LA TERRA SVENDUTA URLA L'URGENTE NECESSITA' DI UNA SVOLTA
di Giorgio Scarlato
Q
Termoli,
01 agosto 2018
Q
uesta
lunga e grave crisi, pare senza fine, che sta attraversando il settore agricolo
ha determinato per tanti coltivatori monoreddituali quell'assenza di reazione e
allo stesso tempo di rassegnazione che, unita sicuramente alla mancanza di
reddito ha influito negativamente sulla stessa vita civile.
Lo
si nota, e questo da tempo, ancor di più, percorrendo le varie strade
provinciali e regionali del Basso Molise. Si scorgono centinaia e centinaia di
ettari di terra non più interessati da colture irrigue; quest'ultime che di
anno in anno diminuiscono ad essere prodotte e, sfortunatamente, si iniziano ad
intravedere campi lasciati addirittura in abbandono.
Questa
terra che qualcuno continua ancora a coltivare per affezione e per necessità,
"questa terra" che da sola riusciva a far vivere in tranquillità le famiglie
contadine, a mandare all'universita' i figli del "cafone", ora non riesce manco
a far portare al proprietario una fetta di pane alla propria famiglia. Sa
dell'inverosimile ma è proprio così.
Non
entrando minimamente negli irraggiungibili PSR, l' agricoltura basso molisana
sta perdendo sempre più colpi dovuti ai costi sproporzionati di produzione in
rapporto ai ricavi prodotti, spesso inesistenti per non dire quasi sempre in
perdita, dovuti alla concorrenza sleale dei prodotti agricoli importati ( che
ogni anno aumentano sempre di più ) ed ai prezzi delle derrate prodotte fermi a
30 anni fa, a causa quindi delle gravi distorsioni di mercato che nelle aziende
agricole hanno prodotto solo deflazione. Il grano duro ed il pomodoro da
industria ne sono l' esempio.
Il
solo pensare che un tempo si riusciva a vivere, a fare investimenti aziendali
mentre oggi si rasenta la fame, fa davvero rabbia.
Ormai
si sta rafforzando l'idea, e molti "soloni teorici" del settore la stanno
divulgando che: <<Di solo agricoltura non si vive più e dovete farvene
una ragione. L' agricoltura che verrà dovrà essere concepita come secondo
lavoro.>>
Si
chiede: ma il primo quale dovrebbe essere?
In
quelle terre che prima c'erano vigneti, oliveti, frutteti, ortaggi, barbabietole
da zucchero, mais, gli stessi pomodori da industria, ora, sempre più, si
coltivano colture povere quali il grano duro, le foraggere o, peggio, restano
incolte.
Come
esempio prendiamo la coltivazione del pomodoro da industria. I suoi costi di
produzione sono diventati insostenibili (dai 7.000 ai 7.500 euri ad ettaro
quando va bene).Di contro, il prezzo di vendita è fermo a quello di oltre 30
anni addietro. Facile comprendere la sproporzionalita' e quindi la convenienza
(?) a produrre.
Non
è minimamente concepibile che il pomodoro italiano costi il 20% in più
rispetto a quello prodotto in Spagna o addirittura competere con il triplo
concentrato prodotto in Cina o da altri Paesi "convenienti".
Con
queste prospettive si è fuori mercato e rimane una cosa sola che molti hanno
già fatto: non produrlo più. Precedente molto amaro già conosciuto in regione
per la barbabietola da zucchero.
Di
questo passo sarà la fine del pomodoro molisano e italiano ed il nostro Paese
sarà "conquistato" da prodotto estero a basso prezzo ( e forse di bassa qualità
)?
Il
Centro Studi di una nota Organizzazione agricola nazionale, visto l'accordo 2018
sul pomodoro (circa 8 cent/kg al Nord e 8.7 cent/kg al Sud) lo critica in quanto
stima i costi di produzione sui 12 cent/kg. Se
il pomodoro viene venduto a 8 - 6 - 4 cent/kg, dov'è la convenienza a
produrlo?
