Il Molise c'è. E produce un ottimo olio. E non solo
Un molisano doc come Pasquale Di Lena, difende a spada tratta la sua terra, troppo spesso abbinata all'Abruzzo, ignorando invece che dal 1963 il Parlamento italiano ha attribuito il riconoscimento e la dignità di Regione
di Pasquale Di Lena
Solo l’altro giorno sono riuscito ad avere tra le mani la pubblicazione della Bayer L’Ulivo e l’olio, uscita nel mese di maggio di quest’anno e, subito dopo presentata, con una forte eco della stampa, in Puglia. Una collana “Coltura e Cultura”, curata da Renzo Angelini e realizzata, come si legge nella prefazione, per “far conoscere i valori della produzione agroalimentare italiana, della sua storia e degli aspetti legati con il territorio”. Una finalità nobile, encomiabile, che aiuterà sicuramente a far crescere l’immagine di qualità dei nostri territori vocati e il valore delle eccellenze agroalimentari. Un’opera notevole per spessore, temi trattati, foto, davvero interessante e per di più bella. L’abbiamo sfogliata con grande curiosità e interesse e ci siamo complimentati con la impostazione e la suddivisione dei temi trattati, l’ampiezza delle riflessioni, fino a quando non ci siamo soffermati a leggere, con più attenzione, l’aspetto paesaggio, con particolare riferimento al capitolo “Olivo in Abruzzo e Molise”, firmato da quattro autori e che ha visto anche il contributo di un collaboratore esterno. Uno dei miei maestri più amati, il prof. Luciano Mencaraglia, presidente dell’Enoteca italiana nella prima metà degli anni ’80, mi ripeteva spesso che l’uomo affoga sempre in un bicchier d’acqua e a questa saggia riflessione ho pensato, quando ho visto il Molise abbinato all’Abruzzo, come se fossimo ancora prima del 1963, l’anno in cui il Parlamento italiano dà ad esso, con il riconoscimento, la dignità di Regione, per la precisione la ventesima dello Stato italiano in ordine di riconoscimento.Ma non basta. Nelle 10 pagine al Molise viene riservata una colonna, con una sintesi del quadro olivicolo e due righe per ricordare la fama dell’olivo liciniano, così come riportata da Plinio nella sua Naturalis Historia, e chiudere subito il discorso con la frase “che prosperava lungo la fascia appenninica fino a Venafro, di tale pianta si perde successivamente ogni traccia”. Tutto qui il Molise olivicolo, una Regione che ha molto di più da raccontare di altre che occupano capitoli all’interno delle 175 pagine dedicate al paesaggio, sotto ogni aspetto: storia, cultura, paesaggio, ambiente e tradizioni legate all’olivo ed all’olio. Anche in fatto di estensione della coltura e di quantitativi prodotti; biodiversità, con 11 varietà autoctone accertate; qualità dei suoi oli, con una dop “Molise” fra le prime riconosciute e, perfino, in quanto a presenza di olivi ultrasecolari, che si possono trovare un po’ ovunque in questa Regione, che ha il primato della ruralità e della biodiversità vegetale ed animale.Infatti anche nel Molise si trovano olivi di 700/800 anni, vegeti a Portocannone, grazie all’azione emerita, di anni fa, del Prof. Giuseppe Battista che li ha posti sotto una rigida protezione. Ma, ce ne sono altri ancora, non sono questi i soli patriarchi, come correttamente li chiamano in Puglia.Il curatore dell’opera e gli autori del capitolo dedicato all’Abruzzo e Molise non possono ignorare, visto che si parla di ulivo e olio, una realtà che in questo campo dà un suo importante contributo alla ricostruzione della storia dell’olivo in Italia, se si pensa alla fama dell’olio di Venafro, che dura, per la verità, per tutto il periodo aureo di Roma come il migliore e il preferito, soprattutto da Apicio; a quella degli oli della Frentania, soprattutto con la Varietà “Gentile di Larino”, che gli esperti conoscono e apprezzano per le peculiarità organolettiche, note soprattutto agli imbottigliatori liguri che l’hanno sempre preferita. Non possono, volendo tornare ai giorni nostri, non aver sentito parlare dell’Associazione Nazionale delle Città dell’Olio, che ha visto i suoi natali nel Molise e che trova nei comuni molisani la compagine più numerosa da sempre. Che dire poi del ruolo che questa Regione gioca nel campo delle tecnologie con la sua Università e con le sue iniziative, ultima quella del campionato italiano di potatura dell’olivo che si è svolto lo scorso anno a Larino, e il fatto, per niente secondario, che il Molise vanta due campioni italiani e una serie di medaglie, da quando si svolge questo campionato. Non potevo far finta di niente, neanche nascondere questo mio disappunto, soprattutto dopo aver dato alla iniziativa della Bayer ed all’opera un giudizio positivo, pensando al contributo che questa iniziativa culturale può dare alla comunicazione di un prodotto come l’olio che, nonostante il suo riconosciuto valore alimentare e salutistico, stenta a occupare lo spazio adeguato sul mercato e ad avere tutto il riconoscimento che merita da parte del consumatore.Ma non è solo la pubblicazione, sopra ricordata, a dimenticare che il Molise è una Regione, nel momento in cui la riporta abbinata ancora all’Abruzzo, ma anche altre. Nel campo del vino addirittura scompare, visto che spesso, anche da parte di istituzioni ufficiali, viene completamente cancellata. Provate qualche volta a leggere le previsioni della vendemmia che in molti si affrettano a dare e vedrete che non sempre troverete il Molise.Sarà il destino! Se questa nota serve a cambiarlo c’è da rimanere soddisfatti, altrimenti bisogna rassegnarsi e dire che neanche il terremoto del 2002 è riuscito a far capire che il Molise è una Regione.
