metà del ‘500, Ururi, Portocannone e Chieuti, la porta della Puglia poco dopo il fiume Fortore.

Una straordinaria tradizione di millenni che trova le sue ragioni, prima, nella pastorizia e, poi, nell’agricoltura, quale espressione di un territorio fonte di storia e di cultura, ambienti e paesaggi e, con la sua agricoltura e pastorizia, il suo fiume, fonte anche di cibo di qualità.

Non potevo non sottolineare ai giovani ospiti de La Casa del Vento, il valore e il significato del territorio e il suo essere origine della qualità, in primo luogo del cibo.

L’occasione per degustare insieme una “accuasale”, pane raffermo bagnato e condito con quello che ora ti dà l’orto, una spruzzatina di aceto e olio a legare i diversi profumi e sapori; una frittatina con code di aglio fresco e fiori di zucca; pizza bianca con peroni fritti; formaggio e caciocavallo freschi di Romualdi e la Tintilia 2012 di Di Majo.

L’occasione anche per un minicorso di degustazione de L’Olio di Flora con il racconto dei tanti successi ottenuti sin dalla sua prima bottiglia nel 2007 quando ha vinto “Goccia d’Oro”, il concorso che più apprezzo perché non dà spazio a quelli che fanno l’olio tutto e solo destinato ai concorsi.

Con il tramonto, che ha salutato il giorno sulla cime più alta della Maiella, la chiusura di un incontro molto bello e, soprattutto, interessante per l’attenta partecipazione dei componenti del gruppo di studenti dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenza, in Piemonte.



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