LA TERRA E' LA FONTE DEL NOSTRO CIBO
Il problema che
tu affronti è fondamentale.
La terra è la fonte del nostro cibo. Essa dà le
piante che per un miracolo trasformano l’energia dei raggi solari in materia
vivente che nutre gli animali.
Gli antichi nella loro saggezza che derivava dal
contatto con la natura oggi in gran parte perduto e in buona parte- quando non
perduto- spesso pervertito da un rapporto innaturale, chiamavano madre la terra
e ritenevano l’umanità nata da essa: humus.
Noi non solo non abbiamo più un
rapporto positivo con la natura ma la snaturiamo con i prodotti della chimica
(nel migliore dei casi. Quando non l’avveleniamo, finendo con avvelenare noi
stessi).
La natura non è solo nutrimento, è anche bellezza che è altra forma di
nutrimento.
Gli antichi avevano un rapporto di amore-odio verso la terra che
dovevano coltivare sudando e soffrendo, che non sempre dava loro ciò che
desiderava come i figli (e i padri) non sempre danno ciò che si aspetta da loro
ma continuano ad essere carne della propria carne. Il rapporto con la terra era
così intimo e importante che di solito era di grande rispetto.
Gesù tentò di
rappacificare l’uomo con l’uomo ma non insistette sul rapporto uomo-terra,
ritenendo- credo- non necessario parlarne perché non deteriorato. Il progresso
costa caro e fa crescere orgoglio e superbia nell’ uomo che si illude di
dominare tutto e tutti.
La natura sopporta i nostri sgarri ma poi ci ripaga con
la stessa moneta. Essa continua il suo corso, si modifica, digerisce i nostri
veleni, è indifferente al nostro disprezzo. I danni ricadono su di noi che la
copriamo col cemento, che costruiamo le nostre case dove non dovremmo.
Miopi,
incapaci di vedere un po’ lontano: viviamo l’oggi come se non ci fosse il
domani. Come fanno i politici di piccola taglia. Occorre cultura ma quella di
una volta quando l’uomo era umile e sapeva imparare dalla natura e dagli altri
uomini attraverso i libri.
Oggi forse nessuno dice più come Di Giacomo: Dio,
quanta stelle ‘n cielo e ch’ luna, c’aria doce. Oppure sente come Foscolo il
fascino di questa bella d’erbe famiglia.
Abbiamo indotto i piccoli a pensare che
il latte proviene dal supermercato. Con senso diabolico alleviamo gli animali da
macello senza un minimo rispetto. Siamo presi da una voglia insensata di consumo
e di danaro. Abbiamo il delirio del correre: come possiamo guardare diversamente
la natura che, invece, ha i suoi tempi ? Abbiamo costruito intorno a noi sabbie
mobili e più ci agitiamo più affondiamo. Ogni tanto, in tempi lontani, gli dei
distruggevano l’umanità lasciando solo come seme pochi individui Deucalione e
Pirra oppure Lot la moglie (subito eliminata perché non obbedì al comando di non
guardare indietro quasi a volerle dire: dimentica il passato con i suoi peccati)
e le due figlie che pensarono bene di unirsi carnalmente col padre:
evidentemente qualche malefico cromosoma recessivo di cattiveria venne subito a
galla. Nemmeno con Noè andò bene. Forse ci riproveranno ancora o arriveranno
alla conclusione che questa creatura merita una fine totale. Andremo ad
infestare altri pianeti.
Troppo a lungo abbiamo disprezzato i contadini che, alla fine, hanno
creduto al nostro disprezzo e tenuto lontani i figli dalla terra. Non è facile
riparare il danno fatto, manca la convinzione di doverlo fare. Ogni tanto
qualcuno ci prova inutilmente. Siamo come quei cristiani formali cui accenno nel
mio ultimo sfogo paragonandoli a certi sindacalisti.
Ma è inutile dirci queste cose tra noi: commetterei un peccato se pensassi
di dirle a te. E’ solo un incoraggiamento a proseguire con le tue lotte
“contadine”. Credo che chi non tocca la terra, non coltiva un sia pur piccolo
pezzetto di terra, non vede vivere le piante ogni stagione da quella della
preparazione a quella della esplosione di gioia e di colori e profumi non potrà
mai capire. Continuerà ad andare semplicemente al supermercato e sceglierà i
frutti più grandi e più belli e imbellettati con la cera, gonfiati come le
labbra e i seni al silicone.
Senza cultura anche la natura appassisce. E non occorre l’
università.
Nicola Picchione
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