Ri-sorse
foto di P. gianquitto
27 giugno 2010 98 views View Comments
Post by Francesco Travaglini
Qualche giorno fa ho inviato ai miei amici una mail, per informare dell’iniziativa orto in abbonamento (a proposito aiutateci a far girare la proposta ed il form di adesione please!
Post by Francesco Travaglini
Qualche giorno fa ho inviato ai miei amici una mail, per informare dell’iniziativa orto in abbonamento (a proposito aiutateci a far girare la proposta ed il form di adesione please!
La mail commentava il video sui “giardini” (i campi coltivati dei piccoli agricoltori), che ora sembrano destinati all’estinzione, cosi:
Una volta erano giardini, oggi sono distese incolte e cimiteri di viti estirpate. Quelli che una volta erano contadini dal cervello fino ora sono persone demotivate in attesa di ricevere una buona e convincente offerta per coltivare pannelli fotovoltaici o pale eoliche. È tempo di trebbiatura del grano ed è un’ottima annata: si producono 50 quintali per ettaro, ma non bastano a coprire le spese vive considerato che se si è fortunati si vende a 14 euro al quintale. L’uva, quando si vende, costa 25 euro al quintale, olive idem, per non parlare delle aleatorie coltivazioni e quotazioni di ortaggi vari, che hanno mandato sul lastrico tantissimi imprenditori agricoli. E allora, come dargli torto? 5000-7000 euro all’anno per 25 anni per lasciare che i giardini diventino campi di pannelli fotovoltaici o parchi eolici, ma quando li guadagnerebbero coltivando grano duro? Non siamo contrari alle energie rinnovabili, anzi i pali eolici tutto sommato non ci infastidiscono nemmeno alla vista. Ma non è possibile che si dimentichi la vocazione di queste terre, di questi giardini.
Hanno ripreso e commentato (grazie!) queste righe nei loro blog, Sergio Maistrello, Barbara Summa e Caterina Sottile.
Qualcuno ha commentato privatamente proponendo spunti interessantissimi come Carlo Merolli.
Una volta erano giardini, oggi sono distese incolte e cimiteri di viti estirpate. Quelli che una volta erano contadini dal cervello fino ora sono persone demotivate in attesa di ricevere una buona e convincente offerta per coltivare pannelli fotovoltaici o pale eoliche. È tempo di trebbiatura del grano ed è un’ottima annata: si producono 50 quintali per ettaro, ma non bastano a coprire le spese vive considerato che se si è fortunati si vende a 14 euro al quintale. L’uva, quando si vende, costa 25 euro al quintale, olive idem, per non parlare delle aleatorie coltivazioni e quotazioni di ortaggi vari, che hanno mandato sul lastrico tantissimi imprenditori agricoli. E allora, come dargli torto? 5000-7000 euro all’anno per 25 anni per lasciare che i giardini diventino campi di pannelli fotovoltaici o parchi eolici, ma quando li guadagnerebbero coltivando grano duro? Non siamo contrari alle energie rinnovabili, anzi i pali eolici tutto sommato non ci infastidiscono nemmeno alla vista. Ma non è possibile che si dimentichi la vocazione di queste terre, di questi giardini.
Hanno ripreso e commentato (grazie!) queste righe nei loro blog, Sergio Maistrello, Barbara Summa e Caterina Sottile.
Qualcuno ha commentato privatamente proponendo spunti interessantissimi come Carlo Merolli.
Ieri poi sono stato invitato da Pasquale Di Lena a leggere le mie riflessioni durante un convegno sull’importanza del territorio e delle sue risorse, organizzato a Larino.
Li ho potuto apprezzare i ragionamenti del prof. Pazzagli dell’Università del Molise, docente di Storia alla facoltà di Economia.
Ed allora provo a sintetizzare in poche righe tutti questi stimoli sperando prima di tutto, di mettere ordine nella mia testa e poi magari, chissà, riusciremo a cavarne qualche buona idea.
Pazzagli dice: siamo di fronte ad un modello di sviluppo fallito che non può essere rimesso in piedi, non dobbiamo lavorare per recuperare un ritardo ma lavorare ad un modello alternativo che sia basato sulle ri-sorse
E già… ho imparato che i combustibili fossili non sono affatto le ri-sorse.
Perchè una ri-sorsa non si consuma ma si utilizza.
Allora noi contadini che da sempre utilizziamo il sole, il vento, l’aria, l’acqua, la terra siamo essenziali anzi indispensabili per questo nuovo modello di sviluppo.
Negli ultimi anni poi è successa una cosa fantastica: queste ri-sorse si usano anche per produrre energia elettrica.
Nella mia terra in particolare, il Molise, l’utilizzo di queste risorse a fini energetici offre grandi potenzialità di reddito per la velocità media annua del vento e per la intensa irradiazione solare.
Succede però che noi contadini, da sempre custodi di questi territori, da qualche tempo siamo diventati e considerati gli indigeni (abitanti del posto) con l’anello al naso che sotto i piedi hanno una miniera di diamanti…
Insomma una storia già vista e in questi giorni di mondiali sudafricani, trita e ritrita in televisione.
Carlo Merolli mi scrive:
…Una volta i contadini erano per definizione “poveri”: che bisogni ritornare
alla povertá del contadino per far stare bene “il cittadino” ? Non credo
proprio che nessuno sia disposto. Meglio allora cittadino povero e
sovvenzionato. Oggi sono i pannelli ed i parchi eolici, una volta era la
Fiat, la fabbrica….
