Una crisi etica ed antropologica
di
Umberto Berardo
La
globalizzazione, cioè la nuova forma di organizzazione dello sviluppo economico
e delle relazioni socio-politiche, ha sicuramente recato benefici e danni, ma è
un fenomeno inevitabile giacché gli Stati non possono essere sistemi con forme
istituzionali e giuridiche chiuse; evitabile invece o almeno superabile è la
crisi economica, sociale e politica che non solo attanaglia ed affama i Paesi
sottosviluppati, ma ormai interessa anche l'intero Occidente.
Il
crollo nasce e vive in un libero mercato non regolamentato che il neoliberismo
immagina come il totem dell'economia e che al contrario sta provocando i grandi
disastri delle recessioni con il debito pubblico sempre più insostenibile in
molti Stati occidentali e le migrazioni di massa dai Paesi poveri.
Avendo
i poteri forti la pretesa di mettere al centro dell'esistenza il denaro ed il
profitto che, come canta Franco Battiato, rappresentano un'allucinazione
generale, a noi appare evidente che
attraverso forme di manipolazione dell'informazione sempre più allargate quegli
stessi poteri continuino a far passare l'idea di una crisi di natura unicamente
economica.
In
realtà non stiamo vivendo solo il peggioramento delle condizioni finanziarie e dei
mercati, ma abbiamo nella società risvolti di natura socio-politica che stanno
degradando i rapporti umani e che sono il risultato di un decadimento più
profondo di tipo etico che pretende di eliminare i principi ed i valori
portanti dei diritti umani affermati con solennità nel 1948 per immaginare
purtroppo una società ingiusta di pochi ricchi e di miliardi di poveri.
Nei
momenti più alti della civiltà vi è stata la capacità di porre a fondamento
della convivenza principi e regole condivise in grado di portare gli esseri
umani ad uscire dall'egoismo per aprirsi il più possibile alla condivisione dei
beni.
In
altre epoche, come ad esempio la nostra, l'egocentrismo e l'autoreferenzialità
dominano la scena e dissolvono nel nulla valori portanti della società spesso conquistati
con rivendicazioni lunghe e difficili.
Oggi
non solo viviamo di piaceri spesso superflui e addirittura inutili legati
all'hic et nunc proposti da un consumismo becero ed inumano, ma non siamo
neppure capaci delle più normali ricognizioni mentali in grado di farci
distinguere il bene dal male perché quest'ultimo spesso ci viene presentato
come accettabile, ammissibile o addirittura desiderabile.
Il
neocolonialismo, la soggezione dell'altro, la rinuncia alla privacy con la
vendita dei propri dati ai giganti del Web in cambio dell'offerta di qualche straccio
di servizio, le stragi assurde del terrorismo internazionale, le guerre di
diversa natura ora altrimenti ed aulicamente definite, la violenza individuale,
etnica o transnazionale, i disastri ambientali, la criminalità, la corruzione,
il traffico di droga, la pedofilia sono tutti aspetti di una disumanità che
molti detentori dei sistemi di comunicazione stanno cercando di far passare
come aspetti plausibili dell'esistenza.
Di
fronte ai disastri ed ai morti che la cronaca ci pone avanti non riusciamo se
non ad esprimere la solidarietà passeggera di un momento senza essere capaci di
assumere provvedimenti in grado di evitare danni e perfino lutti.
Se
questo avviene è perché con molta probabilità stiamo facendo tabula rasa della
visione antropologica trasmessaci dalla saggezza e dal sapere di una cultura
dallo spessore scientifico e fondata su una decisa coscienza autocritica.
La
rinuncia agli esempi moralmente positivi per rincorrere il grigiore acritico
dell'imitazione dei modi di agire dettati dalla rete e dagli altri strumenti di
comunicazione ci sta portando a banalizzare se non a deviare dal bene i comportamenti
impregnando la nostra vita di mediocrità e spesso di malvagità.
C'è
chi oggi pretende addirittura di affossare in enigmatiche piattaforme
telematiche i progressi nella partecipazione democratica realizzati in secoli
di lotte.
Altri
navigano verso populismi incomprensibili o si dirigono, come avviene sempre più
spesso, verso il mito dell'uomo forte o di quelle che a noi appaiono esperienze
illiberali e parafasciste.
Riflettere
sull'origine del decadimento che stiamo vivendo è quanto mai opportuno ma non
riducibile a questa o quella causa come pensano di fare quanti si riferiscono
alla rivoluzione sociale del '68, al relativismo culturale o al tramonto di
istituzioni che come filtri erano in grado di proporre valori a sostegno della
convivenza.
In
realtà in una società sempre più liquida, come la definisce Zygmunt Bauman, noi
viviamo concentrati egoisticamente sul proprio io ed abbiamo dimenticato la
relazione umana con gli altri e perfino con i posteri.
Questa
mancanza di capacità di condivisione e di prospettiva verso il futuro è la vera
origine di quello che potremmo definire un individualismo di massa che sta
accentuando sempre più il rifugio negli interessi privati.
In
sostanza, come ha scritto con forza papa Francesco nella "Caritas in
veritate", è crollata non solo la giustizia, ma anche la solidarietà
intergenerazionale.
La
famiglia, le organizzazioni politiche e sindacali, la Chiesa e le agenzie
educative non sembrano più in grado di educare i giovani verso stili di vita
nei quali possa prevalere l'affermazione di valori di autenticità legati alla
solidarietà ed all'altruismo.
Poiché
allora senza responsabilità etica e politica nessun sistema sociale può
garantire la qualità della vita e la giustizia sociale, di fronte a tale
situazione c'è un rimedio capace di farci uscire dal tunnel?
A
nostro modesto avviso la prima necessità è quella di uscire dalla crisi
culturale che ci fa immaginare il sapere non più come frutto della ricerca
scientifica e del confronto critico tra le idee ma come l'acquisizione acritica
di tesi provenienti da sistemi di comunicazione senza alcun fondamento valutativo
e rigore metodologico.
L'altra
esigenza è quella che ciascuno nel proprio ambito sociale riesca ad esprimere
con la vita una sana testimonianza di onestà, di verità, di libertà e di
fraternità che sono i baluardi del pensiero cristiano, buddista e di altri
credo religiosi ma anche di fondamentali movimenti di pensiero come
l'Illuminismo ed il Marxismo.
In
un processo di ricostruzione etica, culturale e sociale dell'esistenza le
istituzioni chiamate a dare il proprio contributo in merito sono diverse, ma
pensiamo che la famiglia possa avere in tale direzione il ruolo fondamentale;
questo tuttavia è parte della ricostruzione di una saggezza e di una
responsabilità sociale talmente importanti da richiedere un'analisi apposita che ci ripromettiamo di approfondire
prossimamente e che ci auguriamo possa aprire un confronto di riflessione
allargato.
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