HABEMUS “NUONNEME”
Con questa frase, metà in latino e metà in dialetto non larinese, diamo la notizia della nomina del nuovo segretario del circolo del Pd per far tirare un sospiro di sollievo a tutta Larino. La fumata bianca, infatti, è di ieri sera e arriva dopo un conclave di vecchi e nuovi cardinali (quest’ultimi sono quelli che sanno intrufolarsi in ogni dove dotati come sono di viscidità) durata oltre due anni.
La notizia, purtroppo, non è tanto di chi ha vinto ma di chi ha perso, ritenendosi vincitore fino all’ultimo, se non ci fossero stati 15 defezioni, sicuramente non spontanee, ma decise da chi rappresentava il gruppo sulla base di accordi fissati intorno al tavolo regionale dai pochi che rappresentano il Pd molisano.
Un cardinale vecchio stile, il perdente, che ha trovato, dopo qualche breve fuga nel passato, chi l’ha sponsorizzato per fargli vivere qualche illusione e la speranza che potesse dare un contributo alla rinascita di Larino e del suo ospedale, ma, sembra, che, salvo qualche marciapiede e qualche panchina e salvo continuare a cavalcare la tigre insieme con qualche vecchio compagno di avventura, non sia riuscito, nonostante l’impegno, a pensare più di tanto.
Che ora, dopo questa sconfitta sonora ed inaspettata, uno possa credere che tiri i remi in barca e torni nell’anonimato, non c’è da sperare. Non per vendicarsi di chi all’ultimo momento l’ha tradito, ma per mettersi d’accordo e continuare a sperare in quel futuro politico che gli è venuto ora a mancare.
Aveva sperato in Ruta e Co., e, anche, nell’eterno bastiano contrario, Petraroia, che, strano, ma questa volta ha vinto solo perché gli hanno affiancato Totaro, più per marcarlo che per aiutarlo, conoscendo la facilità di cambiare percorsi e direzioni del vecchio sindacalista.
Sì perché a livello di direzione regionale, dove tutto è già stato deciso, hanno pensato che bisognava fargli assaporare la vittoria per dargli la sicurezza che merita chi deve affrontare le nuove battaglie per la sopravvivenza che, sia chiaro, per il nostro ragionamento, è solo politica.
Ogni battaglia quando è vera, come si sa, una volta conclusa, lascia macerie ed ora spetta a chi ha vinto rimuoverle, per portarle in discarica ed avere così campo libero per conquistare il domani che non è lontano. Pensiamo alle elezioni regionali, con il Pd di Larino che deve mettere qualcuno in lista per non disturbare Petraroia o Totaro e Co.. Una competizione, tutto sommato, facile per i partiti che pensano di fare il solletico a Michele Iorio, avendo in cambio qualche posizione da occupare per credere, come gli attuali consiglieri regionali, che stanno all’opposizione.
Abbiamo detto opposizione, una parola che richiama uomini che se ne stanno con le mani in mano e con il cervello bloccato, per la paura di farsi del male da soli.
Un esempio: sono due anni che si sa del pericolo che vive la sanità molisana e l’ospedale di Larino, in particolare, e l’opposizione, soprattutto quella rappresentativa del territorio basso molisano, che fa? Salvo qualche passerella nel passato, dopo un lungo silenzio, di colpo, l’altro giorno, si è svegliata e, visto che tutto era stato già deciso, ha detto “no, fermi tutti. Alt, bisogna parlare”. I Michele, Iorio e Picciano, che si nutrono ogni giorno di pane e volpi, l’hanno accontentata. In pratica hanno detto, una volta che si sono accertati che i buoi sono scappati, “chi ha chiuso la stalla”? Il bello è che fanno finta di essere anche preoccupati, perfino arrabbiati come il grande Pardo Antonio D’Alete.
Ma, oramai, i cittadini di Larino sono esperti di queste sceneggiate, a tal punto che quando vengono chiamati per l’ospedale restano a casa per far capire a chi li chiama che, se non c’è un sussulto, loro si dichiarano rassegnati. Ed è questo il danno peggiore che oggi paga Larino con Quici e Giardino, quelli che passano il tempo a consumare la Bifernina per convincere Iorio a venire a Larino. Bastava rimanere in paziente attesa al bivio, sotto il ponte dello sceriffo, per bloccarlo in uno dei suoi numerosi viaggi a Termoli per Di Brino. Fermarlo e aiutarlo a deviare per la salita che porta a Monte Arcano fino al cinema dove c’era una folla in attesa esultante solo per acclamarlo.
