UN GIOCO CHE INCANTA SOLO GLI SPROVVEDUTI E I FANS
Leggendo qua e la' n. 169 -
C’è un gioco, quello delle tre carte, che tutti dicono di conoscere, sempre in voga, che continua a rubare soldi al popolo dei masochisti che hanno gli occhi chiusi da fette di prosciutto magro che stenta a sciogliersi come succede alle fette di lardo con il primo caldo.
Un gioco che ha bisogno di poche cose: un tavolino volante, tre carte, abili mani e volti di gente per niente raccomandabile. Ma la cosa più importante per iniziare e avere la possibilità di successo, lasciando pulite le tasche dei malcapitati, è la presenza di due, meglio tre, compari, cioè di quelli che devono fare da spalla a chi continua a ripetere “questa è la carta che vince, questa è la carta che perde, punta signore, punta…” e a far saltare sul tavolinetto improvvisato le tre carte leggermente curvate, come a dare l’impressione che qualcuna è segnata. Il primo compare punta e poi punta anche il secondo, mentre il terzo sta lì, scettico, a dimostrare che è una fregatura. Uno dei due, quello più determinato, intasca la vincita e si allontana; mentre il perdente non si perde di coraggio e raddoppia la puntata, mentre lo scettico continua a mormorare frasi incomprensibili. Il perdente si conferma perdente e, nel contempo, ancor più ostinato tanto da cacciare fuori il portafoglio pieno di soldi e puntare proprio mentre lo scettico punta gli spiccioli sulla carta che risulta vincente e l’altro continua a perdere ed a lamentarsi parlando della casa, della famiglia, del lavoro e quasi a piangere per la sua debolezza di aver puntato e impreca alla sfortuna. Sull’autostrada, dietro l’autogrill, quasi sempre la sceneggiata del perdente la fa un malcapitato camionista che, quasi sempre, ha le sembianze di una persona stanca proveniente dalla Svizzera o dalla Germania, dall’Austria o dalla Slovenia. Nel frattempo, un altro compare che ha fatto finta di guardare il gioco disgustato va al bagno e facendo finta di pisciare e telefonare aggancia il discorso, in pura inflessione napoletana, con chi sta pisciando a fianco a lui e prova a convincerlo a vedere il luogo dove si svolge una tenzone micidiale che lascia ferite nei malcapitati. Lo fa con grande arte di persuasione e spesso riesce a trasformare il suo interlocutore nel finto camionista, per renderlo in due battute con le tasche vuote di soldi.
Non sappiamo da quando vive questo gioco che animava un tempo le fiere e i mercati, le feste padronali, approfittando della curiosità del contadino che si trovava disorientato in mezzo a tanta gente a spendere la sua innata fiducia. Certo è che dura ancora. Ancora ieri una prova della sua diffusione grazie all’abile giocatore di parole che delle fiere è un animatore e del governo eletto dal popolo il maggior benefattore.
L’annuncio che il governo cancella tutti i dispositivi che sono stati messi in campo il giorno in cui Berlusconi si è insediato, con quelli che gli fanno da spalla, per il rilancio del nucleare, fa pensare al gioco delle tre carte, dopo l’avvio del percorso referendario e la maledizione dei sondaggi che hanno detto e, poi, dopo i disastri della centrale di Fukushima, rafforzato il no al nucleare, confermando quando avevano già espresso in maggioranza (3 su quattro) con il precedente referendum.
Hanno prima provato a non accorpare il referendum con le elezioni amministrative (poi dicono che bisogna abbassare le spese per rilanciare l’economia!) e poi, ancora, a dire, con il grande oncologo Veronesi, che avrebbero bloccato l’iter della legge per una seria riflessione e, quando si sono accorti della decisione degli italiani a voler andare a votare facendo scattare il quorum, hanno pensato bene di annunciare che il referendum sul nucleare viene annullato perché il governo ritira la legge.
Le carte volano da una parte all’altra sotto le abili mani del prestigiatore che, sentendosi scoperto, si apre a più di una volgarità e spera che così possa dare un segnale all’amico Sarkozy, che ultimamente sta facendo solo i suoi interessi e non pensa alle centrali da vendere, che l’Italia aveva già prenotato; cancellare una motivazione forte per vedere come evitare il quorum degli altri due referendum sull’acqua che deve tornare pubblica e, soprattutto, della cancellazione del legittimo impedimento; distrarre il popolo in questa fase di campagna elettorale per vedere come recuperare un minimo di credibilità con un risultato positivo a Milano o a Bologna o a Napoli o in Provincia di Campobasso; aspettare che i compari continuino a trovare malcapitati in giro per farli giocare al gioco che non ha visto mai nessuno vincere se non il giocoliere e i suoi comari che fanno da spalla.
Anche per questo noi e tutti quelli che conosciamo da tempo il gioco andremo a votare il 15 e il 16 maggio e, ancor più, al referendum del 12 e il 13 giugno, anzi faremo quanto è nelle nostre possibilità per convincere quelli che pensano che non sia importante andare dicendo che ne va di mezzo la democrazia e il futuro di questo Paese se rinunciamo a dare quel segnale che serve per cambiare con il nostro voto e la nostra voglia di partecipare.
