IL PARTITO DEL SOGNO
un tempo, quando militavo nel Pci e, poi, nel Pds e nei Ds, mi sentivo parte di un progetto che mi proiettava nel futuro e, così, mi riconoscevo nel partito che questo progetto raccoglieva e raccontava, attraverso me ed i suoi dirigenti e militanti (quelli che sentivano la diversità come parte della propria pelle e di quel patrimonio di valori che il partito aveva saputo tramandare attraverso la sua storia e, le sue origini), indicandoti la direzione e gli obiettivi da cogliere.
L’esperienza vissuta nel Molise come amministratore regionale mi aveva fatto capire che questo feeling si era esaurito. La nascita del Pd, al quale non ho aderito, e, soprattutto, Veltroni, con il suo modo di essere il segretario del nuovo partito, il leader che pensava solo a come liberare il paese dei partiti della sinistra; che rispondeva con il silenzio e la “meditazione” allo strapotere di Berlusconi, mi ha dato la certezza della fine del feeling.
Non più il progetto, il sogno, i valori, il futuro, la lotta, l’orgoglio di una appartenenza, il punto di riferimento, ma il dirigente del momento che ha saputo trovare prima, o più di altri, la scorciatoia per avere in mano il potere e utilizzarlo nel modo più appropriato alle sue aspettative ed a quelle del referente da cui prendere ordini ed a cui rispondere del proprio operato. Anche se ci sono differenze profonde, non importa, ai fini del mio ragionamento, se è l’alta finanza o il partito democratico americano.
Non solo io, ma, con me, i tanti bravissimi compagni, già dirigenti e rappresentanti del Partito ai vari livelli istituzionali, che non hanno aderito al Pd per motivi importanti, abbiamo sperato di poter provare pentimento per questa scelta e di cospargerci la testa di cenere prima di entrare in uno dei circoli del nuovo partito e chiedere di farne parte mettendoci a disposizione del gruppo dirigente.
Veltroni e, purtroppo, i tanti Veltroni ai vari livelli, a me come a tutti gli altri, hanno tolto il gusto del pentimento, lasciando (parlo per me) la bocca amara, nonostante la sensazione di aver fatto la scelta più giusta, che, però, non nascondeva la paura di un rischio crescente per la nostra democrazia nelle mani di una persona malata che governa e di un vuoto di opposizione.
Mentre scrivo sento la notizia dei nuovi problemi dell’Alitalia e del prezzo che, come in precedenza, devono pagare i lavoratori di questa società che vede Colaninno, in padre del giovane parlamentare eletto nel Pd, protagonista di un’operazione squallida pagata duramente dal Paese e dai lavoratori. Una notizia che mi riporta indietro a qualche tempo fa ed alla svendita, sicuramente interessata, di Berlusconi e del suo governo, ma, anche, ai processi di svendita delle imprese più note e prestigiose del Paese e della loro trasformazione in multinazionali che non hanno patria e, come tali, neanche governi ai quali rispondere. Processi che hanno aperto a quella situazione di drammaticità che vivono le famiglie operaie, soprattutto i loro figli.
Manca il Ministro dell’Industria e il governo pensa di mostrare la sua capacità di fare dando spazio al Ministro Maroni ed alla sua Lega, che non si vergogna di dare ragione a Gheddafi, che ha sparato sui nostri marinai di Mazzara del Vallo e di smontare i campi rom e cacciarli dall’Italia per compiacere Bossi e Sarkozy. Non hanno né cuore e né anima e sta qui la ragione della loro incapacità di sentire il dolore e le tragedie nel cuore dei diversi da noi, che hanno, si dà il caso, cuori con lo stesso colore di quello che batte in noi e la stessa funzione.
Sono bestie e, come tali, incapaci di rendersi conto che, invece di curare il male non fanno altro che diffonderlo come epidemia, nel momento in cui vince la demenza del razzismo che, come la storia ha dimostrato, provoca tragedie che non hanno niente di umano e neanche di bestiale.
Il razzismo è la non accettazione del diverso, all’inizio quello che ha un colore o una religione che non piace ma, poi, anche chi ha una malformazione fisica e mentale e, soprattutto, chi pensa in modo diverso. In pratica la diffusione del terrore che porta ad annientare ogni valore di connivenza civile, come la solidarietà ed il rispetto.
Questo governo che ha dimostrato, soprattutto per compiacere la Lega, di alimentare il razzismo continuerà a governare e a rispondere, così, ai loro pupazzari nel momento in cui tornano a parlare i mediocri per l’opposizione, specialmente il suo maggiore partito, che non riesce a trovare un’idea su cui fondare la sua iniziativa e far vivere e vincere il suo progetto.
Credo che oggi, di fronte alla pesantezza della crisi ed ai pericoli offerti dagli uomini pratici, quelli che sanno dichiarare guerra agli altri popoli, ai diversi, e - sembra che nessuno se ne preoccupi - al pianeta che perde biodiversità, cioè la ragione della vita, possa essere il sogno la identità di un partito che non deve riformare niente, ma sradicare il male e dare voglia di futuro alle nuove generazioni, soprattutto a quelle che verranno. Il sogno per liberarli dalle culture che, per ora, hanno solo spinto quelle precedenti nel pantano della volgarità e dei disvalori. Un partito del sogno, sì del sogno, capace di far percepire il significato ed il valore di questo bene prezioso dell’uomo, in modo da dare ad esso la voglia di viverlo mediante la sua realizzazione.
