LAGO DEL LISCIONE, SEMPRE MENO ACQUA


lago ieri
 
In premessa dico che è  un’appropriazione indebita il nome “Lago di Guardialfiera” dato al “Lago del Liscione” per due ragioni fondamentalmente:
1. La diga che ha dato origine all’invaso è sorta sulle spoglie del mitico “Ponte del Liscione” sul Biferno con la strada provinciale che da Larino portava a Palata ed a Guardialfiera (è là dà *hiume);
2. L’acqua che completa il Lago all’altezza del territorio di Guardialfiera e Casacalenda, cioè a nord del corso del Biferno, è quella che rischia di non esserci più nel momento in cui continua ad affiorare il terreno a causa della siccità. Come nel momento attuale.
Ed è di questo che più di ogni altra cosa mi preme parlare, visto che personalmente ogni giorno vedo l’invaso che si restringe per l’acqua che non arriva causa il lungo periodo di siccità, come pure per gli intensi prelievi e per vari usi, soprattutto quello di raffreddare i motori della turbogas che solo politici servi e corrotti potevano approvare.
Il terreno, per lungo tempo sommerso dal lago, affiora e avanza ogni giorno sempre di più. Un processo che può portare a toccare presto Monte Peloso, se non arrivano subito precipitazioni abbondanti.
Un processo che, sia le istituzioni predisposte che tutti noi cittadini, faremmo bene a non sottovalutare se è  vero, come dicono gli esperti, che la tropicalizzazione avanzerà non arretrerà; che l’acqua sarà un bene sempre più prezioso e, come tale, un dono che ci è stato dato e spetta a noi molisani utilizzare e non sprecare, spendere e non svendere o regalare alla prima multinazionale che si trova a passare da queste parti.
Bisogna dire grazie a chi ha saputo mobilitare le coscienze e portare 27 milioni di italiani a votare per l’acqua bene comune il giorno del referendum, al Movimento per l’acqua che vigila sul rispetto di questo voto se i padroni e quanti sono al loro servizio non ce l’hanno fatta ad appropriarsene di nuovo.
 Ritornando al discorso iniziale del “Lago del Liscione” e non di “Guardialfiera” c’è da dire che personalmente so come la parte più interessata dal ritiro delle acque era, prima dell’invaso, un patrimonio dei bravissimi orticoltori che poi, la quasi totalità, sono dovuti emigrare perché gli espropri sono stati liquidati con una miseria.
Davvero bravi  a far fruttare  ortaggi e alberi da frutto (chi può dimenticare le percoche!) di bontà unica per profumi e sapori.
Me li ricordo i “(g)uardiaruole” quando arrivavano in piazza, a Larino o nelle varie fiere, con i muli carichi di sporte piene di delizie da tutti ricercate.

20 giorni fa

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