Il professor Pazzagli dice che per implementare in modo corretto un buon modello di sviluppo occorre stare attenti a due elementi:
1.dilatare il tempo
2.restringere il territorio
E’ importante capire e definire il concetto di “locale” e di come inserire questa dimensione in un contesto globale.
E’ sorprendente e per certi versi incredibile come il Molise abbia a disposizione tutti gli ingredienti, tutti gli elementi per poter diventare il Sistema Molise:
un microambiente nel quale potenzialemente possono coesistere aspetti sociali, regole pubbliche generate dal basso e la sostenibilità ambientale.
Torniamo al contadino.
50 anni fa la FIAT e l’industrializzazione lo ha portato via e contribuito a far diventare meno fino il suo cervello.. con conseguenze che oggi paghiamo.
Non può succedere oggi la stessa cosa:
le pale eoliche, il fotovoltaico, che stanno invadendo il mondo contadino devono compensare adeguatamente il loro sacrificio e ripagare anni di governo del territorio e di utilizzo razionale delle ri-sorse, integrandosi e trovando un equilibrio accettabile.
Gli amministratori, le associazioni di categoria devono assolutamente guardare lontano nel tempo e utilizzare un concetto di “locale” che sia aperto al mondo.
5000-7000 euro ad ettaro per farci sparire tornando ad atrofizzare le nostre menti, no, non è accettabile, in questo momento è da usurai.
Manca un unico ingrediente che ho paura anzi quasi la certezza che faccia saltare questa grande possibilità per la mia terra:
occorre che anche gli amministratori, la politica, diventi una ri-sorsa. Rinnovabile.
Li ho potuto apprezzare i ragionamenti del prof. Pazzagli dell’Università del Molise, docente di Storia alla facoltà di Economia.
Ed allora provo a sintetizzare in poche righe tutti questi stimoli sperando prima di tutto, di mettere ordine nella mia testa e poi magari, chissà, riusciremo a cavarne qualche buona idea.
Pazzagli dice: siamo di fronte ad un modello di sviluppo fallito che non può essere rimesso in piedi, non dobbiamo lavorare per recuperare un ritardo ma lavorare ad un modello alternativo che sia basato sulle ri-sorse
E già… ho imparato che i combustibili fossili non sono affatto le ri-sorse.
Perchè una ri-sorsa non si consuma ma si utilizza.
Allora noi contadini che da sempre utilizziamo il sole, il vento, l’aria, l’acqua, la terra siamo essenziali anzi indispensabili per questo nuovo modello di sviluppo.
Negli ultimi anni poi è successa una cosa fantastica: queste ri-sorse si usano anche per produrre energia elettrica.
Nella mia terra in particolare, il Molise, l’utilizzo di queste risorse a fini energetici offre grandi potenzialità di reddito per la velocità media annua del vento e per la intensa irradiazione solare.
Succede però che noi contadini, da sempre custodi di questi territori, da qualche tempo siamo diventati e considerati gli indigeni (abitanti del posto) con l’anello al naso che sotto i piedi hanno una miniera di diamanti…
Insomma una storia già vista e in questi giorni di mondiali sudafricani, trita e ritrita in televisione.
Carlo Merolli mi scrive:
…Una volta i contadini erano per definizione “poveri”: che bisogni ritornare
alla povertá del contadino per far stare bene “il cittadino” ? Non credo
proprio che nessuno sia disposto. Meglio allora cittadino povero e
sovvenzionato. Oggi sono i pannelli ed i parchi eolici, una volta era la
Fiat, la fabbrica….
Il professor Pazzagli dice che per implementare in modo corretto un buon modello di sviluppo occorre stare attenti a due elementi:
1.dilatare il tempo
2.restringere il territorio
E’ importante capire e definire il concetto di “locale” e di come inserire questa dimensione in un contesto globale.
E’ sorprendente e per certi versi incredibile come il Molise abbia a disposizione tutti gli ingredienti, tutti gli elementi per poter diventare il Sistema Molise:
un microambiente nel quale potenzialemente possono coesistere aspetti sociali, regole pubbliche generate dal basso e la sostenibilità ambientale.
Torniamo al contadino.
50 anni fa la FIAT e l’industrializzazione lo ha portato via e contribuito a far diventare meno fino il suo cervello.. con conseguenze che oggi paghiamo.
Non può succedere oggi la stessa cosa:
le pale eoliche, il fotovoltaico, che stanno invadendo il mondo contadino devono compensare adeguatamente il loro sacrificio e ripagare anni di governo del territorio e di utilizzo razionale delle ri-sorse, integrandosi e trovando un equilibrio accettabile.
Gli amministratori, le associazioni di categoria devono assolutamente guardare lontano nel tempo e utilizzare un concetto di “locale” che sia aperto al mondo.
5000-7000 euro ad ettaro per farci sparire tornando ad atrofizzare le nostre menti, no, non è accettabile, in questo momento è da usurai.
Manca un unico ingrediente che ho paura anzi quasi la certezza che faccia saltare questa grande possibilità per la mia terra:
occorre che anche gli amministratori, la politica, diventi una ri-sorsa. Rinnovabile.
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