In treno da Termoli a Larino per parlare di territorio, cibo e paesaggio.
Non ricordo quand’è stato l’ultimo viaggio in treno che ho
fatto da Termoli a Larino. Sicuramente molti anni fa, quando ancora ero a
Firenze da dove partivo prima di mezzanotte per cambiare a Bologna e prendere l’espresso
Milano – Lecce, che fermava a Termoli intorno alle sette del mattino, con il
treno per Campobasso sul binario 5 già con i motori riscaldati e pronto per
partire.
Questa volta, invitato dalla prof.ssa Monica Meini, sono
salito, poco dopo il suono della campana di mezzogiorno, sul vagone motrice in
sosta sullo stesso binario di un tempo, insieme con lei, Marco Petrella, professore
di Geografia umana e otto giovani studenti dell’Università del Molise, sede di
Termoli, protagonisti del Corso di laurea magistrale in Turismo e Beni
culturali.
La prof.ssa Monica Meini che, poco più di due anni fa, insieme
con il prof. Rossano Pazzagli, mi ha voluto onorare della presentazione, nella sala
delle conferenze dell’Università affollata di studenti e di ospiti, del mio
libro, “Molise, il piacere di una scoperta”, da allora a disposizione dei suoi
studenti. Un libro che parla di cibo, paesaggio e territorio di tutt’e 136
paesi del Molise, raccolti in diciassette itinerari, che è da considerare davvero
fortunato, non solo per questa presentazione, ma, anche, per quella in
anteprima a Berlino, in occasione dei Campionati del Mondo di Atletica. Grazie
al Molise sponsor di Casa Italia Atletica, la sua traduzione in tre lingue (inglese, spagnolo e
tedesco) e quattro ristampe dell’edizione italiano-inglese, con altre presentazioni
a Madrid, Barcellona, New York, Gand, e altre importanti città europee.
Parlare ai giovani e ai giovanissimi è per me fonte di tanta
emozione, ancor più se il tema è il territorio, che ha nel cibo e nel paesaggio
i suoi compagni di viaggio, gli amici fidati di sempre. Farlo in una stazione,
in attesa di salire su un treno, e, poi, trasformare lo scompartimento dello
stesso treno in un’aula che viaggia e, dal mare di Rio Vivo, ti porta là dove,
fino a qualche decennio fa, c’erano le dune e ora solo case, a svoltare a
destra, all’altezza dell’ex aeroporto militare di Campomarino, per raggiungere
il cuore del Molise.
Per incontrare, subito dopo l’attraversamento del nucleo
industriale di Termoli, in quella piana che prima era un insieme di campi
fertilissimi, il rudere di una fabbrica, Stefania; lo Zuccherificio, che ancora
rappresenta l’esempio dell’agroindustria molisana; gli oliveti secolari di
Portocannone, con i suoi patriarchi posti all’ombra della cisterna dell’acqua
che svetta al disopra delle case. Ecco il tratturo regio L’Aquila – Foggia, affiancato
da quello di Centurelle- Montesecco e la piana dei cocomeri della mia infanzia,
i più saporiti che io abbia mai degustato: Poco dopo la stazione di San Martino
in Pensilis, la patria della mitica Pampanella che rischia, se non è data a
essa un’indicazione geografica, di perdere il suo rapporto esclusivo con l’origine,
nel momento in cui saranno altri a valorizzarla dentro e fuori dal Molise.
Il treno rilancia la sua corsa con l’entrata nelle Piane di
Larino, tra vigneti allevati a capannone e seminativi. E’ questa la pianura più
grande del Molise, talmente grande da non essere neanche considerata quale
parte di un Molise per il 54% montagna e per il 46% collina!
Con la vista dei primi oliveti quella delle due pale eoliche
che dominano la schiena della collina che da San Martino in Pensilis si
distende verso Ururi, nascondendo il parco eolico che è sotto le finestre del
paese di origine albanese, una delle comunità arrivate dall’altra sponda dell’Adriatico,
insieme ai croati che hanno scelto il versante del Trigno al posto di quello
del Biferno.
E qui, poco prima di arrivare al tratturo Biferno – S.
Andrea che è un po’ la continuazione dell’altro tratturo Atelete – Biferno, lo
sguardo torna sulle pale eoliche poste proprio sul culmine di colline
dolcissime come mammelle, che vanno verso Rotello per poi salire, tutte in fila,
fino a Montorio nei Frentani, nel mezzo di oliveti antichi, come a sottometterli
con la loro altezza.
Sì, le pale eoliche sono più alti degli ulivi e, non solo
qui, ovunque!
Sposto l’attenzione dei miei occasionali alunni sulla parte
opposta del paesaggio segnato da questi pali e pale eoliche, là dove comincia
la salita verso Larino e il treno scivola sulle rotaie che disegnano un
serpentone in mezzo a vigneti e oliveti. A partire da quella bella realtà che è
la Cantina D’Uva con i suoi “Dolci grappoli”, un agriturismo che si è fatto un
nome ed ha una clientela di appassionati di cucina, olio e vino.
Subito dopo il luogo noto come “i vegnere” (le vigne), a
significare appezzamenti dove c’erano insieme viti, olivi, alberi da frutto e
orto, cioè il sostentamento della famiglia. Il luogo noto anche come contrada
Carpineto, l’inizio del grande oliveto che, a 360°, circonda la culla delle
Città dell’Olio, già capitale dei Frentani, Larino, fino al traforo di Magliano
e, poi, finire all’altezza del Campo sportivo, dell’Anfiteatro romano, dell’antico
Molino Battista, una struttura stile liberty tutta in tufo, proprio all’altezza
della stazione, dove scendiamo per continuare, non senza la fotografia di rito,
il discorso in attesa dell’arrivo del treno che riporta il gruppo a Termoli.
Una splendida, piacevole avventura, nell’ora che più fa
pensare al cibo e questo, dopo una scorpacciata di paesaggio, pur se in una sua
parte ferito dalle pale eoliche e dai tralicci dell’alta tensione, e, di un territorio
ricco di risorse e di valori propri, quali la storia, la cultura, le antiche tradizioni.
pasqualedilena@gmail.com
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