Il mondo dell'olio non sa comunicare.
di Maria Carla Squeo
E' necessaria una svolta
A Spoleto, in occasione dell'assemblea annuale dell'Accademia nazionale dell'olivo e dell'olio, Luigi Caricato ha tenuto una lectio magistralis sui mezzi a disposizione e su quali messaggi si possa fare affidamento per una comunicazione volta alla valorizzazione dell'olio extra vergine di oliva. E' emerso un quadro poco lusinghiero del settore
Non c’è aria di pessimismo, d’accordo, ma il quadro della realtà non è comunque tra i migliori. C’è da tirare ancora avanti la carretta e faticare non poco. Il 30 aprile scorso, a Spoleto, nell’accogliente palazzo Ancaiani, prestigiosa sede dell’Accademia nazionale dell’olivo e dell’olio, si è svolta l’assemblea annuale che ha tenuto a battesimo ben nove neo accademici, accolti nella veste di “soci corrispondenti”, ed elevato nel contempo al rango di “soci ordinari” gli accademici Luigi Caricato e Francesco Visioli.
Il momento è stato importante per i presenti, anche perché l’immagine di cui gode l’Accademia è tale che l’emozione correva evidente in tutti coloro che hanno meritato il prestigioso riconoscimento. Sono stati perciò eletti soci corrispondenti, in ordine alfabetico: Riccardo d’Andria, Bernardo De Gennaro, Pasquale Di Lena, Claudio Di Veroli, Tullio Forcella, Claudio Giulivo, Fabio Nobili, Luigi Omodei Zorini e Vito Sciancalepore.
L’occasione dell’assemblea è stato un momento che ha unito i soci anche per le elzioni del nuovo Consiglio, che ha rinconfermato a pieni voti quello uscente, con presidente il professor Gianfranco Montedoro.
Come di consueto, ogni anno, nel corso dell’assemblea vi è un momento per la lectio magistralis, che quest’anno è stata affidata all’accademico Luigi Caricato, direttore di Teatro Naturale, ovviamente sul tema della comunicazione, tema quanto mai attuale, in una società che ha fatto della comunicazione un vero punto di forza. Ebbene, sin dal primo impatto, il quadro che ha tracciato Caricato è apparso piuttosto fosco e preoccupante. Il Direttore ha usato parole forti e provocatorie, sollecitando una svolta e invitando a una pronta reazione un mondo produttivo, quello legato olivicolo e frantoiano, che appare in uno stato a dir poco comatoso.
I mezzi di comunicazione oggi a disposizione sono i più disparati, è vero, ma non sono sufficienti se dietro non vi è un adesione convinta. Occoorono le figure professionali giuste, ma soprattutto occorrono idee e contenuti convincenti. “I nuovi mezzi di comunicazione sono detterminati”, ha dichiarto caricato, ma non se vengono utilizzati nel migliore dei modi, servono a poco. C’è un problema di fondo irrisolto: “c’è come una forma di radicato pregiudizio e di resistenza di tipo culturale. Purtroppo la scarsa sensibilità e la poca attenzione da parte del mondo dell’olio nel suo insieme, a partire dalle stesse aziende, fino ad arrivare ai professionisti del settore, non giovano”.
Secondo Caricato tali realtà non comunicano, oppure comunicano male.
“Qualche segnale di ripresa – ha aggiunto – lo si è registrato nel corso degli ultimi anni, ma sono stati casi episodici e isolati, non sufficienti per dare corso a quella svolta che si rende tanto necessaria”.
Ma cosa implica una buona comunicazione? “Un’azione programmata, unitaria e coesa”, riosponde pronto Luigi Caricato. Il problema è che “ad oggi un progetto di comunicazione non è stato finora elaborato”.
I presenti hanno partecipato a una lectio magistralis che li ha lasciati spiazzati, quanto duri a volte sono stati i toni, con rimproveri chiari e diretti.
Ma in che cosa consiste essere sensibili alla comunicazione? In che cosa gli addetti al comparto olio di oliva si dimostrano poco collaborativi? Semplòice, nel fatto di disinteressarsi quasi completamente, da ndo per scontato che il limitarsi a riferire qualcosa sia sufficiente per trasmettere all’esterno qualcosa di sé e del proprio mondo. Non è così: “è necessario soprattutto saper leggere e interpretare le istanze e le esigenze della società, in modo da
rispondere sollecitamente a tali attese. Nessuno si preoccupa di far questo”.
Già, in fondo è proprio vero: serve a poco investire tanto danaro se poi non si progetta nulla. “Coloro che pensano alla comunicazione come a un fenomeno statico, fondato su schemi fissi e replicabili, sbagliano di grosso”. Caricato insiste: “in molti credono di comunicare perché dicono o scrivono qualcosa, e qualcosa sicuramente comunicano, ma in realtà non traggono affatto, se non limitatamente, i vantaggi cui tanto ambiscono”.