Pasquale Di Lena
L’esperienza vissuta nel Molise come amministratore regionale mi aveva fatto capire che questo feeling si era esaurito. La nascita del Pd, al quale non ho aderito, e, soprattutto, Veltroni, con il suo modo di essere il segretario del nuovo partito, il leader che pensava solo a come liberare il paese dei partiti della sinistra; che rispondeva con il silenzio e la “meditazione” allo strapotere di Berlusconi, mi ha dato la certezza della fine del feeling.
Non più il progetto, il sogno, i valori, il futuro, la lotta, l’orgoglio di una appartenenza, il punto di riferimento, ma il dirigente del momento che ha saputo trovare prima, o più di altri, la scorciatoia per avere in mano il potere e utilizzarlo nel modo più appropriato alle sue aspettative ed a quelle del referente da cui prendere ordini ed a cui rispondere del proprio operato. Anche se ci sono differenze profonde, non importa, ai fini del mio ragionamento, se è l’alta finanza o il partito democratico americano.
Non solo io, ma, con me, i tanti bravissimi compagni, già dirigenti e rappresentanti del Partito ai vari livelli istituzionali, che non hanno aderito al Pd per motivi importanti, abbiamo sperato di poter provare pentimento per questa scelta e di cospargerci la testa di cenere prima di entrare in uno dei circoli del nuovo partito e chiedere di farne parte mettendoci a disposizione del gruppo dirigente.
Veltroni e, purtroppo, i tanti Veltroni ai vari livelli, a me come a tutti gli altri, hanno tolto il gusto del pentimento, lasciando (parlo per me) la bocca amara, nonostante la sensazione di aver fatto la scelta più giusta, che, però, non nascondeva la paura di un rischio crescente per la nostra democrazia nelle mani di una persona malata che governa e di un vuoto di opposizione.
Mentre scrivo sento la notizia dei nuovi problemi dell’Alitalia e del prezzo che, come in precedenza, devono pagare i lavoratori di questa società che vede Colaninno, in padre del giovane parlamentare eletto nel Pd, protagonista di un’operazione squallida pagata duramente dal Paese e dai lavoratori. Una notizia che mi riporta indietro a qualche tempo fa ed alla svendita, sicuramente interessata, di Berlusconi e del suo governo, ma, anche, ai processi di svendita delle imprese più note e prestigiose del Paese e della loro trasformazione in multinazionali che non hanno patria e, come tali, neanche governi ai quali rispondere. Processi che hanno aperto a quella situazione di drammaticità che vivono le famiglie operaie, soprattutto i loro figli.
Manca il Ministro dell’Industria e il governo pensa di mostrare la sua capacità di fare dando spazio al Ministro Maroni ed alla sua Lega, che non si vergogna di dare ragione a Gheddafi, che ha sparato sui nostri marinai di Mazzara del Vallo e di smontare i campi rom e cacciarli dall’Italia per compiacere Bossi e Sarkozy. Non hanno né cuore e né anima e sta qui la ragione della loro incapacità di sentire il dolore e le tragedie nel cuore dei diversi da noi, che hanno, si dà il caso, cuori con lo stesso colore di quello che batte in noi e la stessa funzione.
Sono bestie e, come tali, incapaci di rendersi conto che, invece di curare il male non fanno altro che diffonderlo come epidemia, nel momento in cui vince la demenza del razzismo che, come la storia ha dimostrato, provoca tragedie che non hanno niente di umano e neanche di bestiale.
Il razzismo è la non accettazione del diverso, all’inizio quello che ha un colore o una religione che non piace ma, poi, anche chi ha una malformazione fisica e mentale e, soprattutto, chi pensa in modo diverso. In pratica la diffusione del terrore che porta ad annientare ogni valore di connivenza civile, come la solidarietà ed il rispetto.
Questo governo che ha dimostrato, soprattutto per compiacere la Lega, di alimentare il razzismo continuerà a governare e a rispondere, così, ai loro pupazzari nel momento in cui tornano a parlare i mediocri per l’opposizione, specialmente il suo maggiore partito, che non riesce a trovare un’idea su cui fondare la sua iniziativa e far vivere e vincere il suo progetto.
Credo che oggi, di fronte alla pesantezza della crisi ed ai pericoli offerti dagli uomini pratici, quelli che sanno dichiarare guerra agli altri popoli, ai diversi, e - sembra che nessuno se ne preoccupi - al pianeta che perde biodiversità, cioè la ragione della vita, possa essere il sogno la identità di un partito che non deve riformare niente, ma sradicare il male e dare voglia di futuro alle nuove generazioni, soprattutto a quelle che verranno. Il sogno per liberarli dalle culture che, per ora, hanno solo spinto quelle precedenti nel pantano della volgarità e dei disvalori. Un partito del sogno, sì del sogno, capace di far percepire il significato ed il valore di questo bene prezioso dell’uomo, in modo da dare ad esso la voglia di viverlo mediante la sua realizzazione.
Pasquale Di Lena
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