PEPPINO, UN PERSONAGGIO DI QUESTA NOSTRA LARINO DIFFICILE DA DIMENTICARE


Il mio rientro di ieri, 1° giorno del 2011, da un viaggio di qualche giorno, che mi ha portato lontano da Larino, mi ha messo di fronte a un quadro di manifesti mortuari di cui riuscivo a leggere solo il nome Peppino, senza rendermi conto chi fosse. Qualche metro dopo l’incontro con Primiano che mi ha dato la notizia e mi ha spiegato come Peppino aveva deciso di salutare tutti con un colpo di scena. Un personaggio per noi ragazzi, che, nel corso del tempo, per me è diventato caro amico.
A distanza di alcune ore dalla notizia è aumentata la mia pena, il dolore per la perdita di un amico, la solidarietà per una moglie, le figlie, i generi, i nipoti, una famiglia che lui adorava e che ho visto sempre unita intorno a lui.. Non è passato molto tempo dall’ultima volta che ci siamo salutati con l’affetto di sempre e con la sua pronta offerta a prendere un caffé o qualcos’altro insieme.
Ricordo che lo faceva anche quando era dietro uno dei banconi dei suoi due bar che ha gestito, insieme alla moglie Emma, con grande professionalità: quello minuto di via Cluenzio, già bar Serafino, rilevato dal figlio di questo gentilissimo signore, Enrico, noto anche come il postino; quello, dopo anni, aperto sul Pian S. Leonardo tra il vecchio ospedale e il tribunale. Aveva sensibilità e intuito per gli affari e sapeva inventarsi, e, poi, costruirsi con i fatti, la fama. Come quella che gli ha dato il gelato, famoso insieme alla granita, il mitico gelato di Carfagnini, che io cerco ancora per non aver mai dimenticato la delicatezza e la bontà, in particolare della crema.
Se non ricordo male erano quattro le tipologie (oltre a quella sopra menzionata c’erano anche al cioccolato ed al limone e,, non vorrei sbagliarmi, la stracciatella), fatti tutti artigianalmente con una macchina che girava in continuazione e una cucchiaia in legno, grande, che riempiva le quattro stufe così impresse nella mente di noi ragazzi che venivamo dalla voglia, solo in parte appagata, dal triciclo di Teodoro. Un signore che girava il Paese o si metteva in fondo a via Cluenzio, richiamando l’attenzione con un notevole accento campano, “Teodoro ti rinfresca e ti consola”, che d’estate, quando il caldo del pomeriggio diventava insopportabile, attirava attenzione e, anche, voglia, che non tutti potevano appagare. Questo fino all’apertura del bar, da parte del figlio Andrea, in un locale del Palazzo Bucci, a fianco al vecchio abbeveratoio.
Per la sua personalità e per questa sua capacità, certo sostenuta dalla moglie Emma, Peppino non ci mise molto a farsi conoscere, e, per i bambini, come per noi ragazzi prima e giovanotti poi, a diventare un mito. Aveva sempre qualcosa da inventarsi, come il catering per i matrimoni, che, prima di questa sua idea, veniva preparato in casa dai parenti della sposa, con giorni e giorni di lavoro, che impegnavano duramente le donne.
Agli inizi degli anni ’90 portai a Larino un giornalista, nonché scrittore, americano, il mio amico Fred Plotikin, che stava girando l’Italia per scrivere un nuovo libro pensato non solo per un gastronauta, come direbbe il grande Davide Paolini de Il Sole24Ore, cioè per viaggiatore assaggiatore delle bontà di una cucina o di una vigna, frequentatore di una trattoria o di un ristorante; di un albergo o di un agriturismo, ma , anche, per chi sapeva godere delle bellezze e delle bontà del nostro artigianato, come un bar, una gelateria, una pasticceria o un panificio; e, ancora, di una fiera o di un mercato, di un negozio di libri e di altro ancora. Un libro che, raccogliendo il successo ottenuto in America dal suo primo libro, ormai tutto esaurito, The Authentic Pasta Book – PastaDiva, avrebbe riportato le cose migliori assaggiate nei 520 comuni e città da lui visitate.
Il gelato di Carfagnini, Fred l’ha riportato nel libro come tra i tre migliori da lui assaggiati in Italia.
Un riconoscimento che ha fatto impazzire di gioia Peppino e che, spesso, tornava nei nostri discorsi quando ci incontravamo.
Una specie di incoronazione per questa sua arte, quella di gelataio prima ancora che barista, che ha onorato la sua passione per una professione che lo teneva in costante rapporto con la gente, alla quale non mancava mai di donare il suo sorriso e la sua gentilezza.
E’ questo suo sorriso che mi torna in mente costantemente da quando ho appreso la notizia del suo funerale e del suo addio, non senza un colpo di scena che ha il significato della ciliegina sulla torta che, per un personaggio come lui, non poteva e non doveva mai mancare.

Commenti

  1. Carissimo Pasquale,
    hai il merito – comprenderai in quale misura non irrilevante – di aver donato a me, a mamma, a Lina e a Maria Rosaria, non semplicemente il primo tassello di serenità dopo la morte di papà, ma un senso di gioia.
    Il Tuo scritto ha, con un potente contraccolpo, spostato l’immenso dolore dai nostri cuori per piazzarci il senso di fierezza e di orgoglio di avere avuto papà.
    E che il prisma della Tua arguta intelligenza sia uno strumento oltremodo idoneo a leggere e a capire le persone e gli eventi è comprovato dal fatto che la metafora della “ciliegina sulla torta che non deve mancare” è la più appropriata per interpretare e comprendere il senso del suo gesto.
    Lo conoscevi, evidentemente, più di quanto io avessi potuto immaginare!

    Ti considerava una persona di cui Larino doveva andar fiera e Tu hai ritenuto di regalargli lo stesso tributo.

    Lo abbiamo amato immensamente e, ora che il suo corpo non è più fra i nostri, onoreremo la sua anima: uno dei modi per farlo sarà quello di darTi il nostro affetto e la nostra amicizia.


    Laura

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