Il ritardo culturale dell’intero mondo agricolo sarebbe abissale. Ma cosa bisogna fare, in questo stato della realtà, per conseguire il non facile obiettivo della valorizzazione dell’olio extra vergine di oliva? In poche battute non si possono dare risposte nette, ciò che occorre fare è uscire da schematismi rigidi, fermamente ancorati al passato. I vecchi cliché comunicativi – gli uliveti, la raccolta delle olive, le vecchie macine, i continui rimandi ad altre epoche – non sono più proponibili, o, per lo meno, non lo sono senza una loro rilettura e riattualizzazione. Ecco, per essere più incisivi – sostiene Caricato – è necessario cambiare il linguaggio, ma anche i contenuti stessi del
messaggio, nonché l’approccio con il prodotto e lo stile della comunicazione.
“Una innovazione degna di attenzione è stata in particolare la campagna promozionale Bertolli, lanciata con successo nel 2000, quando la proprietà del noto marchio ancora apparteneva alla Unilever. Gli spot avevano quale testimonial Luciano De Crescenzo, e puntavano al lancio delle referenze Bertolli Gentile, Bertolli Robusto e Bertolli Fragrante. L’idea, senza alcuna incertezza innovativa, è stata in seguito imitata e riproposta anche da altre aziende, e ha il merito di aver saputo creare una segmentazione del gusto, resa popolare proprio perché ci si era avvalsi sia del potente mezzo televisivo, sia di un personaggio convincente. Non ha avuto analogo successo, invece, a circa dieci anni di distanza, il maldestro tentativo da
parte del Ministero delle Politiche agricole di promuovere gli oli extra vergini di oliva made in Italy in tivvù”.
Caricato invita tutti a ripensare il proprio atteggiamento e di aprirsi a nuove formule espressive: “l’obiettivo futuro è arrivare in tempi brevi a modernizzare l’immagine e la percezione del prodotto olio extra vergine di oliva presso il consumatore, senza con questo rinunciare, s’intende, ai valori della tradizione”.
Le provocazioni di Caricato sono state convincenti, e ora si tratta soltanto di agire. L’Accademia dell’olivo e dell’olio, da parte sua, come peraltro ha ben precisato il professor Montedoro, non si tira certo indietro. Anzi, da’ notizia dell’attivazione di un apposito network di comunicazione, informazione e divulgazione on-line di tutti gli aspetti inerenti la filiera olivo-olio e argomenti correlati.
Tale sistema informativo – ha aggiunto Montedoro – permetterà un più rapido trasferimento delle innovazioni e delle conoscenze da trasferire ai vari soggetti della filiera. Insomma, qualcosa sembra esserci nell’aria. Non si può restare immobili. In una società in cui la comunicazione assume una grande centralità, non si può certo perdere il collegamento con la realtà.
E' necessaria una svolta
A Spoleto, in occasione dell'assemblea annuale dell'Accademia nazionale dell'olivo e dell'olio, Luigi Caricato ha tenuto una lectio magistralis sui mezzi a disposizione e su quali messaggi si possa fare affidamento per una comunicazione volta alla valorizzazione dell'olio extra vergine di oliva. E' emerso un quadro poco lusinghiero del settore
Non c’è aria di pessimismo, d’accordo, ma il quadro della realtà non è comunque tra i migliori. C’è da tirare ancora avanti la carretta e faticare non poco. Il 30 aprile scorso, a Spoleto, nell’accogliente palazzo Ancaiani, prestigiosa sede dell’Accademia nazionale dell’olivo e dell’olio, si è svolta l’assemblea annuale che ha tenuto a battesimo ben nove neo accademici, accolti nella veste di “soci corrispondenti”, ed elevato nel contempo al rango di “soci ordinari” gli accademici Luigi Caricato e Francesco Visioli.
Il momento è stato importante per i presenti, anche perché l’immagine di cui gode l’Accademia è tale che l’emozione correva evidente in tutti coloro che hanno meritato il prestigioso riconoscimento. Sono stati perciò eletti soci corrispondenti, in ordine alfabetico: Riccardo d’Andria, Bernardo De Gennaro, Pasquale Di Lena, Claudio Di Veroli, Tullio Forcella, Claudio Giulivo, Fabio Nobili, Luigi Omodei Zorini e Vito Sciancalepore.
L’occasione dell’assemblea è stato un momento che ha unito i soci anche per le elzioni del nuovo Consiglio, che ha rinconfermato a pieni voti quello uscente, con presidente il professor Gianfranco Montedoro.
Come di consueto, ogni anno, nel corso dell’assemblea vi è un momento per la lectio magistralis, che quest’anno è stata affidata all’accademico Luigi Caricato, direttore di Teatro Naturale, ovviamente sul tema della comunicazione, tema quanto mai attuale, in una società che ha fatto della comunicazione un vero punto di forza. Ebbene, sin dal primo impatto, il quadro che ha tracciato Caricato è apparso piuttosto fosco e preoccupante. Il Direttore ha usato parole forti e provocatorie, sollecitando una svolta e invitando a una pronta reazione un mondo produttivo, quello legato olivicolo e frantoiano, che appare in uno stato a dir poco comatoso.
