La neolingua della crescita infinita infetta la nostra percezione del mondo

 
[ 26 aprile 2012 ]
Luca Aterini
«Non senti ancora la bellezza della distruzione delle parole. Non lo sai che la neolingua è l'unica lingua al mondo il cui vocabolario s'assottigli di più ogni anno?» La struttura stessa di una lingua, il suo potere espressivo, le sue inclinazioni e sinuosità modellano l'interpretazione del mondo di chi di tale lingua fa uso. Prendendo a prestito dal celebre sociologo canadese McLuhan, ‹‹il medium è il messaggio›› dunque, intendendo stavolta come "medium" il linguaggio stesso: una determinata interpretazione (e comunicazione) del mondo darà vita a corrispondenti modalità di approccio, valutazione e azione nei confronti del mondo stesso. Ecco perché analizzare i mutamenti delle varie lingue - che sono organismi vivi e cangianti - nel corso del tempo non è affatto un mero esercizio teorico, ma suggerisce incisivi percorsi d'analisi per l'andamento della società tutta.
Ed ecco spiegato anche il motivo per cui non solo i filosofi del linguaggio ma anche alcuni economisti e sociologi, ad esempio, siano attenti alle evoluzioni della lingua. Uno degli ultimi esempi di tale attenzione è quella rivolta al fenomeno della "panflazione", al quale anche la Repubblica ha dedicato un esteso approfondimento. «La panflazione è un neologismo con cui l´Economist ha provocatoriamente lanciato l´allarme sui "pericoli della svalutazione di ogni cosa" - si legge sulle pagine del quotidiano di via Colombo. Ma perché piccolo oggi non è più bello? L´inarrestabile corsa verso porzioni sempre più grandi per la verità fu già teorizzata da Jeremy Bentham: la felicità che un singolo percepisce da una sterlina in più decresce con il numero di sterline che quella persona continua a possedere - motivo per cui i ricchi vogliono diventare sempre più ricchi».
Parafrasando il noto motto attribuito al diplomatico francese de Talleyrand (ma anche al nostrano Andreotti), dunque, "il potere logora chi non ce l'ha", forse, ma sicuramente il potere - qui inteso sottoforma di denaro - logora chi ce l'ha e ne desidera sempre di più. Non siamo certo davanti ad una scoperta epocale, in ogni caso. Dove sta quindi la novità? Nel fatto che «Oggi, poi, il problema si è ulteriormente ingrandito - continua la Repubblica: la panflazione è accusata di "distorsione del mercato" perché sconvolge i parametri. La tazza di caffè più piccola da Starbucks - il bar anche qui più grande del mondo, 20mila negozi in tutto il pianeta - si chiama "tall": vuol dire alta, grande. E se cercate un trancio di pizza "small", piccolo, non lo troverete mai: si parte da "regular", poi "large" e "very large" [...] Presentare un trancio "piccolo" e farlo pagare una cifra non si può: sapere invece che per quel prezzo ci stiamo pappando una porzione "regular" ci rassicura. "È il vecchio effetto framing", spiega Benedetto De Martino, esperto di neuroscienze e ricercatore di psicologia alla City University di Londra. È il fenomeno scoperto da Daniel Kahneman già una ventina d'anni fa: presentare la stessa opzione sotto una diversa cornice - framing - altera le decisioni che prendiamo».
È così che risulta impossibile evitare che riaffiorino alla mente Orwell ed il suo 1984 - del quale in incipit all'articolo è riportato un frammento - nel quale il regime dittatoriale del Socing, la cui brama è quella di controllare finanche i pensieri dei propri sottoposti, pianifica la sostituzione del linguaggio originario (archelingua) con una nuova lingua (neolingua, per l'appunto) che renda impossibile addirittura la formulazione di un pensiero critico.
Ovviamente nessuno accusa Starbucks di architettare una strategia per il dominio del mondo. Il piccolo esempio proposto, che ha in oggetto la catena di bar, è significativo perché mette in luce quanto profondamente sia arrivata l'ideologia della "necessaria" crescita esponenziale e continua, ideologia originariamente relegata in asettici dipartimenti universitari di economia e che manda a gambe all'aria ogni pretesa di sostenibilità.
«"Superbo" non è più un'offesa - chiosa la Repubblica - "modesto" non è più un complimento. Oggi la normalità è schifata, ed è schifata tanto più da chi la vive come condizione». Anche la parola "moderazione", verrebbe da dire, da un significato virtuoso è stata ribaltata, portandola a contenere solo una fastidiosa sensazione di limitatezza. La capacità di porre un freno agli impulsi dannosi, di mitigarsi, di avvertire il senso della misura, sono ora visti come incapacità di aggredire il mondo e la società con la violenza sufficiente ad accaparrarsi una briciola in più degli altri dal piatto della torta.
Per una cultura della sostenibilità - e non è una semplice tautologia - la cultura è importante. La cultura nella quale siamo immersi, che respiriamo e a nostra volta diffondiamo, e che è determinata in buona parte anche dal linguaggio di cui facciamo uso. Solo un humus culturale adeguatamente fertile e pervasivo potrà permettere un effettivo affermarsi di una sostenibilità economica, sociale ed ecologica, ovvero un cambiamento radicale nel nostro modo di percepire, comprendere e rielaborare il mondo che ci circonda. Un cambiamento che rimane a portata di mano, ma per il quale è fondamentale difendere il baluardo del pensiero critico, o di quel che ancora ne rimane. «Non ti accorgi che il principale intento della neolingua consiste proprio nel semplificare al massimo le possibilità del pensiero?».




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