Giovedì 05 Gennaio 2012 09:47
Equitalia è sotto tiro e non c’è da meravigliarsi se sono vere tutte le vessazioni che un cittadino riceve una volta che arriva l’ingiunzione di pagamento che è tassativa e non ammette deroghe. Non c’è da meravigliarsi, ma con questo non vogliamo dire che condividiamo i metodi che ci riportano indietro nel tempo e che non fanno altro che dare ragione a chi sbaglia nell’usare metodi terroristici, che non ci appartengono, e fanno pagare, con la paura (quando non sono più gravi le conseguenze di questi attentati), persone che hanno l’unico torto di essere dipendenti, non importa a quale livello, di Equitalia. Come tali vittime innocenti visto che le regole di questa organizzazione sono di altri e cioè di chi ha inventato e messo in piedi Equitalia. C’è un aspetto che a noi di Larino Viva preme sottolineare e di cui nessuno parla, quello, non delle riscossioni, ma dei rimborsi che Equitalia deve fare ai cittadini, vuoi per suoi errori o vuoi per richieste giustificate che non trovano mai la risposta che meritano, in particolare nei tempi giusti o tassativi come quelli imposti per la riscossione. Abbiamo sottomano l’esempio delle pratiche relative ai contributi versati “in toto” dai cittadini residenti in aree dichiarate terremotate, che non trovano alcuna risposta, nonostante una serie di sentenze della Corte Costituzionale che intimano il risarcimento, da parte di Equitalia, delle quote versate in eccedenza rispetto ai cittadini, residenti anch’essi nelle zone terremotate, che hanno usufruito dell’esenzione per poi pagare solo una quota sulla base di una legge speciale per le conseguenze del terremoto del 2002. Ma c’è di più. Gli uffici di Equitalia, pur sapendo che il cittadino richiedente, nel momento in cui presenta correttamente la richiesta di rimborso dovuto, ha ragione, si appellano al giudice e quando il giudice dà ragione al richiedente, invece di pagare, come indica la sentenza emessa dal giudice in oggetto, si prendono il tempo (60 giorni), non per pagare, ma per decidere, visto che non sono loro a pagare, di fare ricorso e così intasare i tribunali. Tutto questo, pur sapendo che il ricorso può arrivare fino alla Corte Costituzionale che, come prima dicevamo, non può smentire se stessa e che costa alla comunità, ancor prima che al cittadino richiedente del rimborso, solo a una perdita di tempo e di risorse.
In pratica, chi decide ai vari livelli, visto che non deve pagare di persona l’esito del ricorso, se ne lava le mani, danneggiando così non solo l’immagine della sua Equitalia, ma, anche, i cittadini italiani che devono pagare le spese e il tempo perso inutilmente dai tribunali, e, soprattutto, il contribuente che ha avuto il solo torto di pagare i contributi, diversamente da altri che quei soldi non li hanno mai sborsati. Anche per quanto sopra detto verrebbe facile prendersela con il dipendente di Equitalia, ma nel momento in cui gli viene data questa possibilità di scelta, le colpe non sono sue, ma di uno Stato che punisce invece di premiare; pretende solo e non vuole dare quello che gli spetta di dare. In questo caso è uno Stato che non si pone, come gli spetta di fare, al servizio dei suoi cittadini, ma li invita a comportarsi allo stesso modo e, come tale, diventa un esempio negativo al pari di quello che prevede la pena di morte, in pratica la licenza di ammazzare. Uno Stato che alimenta solo la burocrazia fino a renderla non più sopportabile, come quella che sta mangiando questo Paese e che lascia spazio ai furbi, ai disonesti ed anche ai vari Ponzio Pilato, che non fanno altro che approfittare della situazione che viene loro concessa di penalizzare, senza una ragione, anche chi si è comportato come un cittadino per bene. In questo senso vale far ricorso alla saggezza popolare quando dice “male non fare, paura non avere”. Un detto antico che può servire come riflessione a quei dipendenti di Equitalia che oggi si sentono presi di mira ed hanno paura.
Essi devono sapere che rischiano di essere visti come i marchigiani di un tempo, quando si presentavano davanti alla porta dei poveri cristi, procurando terrore ed esasperazione, come esattori al servizio del Papa. Sono divenuti subito famosi e, per secoli, sono stati oggetto di una nomea terrificante “meglio un morto in casa che un marchigiano dietro la porta” per aver servito fedelmente un padrone esoso, eccessivo, e, come tale, ingiusto, cattivo soprattutto con i più deboli. Devono sapere - la storia insegna - che nessuno mai se l’è presa con il Papa.

Associazione Larino viva
 

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