A Vòreie
C’è un gioco, quello delle tre carte, che tutti dicono di conoscere, sempre in voga, che continua a rubare soldi al popolo dei masochisti che hanno gli occhi chiusi da fette di prosciutto magro che stenta a sciogliersi come succede alle fette di lardo con il primo caldo.
Un gioco che ha bisogno di poche cose: un tavolino volante, tre carte, abili mani e volti di gente per niente raccomandabile. Ma la cosa più importante per iniziare e avere la possibilità di successo, lasciando pulite le tasche dei malcapitati, è la presenza di due, meglio tre, compari, cioè di quelli che devono fare da spalla a chi continua a ripetere “questa è la carta che vince, questa è la carta che perde, punta signore, punta…” e a far saltare sul tavolinetto improvvisato le tre carte leggermente curvate, come a dare l’impressione che qualcuna è segnata. Il primo compare punta e poi punta anche il secondo, mentre il terzo sta lì, scettico, a dimostrare che è una fregatura. Uno dei due, quello più determinato, intasca la vincita e si allontana; mentre il perdente non si perde di coraggio e raddoppia la puntata, mentre lo scettico continua a mormorare frasi incomprensibili. Il perdente si conferma perdente e, nel contempo, ancor più ostinato tanto da cacciare fuori il portafoglio pieno di soldi e puntare proprio mentre lo scettico punta gli spiccioli sulla carta che risulta vincente e l’altro continua a perdere ed a lamentarsi parlando della casa, della famiglia, del lavoro e quasi a piangere per la sua debolezza di aver puntato e impreca alla sfortuna. Sull’autostrada, dietro l’autogrill, quasi sempre la sceneggiata del perdente la fa un malcapitato camionista che, quasi sempre, ha le sembianze di una persona stanca proveniente dalla Svizzera o dalla Germania, dall’Austria o dalla Slovenia. Nel frattempo, un altro compare che ha fatto finta di guardare il gioco disgustato va al bagno e facendo finta di pisciare e telefonare aggancia il discorso, in pura inflessione napoletana, con chi sta pisciando a fianco a lui e prova a convincerlo a vedere il luogo dove si svolge una tenzone micidiale che lascia ferite nei malcapitati. Lo fa con grande arte di persuasione e spesso riesce a trasformare il suo interlocutore nel finto camionista, per renderlo in due battute con le tasche vuote di soldi.
Non sappiamo da quando vive questo gioco che animava un tempo le fiere e i mercati, le feste padronali, approfittando della curiosità del contadino che si trovava disorientato in mezzo a tanta gente a spendere la sua innata fiducia. Certo è che dura ancora. Ancora ieri una prova della sua diffusione grazie all’abile giocatore di parole che delle fiere è un animatore e del governo eletto dal popolo il maggior benefattore.
L’annuncio che il governo cancella tutti i dispositivi che sono stati messi in campo il giorno in cui Berlusconi si è insediato, con quelli che gli fanno da spalla, per il rilancio del nucleare, fa pensare al gioco delle tre carte, dopo l’avvio del percorso referendario e la maledizione dei sondaggi che hanno detto e, poi, dopo i disastri della centrale di Fukushima, rafforzato il no al nucleare, confermando quando avevano già espresso in maggioranza (3 su quattro) con il precedente referendum.
Hanno prima provato a non accorpare il referendum con le elezioni amministrative (poi dicono che bisogna abbassare le spese per rilanciare l’economia!) e poi, ancora, a dire, con il grande oncologo Veronesi, che avrebbero bloccato l’iter della legge per una seria riflessione e, quando si sono accorti della decisione degli italiani a voler andare a votare facendo scattare il quorum, hanno pensato bene di annunciare che il referendum sul nucleare viene annullato perché il governo ritira la legge.
Le carte volano da una parte all’altra sotto le abili mani del prestigiatore che, sentendosi scoperto, si apre a più di una volgarità e spera che così possa dare un segnale all’amico Sarkozy, che ultimamente sta facendo solo i suoi interessi e non pensa alle centrali da vendere, che l’Italia aveva già prenotato; cancellare una motivazione forte per vedere come evitare il quorum degli altri due referendum sull’acqua che deve tornare pubblica e, soprattutto, della cancellazione del legittimo impedimento; distrarre il popolo in questa fase di campagna elettorale per vedere come recuperare un minimo di credibilità con un risultato positivo a Milano o a Bologna o a Napoli o in Provincia di Campobasso; aspettare che i compari continuino a trovare malcapitati in giro per farli giocare al gioco che non ha visto mai nessuno vincere se non il giocoliere e i suoi comari che fanno da spalla.
Anche per questo noi e tutti quelli che conosciamo da tempo il gioco andremo a votare il 15 e il 16 maggio e, ancor più, al referendum del 12 e il 13 giugno, anzi faremo quanto è nelle nostre possibilità per convincere quelli che pensano che non sia importante andare dicendo che ne va di mezzo la democrazia e il futuro di questo Paese se rinunciamo a dare quel segnale che serve per cambiare con il nostro voto e la nostra voglia di partecipare.
A Vòreie
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