IL SENSO DELLA IMPUNITA’
La rosa dei vènti spiega molto bene le caratteristiche che ogni vento ha, soprattutto la provenienza e la direzione. Anche noi vènti abbiamo il nostro luogo di origine, che rappresenta la nostra identità; un dialetto e una lingua, che ci permettono di comunicare con gli altri vènti; le nostre abitudini e, soprattutto, una direzione da prendere tutte le volte che pensiamo e ci mettiamo in azione.
Sì pensiamo, perché è nella nostra natura capire il momento, informarci e educarci, fare tesoro delle esperienze vissute, dare spazio alla memoria, progettare e programmare le nostre azioni. Per la verità, abbiamo, a sostegno di questa nostra cultura della progettualità e della programmazione, anche i sogni e ciò ci rende invisi ai più, soprattutto a quelli che hanno (il più delle volte si illudono di avere) la cultura del fare, fine a se stessa, cioè una cultura che serve a poco, se non a niente.
Il fare è nei sogni che si realizzano, altrimenti è pura perdita di tempo.
Una natura la nostra, come si può vedere, complessa ma chiara, per niente ambigua, che ci vede via via, a seconda delle necessità e del momento, delle stagioni e delle giornate, soffiare dolcemente, quando abbiamo il compito di impollinare e contribuire alla riproduzione dei vegetali, o di svolgere la nostra azione in un modo particolarmente violento, forte, quando c’è da spazzar via tutto quello che non serve e, soprattutto, togliere lo sporco, lo schifo che ci circonda.
E’ la forza che serve in questo particolare momento della storia del Paese, del Molise e di Larino, anche se non sempre sufficiente a cogliere l’obiettivo della sensazione del pulito.
Lo schifo, con la sua puzza che ti entra dentro, si accumula in un batter d’occhio e per noi vènti diventa quasi impossibile eliminarlo se tutto intorno vive l’indifferenza e non scatta il senso di ribellione, cioè la voglia di partecipare alla salvaguardia e tutela del ben comune, alla riappropriazione degli spazi e al bisogno del profumo della democrazia.
L’indifferenza e la rassegnazione sono gli ostacoli peggiori, quelli che frenano e, da quando c’è Berlusconi, bloccano la nostra azione, fino a renderla inutile. L’altro pesante ostacolo è l’ambiguità di chi si pone all’opposizione, ma poi si dimentica il ruolo che le è stato affidato dall’elettore. Quasi si addormenta con le chiacchiere del grande comunicatore che ha, anche, l’abilità di deviare l’attenzione sui problemi reali agendo come uno specchietto per le allodole.
E così che l’opposizione si ricorda dell’acqua quando l’acqua è già stata privatizzata o del nucleare quando il nucleare è già stato deciso dal buon Scajola. Un comico di professione che, attento ai richiami di quei pochi poveri cristiani interessati alle installazioni di queste meghe centrali, non si è accorto che qualcuno a sua insaputa gli pagava la casa con vista sul Colosseo. Brutta, piccola e vecchia a sentire la Del Santo che ha approfittato subito per farsi un po’ di pubblicità, visto che non aveva fra le mani un body gard da mostrare o una delle sue tante storie piccanti da raccontare.
Luoghi mefitici e mefitici anche i personaggi, piccoli o grandi che essi siano, che passano sul palcoscenico, un tempo applauditi, osannati, riveriti, e, per colpa di un eccesso di overdose, ora accolti, sempre più, con la freddezza del silenzio.
Personaggi che, oltre al senso della impunità, hanno anche la faccia tosta di continuare a parlare e farsi vedere come se le accuse riguardano altri e non la propria persona. In pratica non hanno alcun senso di vergogna né di pentimento per i disastri che hanno e vanno provocando. Anzi continuano nella loro azione convinti di avere protezione, benedizione e consenso.
Le ragioni del potere con la scaletta che va dal basso in alto e viceversa, a seconda se uno vuole salire o sta per scendere.
Fatti, personaggi, luoghi e situazioni che fanno rimpiangere la repubblica delle banane.
Intanto grazie a questi personaggi continua la speculazione edilizia e la perdita di territorio destinato all’agricoltura, cioè alla produzione di cibo; si faranno le centrali nucleari con la gente che verrà tacitata con la compensazione; la crisi costerà molto di più delle annunciate “lacrime e sangue” e saranno sempre gli stessi a pagare; le persone per bene ci rimettono la faccia e la salute solo se sfiorate da accuse, mentre i delinquenti, con i loro cari, continuano a divertirsi ed a ballare. C’è da dire, però, che provano solo un piccolo fastidio ed è quando arrivano le forze dell’ordine e pretendono di fare la perquisizione o qualche magistrato che chiede di voler porre delle domande. A chi e perché?
Né i primi né i secondi hanno capito che questi si sentono padroni, tanto da permettersi di svendere il Paese, il Basso Molise, Larino; sfasciare la sanità; dare spazio agli speculatori; distruggere le istituzioni e vivere nello stato permanente del servilismo che, per sua natura, pretende la complicità.
La cricca, tante cricche piccole e grandi che si abbuffano, come quelli che si avvicinano al tavola di un self service e riempiono il piatto, per paura di non mangiare. Peccato che la gran parte del cibo che prendono venga sistematicamente buttato. Ma il consumismo è soprattutto questo, spreco di risorse e di speranze, proprio perché non rende praticabile il futuro, nel momento in cui tutto viene buttato, in primo luogo la dignità e, poi, il rispetto per la natura, il pianeta, l’altro uomo.
