T come territorio C come cultura
Senza la cultura la politica si svuota di contenuti e di prospettive e la
bellezza è la cosa che per prima viene sacrificata.
Tutto, ma soprattutto una campagna elettorale, ha senso se si trasforma
in una grande occasione che interpreta la politica e diffonde la cultura dando, così, spazio ai
sogni. Solo chi ha già condiviso i sogni e riesce, senza ombre, ad esprimere
tutto questo merita attenzione.
La cultura che ci appartiene e che si ritrova nei campi, nelle torri,
nei castelli, nei ruderi dell’Ara frentana o dell’Anfiteatro, nelle minute
case, nei paesi che si lasciano vedere raccolti sulle colline o appiccicati ai
fianchi delle montagne, nei vicoli che raccolgono i fumi e i profumi dei
camini, nelle piazze che lasciano le mani stringere altre mani e le labbra
aprirsi al dialogo.
La cultura che si esprime in dialetto o con i gesti e racconta la gioia
e il dolore, il pianto e il sorriso; accoglie lo straniero con un benvenuto;
saluta e riesce a dire grazie o prego; emoziona con la poesia, il canto, un
quadro o una scultura.
La cultura che rispetta il tempo e la natura, ci rende liberi e non
schiavi di altri uomini o del denaro
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