La sostenibilità, una grande avventura tutta da vivere
Leggendo l’articolo “Granarolo racconta la sua filiera ma si
dimentica dei mangimi” riportato dalla Newsletter
QualeFormaggio, di questa settimana, ho sentito di nuovo il forte brivido
provato quando il Sen. Ruta, passando per la mia città, Larino, ha annunciato
la grande stalla di 12.000 manze sui terreni del Seminario (il primo costituito
dopo la chiusura del Concilio di Trento, 4 dicembre 1563) della Diocesi di
Termoli-Larino.
Una stalla grande 100 ettari! Una bomba ecologica per il
territorio molisano più vocato all'agricoltura, più vicino al fiume principale,
il Biferno, e non lontano dal mare di Termoli – Campomarino e delle isole
Tremiti. Ruta ha sparato la notizia (il primo e il solo che, poco tempo
dopo, ha preso le distanze) come un
grande successo per il Molise e tutti, classe politica e dirigente, governo
regionale, hanno fatto proprio questo suo entusiasmo del momento.
Poche ore dopo, venuto a conoscenza della notizia e grazie
al brivido provato, ho scritto e diffuso
un articolo con il titolo "No
Stalla di Ruta". Un articolo che,
ho ragione di pensarlo, ha dato il via a un movimento spontaneo, nato subito dopo,
che ha lavorato sodo e in silenzio, portando il territorio a vincere una
battaglia non facile. Alla Granarolo, , con un confronto a distanza, il movimento
spontaneo ha detto, superando i muri spessi innalzati dal governo regionale e
dal Pd e da alcuni sindacati e organizzazioni, che non era il caso, e, che, se
voleva, poteva distribuire il numero esagerato di manze - da trasformare in
loco in vacche da latte, ma da non riportare al nord - sull'intero territorio
molisano, in piccole stalle, quale grande opportunità per rilanciare la
zootecnia e i pascoli, con i risultati al servizio della grande tradizione
lattiero casearia propria di una regione segnata dai più importanti tratturi
della storia.
La Granarolo, a mio parere, saggiamente, ha preso la decisione, nonostante
l’approvazione da parte del Cipe e del Governo Letta del progetto e del relativo
finanziamento, di rinunciare all'idea Molise dando, così, al territorio
la possibilità di tirare un profondo sospiro di sollievo e ringraziare.
A mio parere, oggi ancor più di cinque anni fa, resta valido
quell’invito alla Granarolo a venire nel Molise per vivere e realizzare,
insieme con tutti i protagonisti del bio distretto Laghi frentani, la
sostenibilità di un territorio fortemente vocato alla qualità dei prodotti e,
cosa altrettanto importante, con forti caratteri di diversità.
C’è, piccole e grandi aziende, istituzioni e enti, da vivere
insieme – come ha sostenuto qualche giorno fa, nell’incontro di Larino con
Lucio Cavazzoni, il Biodistretto con il
suo presidente, Pino Puchetti, e il pubblico, con i suoi puntuali interventi -
una grande avventura, non facile, qual è quella della sostenibilità, la sola,
però, che apre al domani di un
territorio segnato da risorse e valori, non ultimi i suoi paesaggi e le sue
tradizioni.
Granarolo racconta la sua filiera ma si dimentica dei mangimi |
Granarolo inizia il 2019 con un nuovo spot che rilancia la presenza della cooperativa bolognese sul mercato del latte fresco. Il nuovo media, intitolato “La parola agli allevatori”, sarà diffuso attraverso i principali canali televisivi e sul web sino ai primi di marzo, mostrando il meglio della filiera produttiva, attraverso le affermazioni raccolte da alcuni dei settecento soci conferitori, accuratamente selezionati in dodici regioni italiane.
Il lavoro, firmato da Matteo Sironi per la casa di produzione The Big Mama (agenzia creativa Nadler Larimer & Martinelli) viene veicolato nei due formati da 15 e 30 secondi, e ha come protagonisti cinque allevatori che quotidianamente producono latte per la Granarolo. Cinque allevatori “intervistati” al lavoro, nelle loro stalle e all’aperto (con varie scene di vacche al pascolo) in Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Campania e Puglia che supportano Granarolo in un racconto che si sviluppa dal nord al sud del Paese, alla scoperta della filiera produttiva.
Nel presentare l’iniziativa, Granarolo ha sottolineato le peculiarità del prodotto che la campagna intende evocare al grande pubblico, vale a dire:
Lo spot si inserisce nel contesto più ampio della nuova campagna di comunicazione Granarolo a sostegno del latte fresco - icona del Gruppo - con una nuova veste grafica che coinvolge tutti i formati delle referenze di latte fresco, con un nuovo posizionamento di prezzo consigliato (1,39 € per un litro) per Latte Fresco “Alta Qualità” e Latte Fresco Piacere Leggero”.
“Il nuovo spot Granarolo”, sottolinea l’azienda, “è al centro di una video strategy multicanale” che verrà sostenuta in numerosi punti vendita, da gennaio a marzo, con 750 giornate instore sul tema "La Grande Filiera Italiana del Latte". Nelle gallerie commerciali che ospiteranno questi eventi saranno allestire delle isole personalizzate dall’azienda, in cui i consumatori potranno gustare il latte fresco e visionare il racconto della filiera produttiva grazie alla presenza di una Lola interattiva, vacca a grandezza naturale, che l’azienda descrive attraverso i caratteri salienti: “morbida da accarezzare, che muggisce e simula la mungitura”.
Contemporaneamente viene varato il nuovo sito dedicato “Granarolo Fresco” che, oltre a riproporre il nuovo spot, offre le informazioni aziendali inerenti “una produzione” che Granarolo definisce “responsabile, sostenibile e garantita”. Tra gli altri contenuti del sito, interviste ai soci-allevatori, curiosità e alcuni educational, ma anche la mappa degli allevamenti che conferiscono al Gruppo e una sezione dedicata alle fattorie didattiche.
Nuovo racconto, vecchi limiti
Con questa nuova campagna pubblicitaria Granarolo ci racconta quindi come’è organizzata la sua struttura produttiva, facendoci entrare nelle stalle di allevatori disponibili, affabili e ritenuti idonei a far ben figurare l’azienda (tutti sembrano avere un poco di prato per filmare all’esterno). Un racconto che ci fa percepire nettamente quali limiti esistano nel consumatore medio, che raramente si pone le domande più importanti sugli alimenti di origine animale: “che vita fanno queste mucche? cosa mangiano? sono libere di pascolare davvero, nella vita reale? e poi, quanto vivono?” Tutti quesiti, si badi bene, che lo spot - ovviamente - elude. Se li ponga ogni consumatore attento, e si dia le dovute risposte.
Ciò che più salta all’occhio, in questa narrazione, è la carenza di informazioni sull’alimentazione animale. Ancora una volta - in uno spot sul latte - il grande assente è il mangime: il mangime insilato, o silomais - drammaticamente diverso dall’erba e dal fieno per un animale ruminate - e l’unifeed, tanto pratico per l’allevatore ma molto molto problematico, come vi raccontammo mesi fa in questo articolo. Ancora una volta però non mancano i pascoli nelle inquadrature dello spot. Pascoli che inducono il consumatore medio a credere che ciò che accade (talvolta) in 5 allevamenti su 700 sia forse una pratica quotidiana di tutti gli allevatori.
14 gennaio 2019
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