la soglia linguistica da non varcare

Riportando questo articolo del Corriere della Sera ripreso da "Il Foglio volante" di Amerigo Iannacone che ringrazio, ho deciso che darò, con una ristampa, nuova vita a quel mio fortunato libro di poesie in dialetto larinese (molisano) "U penziere", uscito nel 1989 per gli Editori del Grifo di Montepulciano (SI).

Fortunato, non solo perché ha esaurito in poco tempo le 2.000 copie stampate (mi è stato detto che sono tante per un libro di poesie e, per di più, nel dialetto di una Regione che - lo dicono in molti - non esiste, ma anche perché ha avuto l'onore di essere presentato a Larino nell'atrio del Palazzo Ducale; poi a Firenze, nel prestigioso Salone del gonfalone in Palazzo Panciatichi sede del Consiglio regionale della Toscana, in via Cavour; a Vancouver, Toronto, Montreal in Canada; New York, negli Stati Uniti, Lucera, in Puglia, che ha un dialetto molto simile a quello di Larino ; a Campobasso, capoluogo della Regione ed altri luoghi ancora.

"U penziere" ha il merito di aver stimolato altri, a Larino e non solo, a scrivere in dialetto con l'orgoglio dell'appartenenza, dell'identità con il proprio territorio. 

Ridare al dialetto la sua dignità e la sua piena libertà di espressione vuol dire rispetto del territorio con tutti i suoi valori storico - culturali, legati alle tradizioni e alle attività produttive, per prima l'agricoltura. Con il dialetto, i dialetti ridare dignità alla lingua italiana, anche per non apparire succubi, schiavi, coloni.

L’egg sharing e la soglia linguistica da non varcare 

Se, come diceva Carlo Levi, le parole sono pietre, fermate, per favore, questa folle valanga anglofona. Ora arriva anche l’«egg sharing», un composto lessicale che mette insieme l’uovo, o meglio le cellule riproduttive femminili («egg»), e lo «sharing», letteralmente «condivisione», termine inglese che conoscevamo associato a «car» (auto) e a «bike» (bicicletta). Coniazioni tecnico-linguistiche che si usano per indicare una nuova mobilità urbana in multiproprietà o a noleggio, una sorta di veicolo collettivo per più utenti.

Che la stessa definizione finisca nel vocabolario della fecondazione eterologa, cioè in un ambito con valenze necessariamente morali, è un altro, forse l’estremo, indizio del provincialismo italiano. E se si può pure soprassedere con un sorriso sul question time parlamentare, se non si può fare a meno dello spread, se il mouse non è sostituibile con il «topo», sarebbe bene che almeno si considerassero i contesti prima di adottare un nuovo forestierismo. Specie se a prendere questa iniziativa è una commissione del ministero della Salute, che dovrebbe avere sensibilità (anche terminologica!) su argomenti particolarmente delicati come quelli che riguardano la persona, non le cose (oggetti, auto, bici, motori eccetera).

Già nel settore scolastico la frequenza di anglicismi superflui è quanto di più paradossale si possa immaginare: si pensi ai vari «blended», «comfort zone», «decision making», «mentor», «school bonus», «policy» che mette orgogliosamente in mostra il documento renziano sulla cosiddetta Buona Scuola, tutti peraltro dotati di un accettabile corrispettivo italiano. Ma che in un ambito che chiama in causa la maternità si ricorra a una terminologia che inevitabilmente finisce per evocare le ultime frontiere dell’urbanistica e dei flussi di traffico pare davvero eccessivo. Rendendo ridicolo ciò che è invece molto serio.
Paolo Di Stefano
(Dal Corriere della Sera, 12/4/2015)

a fianco, nelle informazioni personali riportate da questo mio blog, la poesia "U penziere" che ha dato il titolo al libro.

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