di Pasquale Di Lena 26 Settembre 2009 TN 33 Anno
Solo l’altro giorno sono riuscito ad avere tra le mani la pubblicazione della Bayer L’Ulivo e l’olio, uscita nel mese di maggio di quest’anno e, subito dopo presentata, con una forte eco della stampa, in Puglia. Una collana “Coltura e Cultura”, curata da Renzo Angelini e realizzata, come si legge nella prefazione, per “far conoscere i valori della produzione agroalimentare italiana, della sua storia e degli aspetti legati con il territorio”. Una finalità nobile, encomiabile, che aiuterà sicuramente a far crescere l’immagine di qualità dei nostri territori vocati e il valore delle eccellenze agroalimentari. Un’opera notevole per spessore, temi trattati, foto, davvero interessante e per di più bella. L’abbiamo sfogliata con grande curiosità e interesse e ci siamo complimentati con la impostazione e la suddivisione dei temi trattati, l’ampiezza delle riflessioni, fino a quando non ci siamo soffermati a leggere, con più attenzione, l’aspetto paesaggio, con particolare riferimento al capitolo “Olivo in Abruzzo e Molise”, firmato da quattro autori e che ha visto anche il contributo di un collaboratore esterno. Uno dei miei maestri più amati, il prof. Luciano Mencaraglia, presidente dell’Enoteca italiana nella prima metà degli anni ’80, mi ripeteva spesso che l’uomo affoga sempre in un bicchier d’acqua e a questa saggia riflessione ho pensato, quando ho visto il Molise abbinato all’Abruzzo, come se fossimo ancora prima del 1963, l’anno in cui il Parlamento italiano dà ad esso, con il riconoscimento, la dignità di Regione, per la precisione la ventesima dello Stato italiano in ordine di riconoscimento.Ma non basta. Nelle 10 pagine al Molise viene riservata una colonna, con una sintesi del quadro olivicolo e due righe per ricordare la fama dell’olivo liciniano, così come riportata da Plinio nella sua Naturalis Historia, e chiudere subito il discorso con la frase “che prosperava lungo la fascia appenninica fino a Venafro, di tale pianta si perde successivamente ogni traccia”. Tutto qui il Molise olivicolo, una Regione che ha molto di più da raccontare di altre che occupano capitoli all’interno delle 175 pagine dedicate al paesaggio, sotto ogni aspetto: storia, cultura, paesaggio, ambiente e tradizioni legate all’olivo ed all’olio. Anche in fatto di estensione della coltura e di quantitativi prodotti; biodiversità, con 11 varietà autoctone accertate; qualità dei suoi oli, con una dop “Molise” fra le prime riconosciute e, perfino, in quanto a presenza di olivi ultrasecolari, che si possono trovare un po’ ovunque in questa Regione, che ha il primato della ruralità e della biodiversità vegetale ed animale.Infatti anche nel Molise si trovano olivi di 700/800 anni, vegeti a Portocannone, grazie all’azione emerita, di anni fa, del Prof. Giuseppe Battista che li ha posti sotto una rigida protezione. Ma, ce ne sono altri ancora, non sono questi i soli patriarchi, come correttamente li chiamano in Puglia.Il curatore dell’opera e gli autori del capitolo dedicato all’Abruzzo e Molise non possono ignorare, visto che si parla di ulivo e olio, una realtà che in questo campo dà un suo importante contributo alla ricostruzione della storia dell’olivo in Italia, se si pensa alla fama dell’olio di Venafro, che dura, per la verità, per tutto il periodo aureo di Roma come il migliore e il preferito, soprattutto da Apicio; a quella degli oli della Frentania, soprattutto con la Varietà “Gentile di Larino”, che gli esperti conoscono e apprezzano per le peculiarità organolettiche, note soprattutto agli imbottigliatori liguri che l’hanno sempre preferita. Non possono, volendo tornare ai giorni nostri, non aver sentito parlare dell’Associazione Nazionale delle Città dell’Olio, che ha visto i suoi natali nel Molise e che trova nei comuni molisani la compagine più numerosa da sempre. Che dire poi del ruolo che questa Regione gioca nel campo delle tecnologie con la sua Università e con le sue iniziative, ultima quella del campionato italiano di potatura dell’olivo che si è svolto lo scorso anno a Larino, e il fatto, per niente secondario, che il Molise vanta due campioni italiani e una serie di medaglie, da quando si svolge questo campionato. Non potevo far finta di niente, neanche nascondere questo mio disappunto, soprattutto dopo aver dato alla iniziativa della Bayer ed all’opera un giudizio positivo, pensando al contributo che questa iniziativa culturale può dare alla comunicazione di un prodotto come l’olio che, nonostante il suo riconosciuto valore alimentare e salutistico, stenta a occupare lo spazio adeguato sul mercato e ad avere tutto il riconoscimento che merita da parte del consumatore.Ma non è solo la pubblicazione, sopra ricordata, a dimenticare che il Molise è una Regione, nel momento in cui la riporta abbinata ancora all’Abruzzo, ma anche altre. Nel campo del vino addirittura scompare, visto che spesso, anche da parte di istituzioni ufficiali, viene completamente cancellata. Provate qualche volta a leggere le previsioni della vendemmia che in molti si affrettano a dare e vedrete che non sempre troverete il Molise.Sarà il destino! Se questa nota serve a cambiarlo c’è da rimanere soddisfatti, altrimenti bisogna rassegnarsi e dire che neanche il terremoto del 2002 è riuscito a far capire che il Molise è una Regione.
di Pasquale Di Lena 26 Settembre 2009 TN 33 Anno
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