MOLISE CINEMA A CASACALENDA: UNA VENTATA DI ARIA FRESCA

Non voglio, con questa nota, far credere che mi sono trasformato in critico cinematografico, nel momento in cui chi ha avuto modo di leggere altri miei articoli pubblicati sulle pagine di questo giornale, al quale sono legato da stima e gratitudine per la bontà che ha sempre avuto di presentarmi per quello che sono, appassionato cultore di enogastronomia innamorato della sua terra il Molise.
Non capita a tutti nella vita di stare seduto in un cinema nella poltrona a fianco di un maestro come il regista Citto Maselli, che seguo da sempre, e di un’attrice bella e molto brava come Valentina Carnelutti
Questa singolare e, per me, straordinaria opportunità, mi è stata offerta da Molise Cinema, che ha presentato nel piccolo, ma delizioso cinema di Casacalenda, recuperato e ristrutturato grazie a questo evento, dallo spessore culturale e promozionale enorme, ed al dinamismo del suo mentore e instancabile promotore, Federico Pommier Vincelli.
Un cinema che non si apre solo in questi primi giorni di Agosto (5-8), ma che produce cultura tutto l’anno, con la programmazione di presentazioni, non solo di pellicole attentamente selezionate, ma, anche, di altre arti e espressioni culturali, come le musiche che riportano il folclore.
Una voglia di rilanciare il cinema, riportandolo tra la gente, per coinvolgerla e farle vivere emozioni che le televisioni hanno smesso da tempo di donare. Una voglia che Federico ha saputo appagare nel suo paese dell’infanzia, dove tornava da Roma durante l’estate e nelle vacanze di Natale.
Un legame che meglio di ogni altro spiega le origini:di un luogo non importa esserci nato, ma i profumi e i sapori che esso riesce a trasmetterti con i suoi venti e i respiri della gente.
Ma torniamo a Citto Maselli ed al suo bellissimo film “Ombre rosse”, quelle disegnate da un artista del computer, ospite di un centro sociale che, sulla facciata di un vecchio cinema da tempo abbandonato, riportava il nome con la scritta in rosso “cambiare il mondo”, che è stato e rimane lo stimolo, la forza di chi riesce a leggere bene la realtà ed ha anche la grande capacità di guardare lontano.
“Ombre rosse” che camminano, una volta verso destra ed un’altra volta verso sinistra, come a significare lo sbandamento del momento che viviamo.
È questo momento che “Ombre rosse” racconta con una metafora che trasmette il disagio di chi vive, come un tempo o, ancora di più oggi, la voglia di “cambiare il mondo”, ma non trova più le sponde che gli permettono di incanalare questa sua voglia in un progetto che rende possibili certi obiettivi.
Sponde inesistenti o, nel migliore dei casi, fragili, che non rendono possibile neanche il tentativo di appoggiare il dolore civile che uno ha dentro e il senso di impotenza, che Maselli prova ad esprimere e che è anche mio.
Una delicata, ma non per questo meno feroce critica della situazione della sinistra, in mano a intellettuali che pensano solo a fare soldi ed a far valere le loro referenze verso le multinazionali che, mediante il buon cuore delle loro fondazioni, si vogliono comprare le motivazioni che hanno dato vita al centro sociale, le passioni dei protagonisti che sanno che, per “cambiare il mondo”, bisogna partire dalla gente, dai bisogni di un pasto per mangiare e di un letto per dormire, per togliere di mezzo le discriminazioni e le ingiustizie, i razzismi, gli abusi di autorità, espressi da una società che non ha più il senso della solidarietà e dei valori.
Nel disagio di Maselli ho ritrovato il mio disagio, quello di non avere più punti di riferimento e di sentirne ancora di più il bisogno, penso ai partiti, al partito che non ho più, ma anche alla classe degli intellettuali che non ha niente da dire e quando parla senti che, salvo qualche eccezione, è pienamente omologata al sistema. Partiti vuoti di idee e di sogni, incapaci di sentire il bisogno di “cambiare il mondo”, di toccare con le proprie mani i pesanti problemi dei cittadini, delle famiglie, per paura di sporcarsele. Con i dirigenti capaci di calcolare ogni mossa pur di conquistare il proprio spazio di potere. Non c’è bisogno di pensare ai big nazionali, basta vedere come si comportano i big locali per capire che l’inquinamento è generalizzato e che c’è bisogno di nuove aggregazioni fondate sulle questioni e sulle necessità che danno, a chi ne diventa protagonista, la sensazione che “cambiare il mondo” è una necessità, oggi più che mai.
C’è anche una storia d’amore, molto tenera, di Caterina -Valentina per l’uomo, il suo uomo, che ha dato vita e anima al centro sociale. Quando muore questo protagonista c’è la disgregazione e, così, muore anche il centro sociale “cambiare il mondo”, ma non la speranza che è soprattutto di Caterina, che prende le misure di un cascinale abbandonato per ristrutturarlo e dar vita a una nuova casa.
Un film bello, intenso, che non ti permette di distrarti, che ai burocrati dei partiti di sinistra, quelli che stanno lì a rappresentarti in qualche istituzione ( il film ne presenta due, un vicesindaco e un assessore, tratteggiati in modo sublime) o in attesa di essere eletti, può risultare noioso, incapaci come sono di fare autocritica. Una tentazione che li porterebbe a uscire dal gruppo, costituito da autoreferenziali che gestiscono il potere, il proprio potere.
A chiusura della proiezione a cui ha fatto seguito, per prassi consolidata, un dibattito con il regista e la bella attrice, Valentina , la bravissima protagonista insieme ad un cast di affermati attori, tra i quali il grande Arnoldo Foà, il vecchio sindacalista, la musica de “I cantori della memoria”, il gruppo nato a Larino per volontà di Marcello Pastorini e Gennaro Mozza.
pasqualedilena@gmail.com

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