IL VINO DEVE UNIRE

di Sebastiano Di Maria
Un 2013 da record per la produzione di vino in Italia, che, con un incremento del 19% rispetto all'anno precedente, equivalente a 56,3 milioni di ettolitri, risulta la più abbondante dal 2000. Ottima anche la performance del Molise con saldo positivo del 44% - non dimentichiamo che diamo ancora mosto e vino ad altre realtà territoriali - tra i primi in assoluti, che dimostra, come abbiamo già avuto modo di sottolineare più volte in altri articoli (in questo e quest'altro), una crescita della qualità della produzione, certificata, non a caso, dagli ultimi riconoscimenti al Vinitaly, mai così copiosi e diversificati. Non dimentichiamoci che, da un punto di vista numerico, nudo e crudo, rappresentiamo solo l'1% della produzione nazionale, a voler essere di manica larga, e questi dati sono da accogliere con entusiasmo in proporzione a realtà consolidate e con masse critiche impattanti, ovviamente, ma non devono distogliere l'attenzione su quello che ancora c'è da fare perché anche il Molise possa ritagliarsi una piccola fetta di notorietà nel mondo enologico.
Dove si può migliorare? I produttori hanno fatto tanto, investendo in proprio, dimostrando che la qualità si può fare anche in Molise, dove insistono condizioni ottimali per fare viticoltura di qualità, dalla costa fino all'entroterra, spingendosi anche a quote elevate, dove probabilmente si sposterà parte della viticoltura nel futuro, visti i cambiamenti climatici in atto, come abbiamo avuto modo di parlarne in più di un'occasione sul Corriere Vinicolo ("Sostenibilità e tutela del patrimonio viticolo", "Cambiamenti climatici e influenza in vigneto"). E' questo il momento di dare un supporto all'importante attività svolta dal mondo produttivo, spesso troppo solo, un po' per campanilismo, ma anche per scelte aziendali, condivisibili, che tentano di dare una connotazione e un carattere distinguibile da altre realtà, crearsi un vestito su misura, come precisato da un produttore a Verona, da poter spendere sui mercati internazionali. Pensare di riorganizzare lo stand del Molise, non come un unico raccoglitore di tante identità eterogenee (10 metri per 20 metri, non credo di esserci andato molto lontano con le dimensioni), francamente indecifrabili, ma, invece, come un esaltatore delle tipicità, in cui ognuno possa dare un'immagine della propria azienda sotto un unico marchio o slogan che rappresenti inequivocabilmente la nostra Regione e il nostro territorio, altra nota dolente su cui riflettere e lavorare.
Qui gioverebbe un ruolo decisivo da parte del "Consorzio di tutela dei vini del Molise", come succede per le altre realtà produttive, ma, come abbiamo avuto modo di constatare in più di un'occasione, non senza amarezza, esiste solo sulla carta e, francamente, non ci sono tracce di attività di promozione o "tutela" - se si chiama così un motivo ci sarà - eclatanti o annoverabili negli annali. Altra nota dolente sono stati i comunicati istituzionali post Vinitaly dove, tranne salutare con entusiasmo un riconoscimento per la lungimiranza di un produttore con il premio Cangrande (benemerito dell'enologia, per intenderci), assegnato ogni anno, uno per Regione, su indicazione della stessa, e su cui non comprendiamo la scelta vista la situazione disastrosa in cui versa l'azienda che rappresenta (cosa avrà di benemerito dovrebbero spiegarlo a tutti i viticoltori che hanno abbandonato la realtà), non c'è traccia alcuna dei successi dei vini molisani, innominabili, forse perché "secessionisti" (dislocati nello stesso padiglione, si, grande almeno quanto un campo di calcio).
Forse, anzi, sicuramente, è passato sotto gamba anche il successo di due vini che non sono tipicamente espressione del nostro territorio, o meglio, oscurati da terroir più blasonati, quelli di Angelo D'Uva di Larino, che vanno ad affiancarsi alla Tintilia di Antonio Valerio a Monteroduni e Pasquale Salvatore a Ururi, oltre al Moscato di Di Majo Norante a Campomarino, che ormai non fa più notizia. Si tratta di un Montepulciano e di un Cabernet Sauvignon in purezza che aprono le porte ad un terroir Molise anche per questi due vitigni che, detto fuori dai nostri confini farebbe ridere (immaginate i grandi e tanti Montepulciano del vitigno dell'orgoglio abruzzese, ma anche quelli di grandi denominazioni del marchigiano), ma, invece, a nostro avviso rappresenta la vera novità, oltre ai numeri, di quest'ultima "kermesse" veronese. Chiudo con una riflessione che, al contempo, contiene anche una speranza: ho letto tanti "articoli" sul Vinitaly e sui successi dei vini molisani nei giorni scorsi, dopo che Pasquale Di Lena, per primo, con la sua nota stampa e noi, immediatamente dopo, con la pubblicazione delle immagini dei vini vincitori, ne abbiamo dato atto. Bene, è arrivato il momento di cercare una condivisione quanto più ampia possibile, perché di questi successi non rimanga un messaggio nel vuoto ma, anzi, sia il messaggio: "Il vino deve unire".
Sebastiano Di Maria

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