A voreie
Sì pensiamo, perché è nella nostra natura capire il momento, informarci e educarci, fare tesoro delle esperienze vissute, dare spazio alla memoria, progettare e programmare le nostre azioni. Per la verità, abbiamo, a sostegno di questa nostra cultura della progettualità e della programmazione, anche i sogni e ciò ci rende invisi ai più, soprattutto a quelli che hanno (il più delle volte si illudono di avere) la cultura del fare, fine a se stessa, cioè una cultura che serve a poco, se non a niente.
Il fare è nei sogni che si realizzano, altrimenti è pura perdita di tempo.
Una natura la nostra, come si può vedere, complessa ma chiara, per niente ambigua, che ci vede via via, a seconda delle necessità e del momento, delle stagioni e delle giornate, soffiare dolcemente, quando abbiamo il compito di impollinare e contribuire alla riproduzione dei vegetali, o di svolgere la nostra azione in un modo particolarmente violento, forte, quando c’è da spazzar via tutto quello che non serve e, soprattutto, togliere lo sporco, lo schifo che ci circonda.
E’ la forza che serve in questo particolare momento della storia del Paese, del Molise e di Larino, anche se non sempre sufficiente a cogliere l’obiettivo della sensazione del pulito.
Lo schifo, con la sua puzza che ti entra dentro, si accumula in un batter d’occhio e per noi vènti diventa quasi impossibile eliminarlo se tutto intorno vive l’indifferenza e non scatta il senso di ribellione, cioè la voglia di partecipare alla salvaguardia e tutela del ben comune, alla riappropriazione degli spazi e al bisogno del profumo della democrazia.
L’indifferenza e la rassegnazione sono gli ostacoli peggiori, quelli che frenano e, da quando c’è Berlusconi, bloccano la nostra azione, fino a renderla inutile. L’altro pesante ostacolo è l’ambiguità di chi si pone all’opposizione, ma poi si dimentica il ruolo che le è stato affidato dall’elettore. Quasi si addormenta con le chiacchiere del grande comunicatore che ha, anche, l’abilità di deviare l’attenzione sui problemi reali agendo come uno specchietto per le allodole.
E così che l’opposizione si ricorda dell’acqua quando l’acqua è già stata privatizzata o del nucleare quando il nucleare è già stato deciso dal buon Scajola. Un comico di professione che, attento ai richiami di quei pochi poveri cristiani interessati alle installazioni di queste meghe centrali, non si è accorto che qualcuno a sua insaputa gli pagava la casa con vista sul Colosseo. Brutta, piccola e vecchia a sentire la Del Santo che ha approfittato subito per farsi un po’ di pubblicità, visto che non aveva fra le mani un body gard da mostrare o una delle sue tante storie piccanti da raccontare.
Luoghi mefitici e mefitici anche i personaggi, piccoli o grandi che essi siano, che passano sul palcoscenico, un tempo applauditi, osannati, riveriti, e, per colpa di un eccesso di overdose, ora accolti, sempre più, con la freddezza del silenzio.
Personaggi che, oltre al senso della impunità, hanno anche la faccia tosta di continuare a parlare e farsi vedere come se le accuse riguardano altri e non la propria persona. In pratica non hanno alcun senso di vergogna né di pentimento per i disastri che hanno e vanno provocando. Anzi continuano nella loro azione convinti di avere protezione, benedizione e consenso.
Le ragioni del potere con la scaletta che va dal basso in alto e viceversa, a seconda se uno vuole salire o sta per scendere.
Fatti, personaggi, luoghi e situazioni che fanno rimpiangere la repubblica delle banane.
Intanto grazie a questi personaggi continua la speculazione edilizia e la perdita di territorio destinato all’agricoltura, cioè alla produzione di cibo; si faranno le centrali nucleari con la gente che verrà tacitata con la compensazione; la crisi costerà molto di più delle annunciate “lacrime e sangue” e saranno sempre gli stessi a pagare; le persone per bene ci rimettono la faccia e la salute solo se sfiorate da accuse, mentre i delinquenti, con i loro cari, continuano a divertirsi ed a ballare. C’è da dire, però, che provano solo un piccolo fastidio ed è quando arrivano le forze dell’ordine e pretendono di fare la perquisizione o qualche magistrato che chiede di voler porre delle domande. A chi e perché?
Né i primi né i secondi hanno capito che questi si sentono padroni, tanto da permettersi di svendere il Paese, il Basso Molise, Larino; sfasciare la sanità; dare spazio agli speculatori; distruggere le istituzioni e vivere nello stato permanente del servilismo che, per sua natura, pretende la complicità.
La cricca, tante cricche piccole e grandi che si abbuffano, come quelli che si avvicinano al tavola di un self service e riempiono il piatto, per paura di non mangiare. Peccato che la gran parte del cibo che prendono venga sistematicamente buttato. Ma il consumismo è soprattutto questo, spreco di risorse e di speranze, proprio perché non rende praticabile il futuro, nel momento in cui tutto viene buttato, in primo luogo la dignità e, poi, il rispetto per la natura, il pianeta, l’altro uomo.
A voreie
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