E,
peggio, allargando al fattore acqua irrigua dei consorzi di bonifica con i
relativi costi sperequati tra costi fissi e variabili, tra i vari lotti anomali
del comprensorio, le molte perdite lungo le condotte o addirittura dalle stesse
vasche di raccolta ed unito al costo di energia elettrica, diventa addirittura
proibitivo il suo uso.
Quindi,
quali i benefici reali al consorziato obbligato? Nessuno. Anche su questa
annosa vicenda la Regione, come ha fatto per decenni, non può restare
impassibile.
Ritornando
alla questione dei prezzi infimi delle derrate, ha preso piede il concetto di
filiera ( "strozzatrice" ?) del cosiddetto " contract farming " ( contratti
agricoli ) che dietro la difesa della biodiversita' e qualità dei prodotti
impone agli agricoltori dei modelli di produzione insostenibili con un potere
contrattuale messo sempre più in discussione a favore di una valorizzazione
dell' industria agroalimentare in cerca di materia prima indifferenziata ed a
basso costo.
Alcuni
mesi addietro incontrai un agricoltore pugliese che mi disse:《 Ascoltami, sono
una persona che amo profondamente il lavoro che ho sempre fatto. Non sono un
fallito; e se sto per gettare la spugna è solo perché non sono più disposto ad
" essere munto", a vendere a prezzi da fame le mie derrate ai " (im) prenditori
" di turno. Preferisco chiudere che continuare in questa agonia.》
E
qui, con una digressione, bisogna allargare il tema.
Questa
economia neoliberista, come si può ben vedere nella concretezza, ha totalmente
fallito. Ha prodotto un capitalismo sempre in guerra, una globalizzazione senza
regole alcune e portando solo violenze, ha acuito uno scontro mortale tra i vari
popoli del Globo. Non può continuare così. Il concetto di neoliberismo
racchiuso nel guadagno a tutti i costi, nel rendere schiavi i lavoratori rubando
la libertà e del rendere un mito il progresso infinito è giunto alla resa dei
conti. È miseramente fallito portandosi dietro fallimenti e suicidi.
Visti
i risultati negativi che ha prodotto, bisogna rivedere il tutto. È giunto il
momento per un radicale cambiamento. Sbagliare è umano, ma perseverare è
diabolico. E la politica deve interessarsi, augurandosi, visti i tanti
precedenti negativi, che, chi di dovere, non consumi solo ossigeno.
Il
mondo agricolo non può morire, non può più aspettare.
Giorgio Scarlato
Giorgio Scarlato
Torna Giorgio Scarlato, il coltivatore di Palata, con questo suo urlo di dolore per lo stato in cui è stata ridotta la nostra agricoltura, quella molisana in particolare. Torna per dire che "il mondo agricolo non può morire, non può più aspettare". La politica e il mondo della cultura continuano a non capire il valore strategico di questo settore della nostra economia, oggi più che mai primario, se messo nelle condizioni di tornare ad essere perno di uno sviluppo che ha davvero a cuore il domani e non il fine di saziare gli insaziabili protagonisti di un neoliberismo, capaci solo di allargare la forbice delle disuguaglianze, promuovere conflitti, distruggere le risorse della Terra, pur di accumulare denaro. Il maledetto "profitto per il profitto" che è il loro unico scopo. A tutti i livelli, nel Molise e nelle Regioni del nostro Meridione, si parla di tutto fuorché dell'Agricoltura, Di tutto, cioè di tutto quello che ha portato alla crisi dell'Agricoltura del 2004 e alla crisi pesante del 2007/8 che, aldilà dei proclami, rimane e si aggrava per colpa di un sistema che continua a percorrere la stessa strada che ha portato alla crisi e posto la Terra di non essere, dal 1° di Agosto, in grado di riprodurre risorse sufficienti a completare il 2018. Il grido di Giorgio merita, ancora una volta, di essere ascoltato
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