RIFLETTERE, PER AGIRE E NON ASPETTARE
Non c’è da applaudire alla morte di un uomo, anche se il peggior nemico, ma solo alla fine di un incubo che da dieci anni tiene semiparalizzato, per la paura del terrorismo, il Mondo e l’America in primo luogo. Anche noi tutti siamo rimasti impauriti in questi anni per colpa degli attentati e, insieme, delle guerre che sempre alimentano la strategia del terrore.
La violenza, come si sa, chiama violenza e la morte altra morte, come ha dimostrato la sola risposta che si è voluto dare alla violenza cieca del terrorismo, la guerra in Iraq, perché la sola possibile per appropriarsi della risorsa petrolio nelle mani di Saddam.
La guerra e il terrorismo, due facce di una stessa moneta che ripaga solo i fanatici e i potenti, cioè quelli che la vogliono vinta per forza e non conoscono il significato ed il valore del dialogo che appartiene alla pace.
Il dialogo, come sa chi crede in esso, ha come naturale premessa una libera informazione e il rispetto dei valori che portano al confronto e non alla sopraffazione; alla partecipazione e non all’isolamento; alla ricchezza data dalla diversità e non alla miseria della omologazione e, anche, al rispetto per l’altro e non allo sfruttamento ed alla schiavitù, allo sperpero delle risorse e dei valori del territorio, della natura.
Il dialogo, come sa chi crede in esso, ha come naturale premessa una libera informazione e il rispetto dei valori che portano al confronto e non alla sopraffazione; alla partecipazione e non all’isolamento; alla ricchezza data dalla diversità e non alla miseria della omologazione e, anche, al rispetto per l’altro e non allo sfruttamento ed alla schiavitù, allo sperpero delle risorse e dei valori del territorio, della natura.
Continuare a far credere che la profonda crisi finanziaria ed economica si risolva con le guerre ed i conflitti; i tornado e le bombe “intelligenti”; i grandi, inutili, investimenti, come ha dimostrato di essere il nucleare o come sarà il Ponte sullo Stretto; i disastrosi, enormi danni ambientali e sociali, vuol dire solo portare la situazione al punto di rottura definitiva.
Inoltre, continuare a pensare che sia il Pil, prodotto interno lordo, l’unico elemento di valutazione della ricchezza e del benessere di un Paese, vuol dire continuare a far credere che la sua crescita è segno di ricchezza e di benessere, comunque positiva, anche se a farne le spese è la perdita di territorio con tutti i suoi valori storico-culturali, paesaggistico-ambientali e con tutte le sue risorse produttive, a partire dall’agricoltura che mette il cibo a disposizione dell’uomo.
Il Pil, nel tempo, ha dimostrato di essere un elemento di valutazione della miseria che oggi colpisce un numero sempre più grande di cittadini e di famiglie, in particolare i giovani e le donne, e, nel contempo, di un benessere riservato, però, a pochi ricchi che sono sempre più ricchi.
Con questa interpretazione del Pil, oggi più che mai, non si fa altro che allargare la forbice della disuguaglianza e della giustizia e, insieme, quella che limita la libertà e la democrazia, la pace, nel momento in cui questo accresciuto divario amplia i conflitti sociali, gli scontri, le guerre.
Con questa interpretazione del Pil, oggi più che mai, non si fa altro che allargare la forbice della disuguaglianza e della giustizia e, insieme, quella che limita la libertà e la democrazia, la pace, nel momento in cui questo accresciuto divario amplia i conflitti sociali, gli scontri, le guerre.
Se è così, c’è da dire che il tanto decantato neo liberismo, che ha colpito maledettamente una parte della sinistra e che fa credere leader persone capaci solo di asservirsi alla finanza ed ai potenti, indica la stessa strada di chi ha portato la situazione allo stato attuale. Infatti, non si può credere che siano quelli che contrastano la scelta di strategie e di obiettivi fatta da ricchi e dai padroni della finanza, ma solo semplici compagni di percorso che hanno, quando serve, la sola accortezza di camminare dall’altra parte della strada per non confondersi con gli altri che considerano, sulla carta, avversari o nemici.
Un modo per confondere le idee e rafforzare i contrasti e le contraddizioni; dare spazio alla miseria ed all’impoverimento della gente e della natura, alla confusione che stimola il cittadino alla rinuncia, soprattutto quella di andare a votare, anche quando la sola partecipazione al voto può cambiare profondamente il risultato delle scelte che altri hanno fatto contro la sua volontà ed i suoi desideri e le sue speranze.
L’esempio più lampante è il referendum che Berlusconi tenta di superare per non incorrere ad una sconfitta e, di contro, il cauto agire di una parte delle forze di opposizione che, con la presenza di personaggi favorevoli al nucleare ed alla privatizzazione dell’acqua, mostrano tutta l’ambiguità del loro atteggiamento di freddezza e scarso entusiasmo, comunque di mancanza di iniziativa per coinvolgere la gente ed assicurare il quorum dei votanti.
Sta qui la necessità di organizzarsi in proprio per dire SI ai referendum e, come invita Celentano e i tanti personaggi dello spettacolo, comunque andare a votare il 12 e 13 di giugno prossimi.
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