A voreie
La notizia, purtroppo, non è tanto di chi ha vinto ma di chi ha perso, ritenendosi vincitore fino all’ultimo, se non ci fossero stati 15 defezioni, sicuramente non spontanee, ma decise da chi rappresentava il gruppo sulla base di accordi fissati intorno al tavolo regionale dai pochi che rappresentano il Pd molisano.
Un cardinale vecchio stile, il perdente, che ha trovato, dopo qualche breve fuga nel passato, chi l’ha sponsorizzato per fargli vivere qualche illusione e la speranza che potesse dare un contributo alla rinascita di Larino e del suo ospedale, ma, sembra, che, salvo qualche marciapiede e qualche panchina e salvo continuare a cavalcare la tigre insieme con qualche vecchio compagno di avventura, non sia riuscito, nonostante l’impegno, a pensare più di tanto.
Che ora, dopo questa sconfitta sonora ed inaspettata, uno possa credere che tiri i remi in barca e torni nell’anonimato, non c’è da sperare. Non per vendicarsi di chi all’ultimo momento l’ha tradito, ma per mettersi d’accordo e continuare a sperare in quel futuro politico che gli è venuto ora a mancare.
Aveva sperato in Ruta e Co., e, anche, nell’eterno bastiano contrario, Petraroia, che, strano, ma questa volta ha vinto solo perché gli hanno affiancato Totaro, più per marcarlo che per aiutarlo, conoscendo la facilità di cambiare percorsi e direzioni del vecchio sindacalista.
Sì perché a livello di direzione regionale, dove tutto è già stato deciso, hanno pensato che bisognava fargli assaporare la vittoria per dargli la sicurezza che merita chi deve affrontare le nuove battaglie per la sopravvivenza che, sia chiaro, per il nostro ragionamento, è solo politica.
Ogni battaglia quando è vera, come si sa, una volta conclusa, lascia macerie ed ora spetta a chi ha vinto rimuoverle, per portarle in discarica ed avere così campo libero per conquistare il domani che non è lontano. Pensiamo alle elezioni regionali, con il Pd di Larino che deve mettere qualcuno in lista per non disturbare Petraroia o Totaro e Co.. Una competizione, tutto sommato, facile per i partiti che pensano di fare il solletico a Michele Iorio, avendo in cambio qualche posizione da occupare per credere, come gli attuali consiglieri regionali, che stanno all’opposizione.
Abbiamo detto opposizione, una parola che richiama uomini che se ne stanno con le mani in mano e con il cervello bloccato, per la paura di farsi del male da soli.
Un esempio: sono due anni che si sa del pericolo che vive la sanità molisana e l’ospedale di Larino, in particolare, e l’opposizione, soprattutto quella rappresentativa del territorio basso molisano, che fa? Salvo qualche passerella nel passato, dopo un lungo silenzio, di colpo, l’altro giorno, si è svegliata e, visto che tutto era stato già deciso, ha detto “no, fermi tutti. Alt, bisogna parlare”. I Michele, Iorio e Picciano, che si nutrono ogni giorno di pane e volpi, l’hanno accontentata. In pratica hanno detto, una volta che si sono accertati che i buoi sono scappati, “chi ha chiuso la stalla”? Il bello è che fanno finta di essere anche preoccupati, perfino arrabbiati come il grande Pardo Antonio D’Alete.
Ma, oramai, i cittadini di Larino sono esperti di queste sceneggiate, a tal punto che quando vengono chiamati per l’ospedale restano a casa per far capire a chi li chiama che, se non c’è un sussulto, loro si dichiarano rassegnati. Ed è questo il danno peggiore che oggi paga Larino con Quici e Giardino, quelli che passano il tempo a consumare la Bifernina per convincere Iorio a venire a Larino. Bastava rimanere in paziente attesa al bivio, sotto il ponte dello sceriffo, per bloccarlo in uno dei suoi numerosi viaggi a Termoli per Di Brino. Fermarlo e aiutarlo a deviare per la salita che porta a Monte Arcano fino al cinema dove c’era una folla in attesa esultante solo per acclamarlo.
A voreie
Commenti
Posta un commento