NEL RISPETTO DELLA TERRA
Quello che è successo in questi giorni, un po’ ovunque, con i blocchi organizzati dal movimento dei “forconi”, dai produttori agricoli alleati con i camionisti, farà peggiorare la crisi in agricoltura e il rischio è che la situazione diventi ancor più drammatica.
Non siamo d’accordo con la forma di lotta intrapresa perché la riteniamo perdente per chi la fa. Non è quella che porta a risolvere i problemi, ma solo ad aggravarli ulteriormente con ripercussioni sui singoli protagonisti e sull’intero Paese.
Abbiamo visto in essa la disperazione più che la ragione di una strategia che porta a far riflettere della crisi, della sua drammaticità, visto che non trova soluzioni di continuità. Non le trova per la semplice ragione che l’interesse dei padroni del mondo non è risolvere la crisi che hanno creato e stanno manovrando con grande abilità, ma quello di continuare a triturare quel poco di pianeta che è rimasto.
Parliamo delle multinazionali che hanno in mano tutto quanto oggi serve per decidere chi far mangiare e chi far digiunare o morire di fame; chi far lavorare e chi cacciare; quale fabbrica chiudere e,così, renderla un rudere dopo aver deciso di trasferirla altrove, come fosse un pacco postale; quale Paese o territorio distruggere con la loro folle visione di potersi appropriare di tutto e senza limiti. Stanno in questa visione folle i rischi crescenti per la terra, la biodiversità, la vita che sembra preoccupare solo pochi fissati, come siamo noi, della sostenibilità. Ecco perché non si devono trovare alternative al petrolio.
Ed è così che viene distrutto il mondo dell’agricoltura, cioè dei produttori di cibo che vengono messi nelle condizioni di andar via, abbandonare la propria azienda per tornare, quando va bene, come schiavo riconosciuto.
Le multinazionali, come si sa, sono interessate a fare soldi, tanti soldi, perché trovano nel denaro il potere, anche quello di sottomettere la politica e, con essa, i governi. C’è da dire, però, che queste fabbriche di soldi e di profitti, al pari di tutti quelli che hanno come fine l’accumulo di denaro, sono sensibili e provano fastidio solo con chi mette mano al loro portafoglio.
In questo senso – parliamo ai produttori agricoli – l’unica possibilità che questi hanno di rimanere padroni della propria terra e del proprio destino e uscire vincitori da questa situazione, è quella di smettere di dare ascolto ai loro richiami mediati da venditori e piazzisti, facendo una cosa semplice: lo sciopero degli acquisti dei prodotti delle multinazionali, che, sull’onda dell’inno alla tecnologia, fanno produrre di più. È vero, si produce di più, però a costi sempre più insostenibili e di gran lunga superiori ai ricavi. A rimetterci – ce lo racconta la pesante crisi della agricoltura – sono principalmente i singoli produttori e, ancor più, la terra, che muore a causa di dosi eccessive di veleni, quali sono gli antiparassitari, gli anticrittogamici, i pesticidi. Per non parlare del furto dei semi con i loro brevetti registrati dai governi asserviti e dai silenzi voluti.
La verità è che, mentre la terra muore sempre più velocemente, i mammiferi che si alimentano dei semi di mais della ditta leader degli Ogm, la Monsanto, si ammalano. Riportiamo la notizia appena letta su Greenme.it , a firma di Francesca Mancuso, riguardante gli studi pubblicati sulla rivista International Journal of Biological Sciences.
Ci è venuta facile la domanda: chissà cosa ora dirà l’illustre prof. Veronesi che degli ogm, come del nucleare, è sempre stato un fermo sostenitore?
Crediamo sia giunto il momento di chiudere le orecchie alle sirene delle multinazionali e dire “No agli Ogm” e “No agli acquisti” per far loro abbassare la cresta. Anche se la perdita sarà di qualche spicciolo si allarmeranno al punto da perdere la loro proverbiale tracotanza e certezza di poter disporre di tutto e di tutti a loro piacimento.
Una forma di lotta che non crea problemi al traffico e non fa perdere soldi allo Stato, ai consumatori. Non c’è neanche bisogno di scendere in piazza, ma solo di rinunciare a questi prodotti e aspettare con fiducia la risposta della terra, che dà quello che può dare proprio perché si preoccupa del domani.
Una lotta fatta in silenzio, senza clamore, efficace anche perché apre a nuove idee ed a nuove forme di partecipazione; riesce a far ragionare sulle scelte che servono per costruire un nuovo sviluppo e vivere così un nuovo futuro.
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