A proposito de "Il principio della rana bollita"
"Discuterne non basta ma è già un passo avanti", scrive Nicola Picchione a chiusura del suo commento. E allora, dico io, discutiamo per non rassegnarci ma per ribellarci alla situazione del momento. Solo così possiamo uscire da questo "buco nero". (pdl)
Forse ci troviamo nella condizione del medico che riesce a fare la diagnosi ma non la terapia. Bisogna non rassegnarsi ma come? Come uscire dalla trappola, dall'assedio? E quanti sono veramente convinti di dover trovare una soluzione? Ora ho scritto una lettera di protesta alla Telecom ma so che anche se cambio gestore avrò il medesimo trattamento. Siamo entrati in un buco nero che per ora non ci permette di uscire. Non ho soluzioni se non teoriche: la "società civile"? Quale è? Scegliere significa non solo avere più possibilità ma anche avere la consapevolezza (la conoscenza) delle varie vie che ci sono davanti. Non teoriche ma reali. Il problema non è solo della rana bollita (e dunque molti non si rendono conto del futuro che abbiamo malpreparato) ma è anche di trovare un modo per uscire dalla pentola. Ogni tanto mi ripeto: non andrò più a votare. Per chi dovrei votare? Bisogna avere una fede per farlo, cioè chiudere la mente e credere alle prediche di qualcuno, sapendo che quasi certamente non manterrà le promesse fatte per andare al potere (e forse non si rende conto che il suo sarà un potere delegato, limitato). Dunque, non scegliere? Significa delegare agli altri la scelta. La vera tragedia è che la pentola è chiusa per ora. Possiamo lamentarci, possiamo agire direttamente nel piccolo mondo che ci sta intorno ma questo non cambia molto le cose. Siamo impotenti, abbiamo solo la libertà di dire inutilmente ciò che pensiamo e ciò che vorremmo. Del resto, i problemi non riguardano solo la nostra società nazionale (che ne aggiunge altri per la sua immaturità: come Nazione siamo nati ieri e ancora non abbiamo consapevolezza di essere un popolo. Giochiamo individualmente o a piccole congreghe). Ai nostri problemi di maturazione se ne sono aggiunti altri che contribuiscono a dividerci piuttosto che a unirci. Vedi le grandi migrazioni. Sembra una frase retorica ma stiamo vivendo un tempo di transizione che ci travolge. Abbiamo capito, come organizzazione politica, che il comunismo è stato un fallimento (come ha detto un filosofo: sa distribuire la ricchezza ma non la sa produrre), il capitalismo sta mostrando tutti i suoi grandi limiti (sa produrre la ricchezza ma non la sa distribuire). Non abbiamo soluzioni: la rana del capitalismo non è ancora bollita. Prendiamo coscienza delle perturbazioni che produciamo in natura ma non siamo maturi per eliminarle o solo ridurle. Siamo in un limbo tra passato che ancora ci domina e futuro che sembra minacciarci: noi nemici di noi stessi come il drogato consapevole dei danni della droga ma incapace di disfarsene. Pensiamo di salvarci almeno l'anima prendendocela con la classe politica che è solo il nostro parto e sa che se facesse una lotta vera alla corruzione e all'evasione fiscale verrebbe mandata a casa. Come diceva Troisi, non ci resta che piangere. Ovviamente, non serve piangere, è necessario agire. Come? Discuterne non basta ma è già un passo avanti.
Nicola Picchione
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