I mezzi di comunicazione oggi a disposizione sono i più disparati, è vero, ma non sono sufficienti se dietro non vi è un adesione convinta. Occoorono le figure professionali giuste, ma soprattutto occorrono idee e contenuti convincenti. “I nuovi mezzi di comunicazione sono detterminati”, ha dichiarto caricato, ma non se vengono utilizzati nel migliore dei modi, servono a poco. C’è un problema di fondo irrisolto: “c’è come una forma di radicato pregiudizio e di resistenza di tipo culturale. Purtroppo la scarsa sensibilità e la poca attenzione da parte del mondo dell’olio nel suo insieme, a partire dalle stesse aziende, fino ad arrivare ai professionisti del settore, non giovano”.
Secondo Caricato tali realtà non comunicano, oppure comunicano male.
“Qualche segnale di ripresa – ha aggiunto – lo si è registrato nel corso degli ultimi anni, ma sono stati casi episodici e isolati, non sufficienti per dare corso a quella svolta che si rende tanto necessaria”.
Ma cosa implica una buona comunicazione? “Un’azione programmata, unitaria e coesa”, riosponde pronto Luigi Caricato. Il problema è che “ad oggi un progetto di comunicazione non è stato finora elaborato”.
I presenti hanno partecipato a una lectio magistralis che li ha lasciati spiazzati, quanto duri a volte sono stati i toni, con rimproveri chiari e diretti.
Ma in che cosa consiste essere sensibili alla comunicazione? In che cosa gli addetti al comparto olio di oliva si dimostrano poco collaborativi? Semplòice, nel fatto di disinteressarsi quasi completamente, da ndo per scontato che il limitarsi a riferire qualcosa sia sufficiente per trasmettere all’esterno qualcosa di sé e del proprio mondo. Non è così: “è necessario soprattutto saper leggere e interpretare le istanze e le esigenze della società, in modo da
rispondere sollecitamente a tali attese. Nessuno si preoccupa di far questo”.
Già, in fondo è proprio vero: serve a poco investire tanto danaro se poi non si progetta nulla. “Coloro che pensano alla comunicazione come a un fenomeno statico, fondato su schemi fissi e replicabili, sbagliano di grosso”. Caricato insiste: “in molti credono di comunicare perché dicono o scrivono qualcosa, e qualcosa sicuramente comunicano, ma in realtà non traggono affatto, se non limitatamente, i vantaggi cui tanto ambiscono”.
Il ritardo culturale dell’intero mondo agricolo sarebbe abissale. Ma cosa bisogna fare, in questo stato della realtà, per conseguire il non facile obiettivo della valorizzazione dell’olio extra vergine di oliva? In poche battute non si possono dare risposte nette, ciò che occorre fare è uscire da schematismi rigidi, fermamente ancorati al passato. I vecchi cliché comunicativi – gli uliveti, la raccolta delle olive, le vecchie macine, i continui rimandi ad altre epoche – non sono più proponibili, o, per lo meno, non lo sono senza una loro rilettura e riattualizzazione. Ecco, per essere più incisivi – sostiene Caricato – è necessario cambiare il linguaggio, ma anche i contenuti stessi del
messaggio, nonché l’approccio con il prodotto e lo stile della comunicazione.
“Una innovazione degna di attenzione è stata in particolare la campagna promozionale Bertolli, lanciata con successo nel 2000, quando la proprietà del noto marchio ancora apparteneva alla Unilever. Gli spot avevano quale testimonial Luciano De Crescenzo, e puntavano al lancio delle referenze Bertolli Gentile, Bertolli Robusto e Bertolli Fragrante. L’idea, senza alcuna incertezza innovativa, è stata in seguito imitata e riproposta anche da altre aziende, e ha il merito di aver saputo creare una segmentazione del gusto, resa popolare proprio perché ci si era avvalsi sia del potente mezzo televisivo, sia di un personaggio convincente. Non ha avuto analogo successo, invece, a circa dieci anni di distanza, il maldestro tentativo da
parte del Ministero delle Politiche agricole di promuovere gli oli extra vergini di oliva made in Italy in tivvù”.
Caricato invita tutti a ripensare il proprio atteggiamento e di aprirsi a nuove formule espressive: “l’obiettivo futuro è arrivare in tempi brevi a modernizzare l’immagine e la percezione del prodotto olio extra vergine di oliva presso il consumatore, senza con questo rinunciare, s’intende, ai valori della tradizione”.
Le provocazioni di Caricato sono state convincenti, e ora si tratta soltanto di agire. L’Accademia dell’olivo e dell’olio, da parte sua, come peraltro ha ben precisato il professor Montedoro, non si tira certo indietro. Anzi, da’ notizia dell’attivazione di un apposito network di comunicazione, informazione e divulgazione on-line di tutti gli aspetti inerenti la filiera olivo-olio e argomenti correlati.
Tale sistema informativo – ha aggiunto Montedoro – permetterà un più rapido trasferimento delle innovazioni e delle conoscenze da trasferire ai vari soggetti della filiera. Insomma, qualcosa sembra esserci nell’aria. Non si può restare immobili. In una società in cui la comunicazione assume una grande centralità, non si può certo perdere il collegamento con la realtà.
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