I Camminatori di Soriano, il libro di Domenico Varì
Micuzzu, il mio fraterno amico, Domenico Varì, mi ha inviato il suo libro di racconti “I camminatori di Soriano”di 330 pagine, appena uscito a maggio di quest’anno per la BookSprint Edizioni, con la prefazione e collaborazione di Fedele Ceravolo. Dedicato ad Anna, Ester e Maria Fiore, le tre nipoti che, di sicuro, l’hanno convinto a dare voce alla memoria.
I “camminatori” sono i suoi paesani del piccolo centro della Calabria, posto nella valle del Mesima tra Serra San Bruno e Vibo Valenzia, in provincia di Catanzaro. Un luogo, il paese che ho avuto il piacere di visitare un’estate di trent’anni fa, in occasione di un mio soggiorno a Sant’Onofrio, il paese confinante, ospite della famiglia Congestrì. Sapevo della presenza di Domenico che, nel periodo delle ferie estive, tornava ad abbracciare il vecchio padre, un tempo abile artigiano, come tanti altri sorianesi, prima delle grandi partenze e sistemazioni – come ben racconta Domenico - a Roma o nel Nord Italia, in Francia, Svizzera e Germania o nelle Americhe e nella lontanissima Australia.
I racconti di Domenico sono una dedica soprattutto a questi “camminatori”, che, come lui, hanno un giorno salutato il paese per trovare altrove il proprio domani. Nel caso di Domenico, Soriano, il luogo delle proprie radici espressioni di identità. Che bello sarebbe se ognuno di noi dedicasse una poesia, un racconto al proprio paese, che è custode delle proprie radici, e, comunque, nel bene e nel male, memoria. storia, cultura, tradizioni, parte di una comunità!
“Del mio paese – scrive Domenico nel racconto di pagina 142 “Orgoglio di paese” - io non amo le sue meraviglie, le grandezze, le intelligenze che esprime, i suoi oggetti e le sue creatività. Amo i suoi sassi, i suoi odori. Amo che in quel posto due persone, per me speciali, decisero di darmi la vita. Amo il loro dolore e quello di tutti. Amo gli amici che mi hanno regalato qualche sorriso e momenti di felicità. Sono gli ultimi, che non hanno niente da darti e che niente hanno avuto. Non amo tutti, lo ammetto: sono una persona umana”
Domenico dedica addirittura un libro alla sua Soriano e scrive “il paese è piccolo, ma le storie, le persone, la cultura, l’ artigianato sono grandi. E non basta. C’’è bisogno di girare il mondo per conoscere Soriano e i sorianesi che sono dovunque”. Domenico con questo prezioso dono, dimostra di essere un osservatore attento e di ricordare tutto, ogni minimo particolare, del tempo vissuto con i “camminatori di Soriano”, soprattutto nomi, cognomi e i soprannomi, come pure i sentimenti, gli stati d’animo, le passioni di questi suoi compaesani, i mestieri, quali: i saponari, i funari, i cestai, i fiorai, così importanti da segnare le vie del paese. Manca la via dei fuochi di artificio con artificieri bravissimi di cui uno, Peppino, che si sposta a Roma per aprire una fabbrica a Trastevere. “I camminatori”, popolo di un piccolo centro del profondo sud di questa nostra Italia, che il tricolore della nostra Repubblica, illuminato dalla Carta Costituzionale, tiene unito a migliaia di altri. Costituzione scritta e sottoscritta dai vincenti nella lotta contro la dittatura fascista. Quella dittatura che, non pochi, fanno di tutto per riportare alla mente con la negazione della politica e della cultura e la riproposizione di un passato triste, ancor più per il nostro Mezzogiorno, che ha pagato con la vita di migliaia di giovani, l’entrata in guerra e la collaborazione con la dittatura nazista. E della guerra Domenico ricorda la fame e la povertà, e, la ritiene la causa della grande emigrazione che toglie a Soriano le botteghe e i mestieri che l’avevano fatta rinascere dopo il devastante terremoto avvenuto nella metà del ‘700. La guerra, la stessa che, oggi, la fama di potere e di denaro ripropone in più parti di questa nostra Terra martoriata da depredazioni e distruzioni di un sistema che ha come unico e solo obiettivo, il consumismo.
Poco sopra ricordavo la visita da me fatta a Domenico nella sua Soriano, che, con la lettura, dei 117 racconti raccolti nel libro, mi ha fatto capire ancor più il significato della nostra bella amicizia, che si è rafforzata nel tempo. Racconti di situazioni rimaste impresse nella mente di Domenico e nel libro riportate con dovizia di particolare.
L’Azione cattolica e il partito comunista; le esperienze e le usanze; la ritualità; il dialetto, quale lingua comune; i valori, quali: il senso della famiglia e dalla sua unità; l’amicizia; il rispetto dell’altro e, non solo, del bene comune; il territorio; la solidarietà e la reciprocità; il recupero delle risorse e non lo spreco delle stesse. Sto pensando al “consolo”, che Domenico ben descrive, cioè la messa a disposizione di un pranzo e una cena (anche per una settimana, come racconta Domenico) della famiglia colpita da un lutto. A proposito del Partito comunista l’incontro con un personaggio del mondo contadino, Pasquale Poerio, presidente dell’Alleanza contadina, l’organizzazione professionale dei piccoli coltivatori che ha lottato molto per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro del mondo contadino e per lo sviluppo dell’agricoltura italiana. L’incontro a Roma con Poerio, eletto deputato, che fissa un appuntamento con il grande ingegnere, architetto, costruttore Pier Luigi Nervi, per un posto di lavoro come geometra nel suo studio. Incontro che non avverrà per l’arrivo in contemporanea della proposta scritta del Coni, inviata a Domenico, di assunzione a tempo indeterminato per la cura della grande piscina del Foro Italico e delle strutture della Scuola dello Sport all’Acquacetosa. Proposta che Domenico accetta prontamente avendo già conoscenza degli ambienti e strutture segnalate.
Tanti fatti che, per chi ha vissuto il dopoguerra in uno dei paesi del nostro Mezzogiorno e legge “I camminatori di Soriano”, hanno la capacità di scavare nella mia memoria riportandolo a vivere con i compagni della propria infanzia le tante scorribande e i tanti giochi, molti stagionali, lungo le strette vie del proprio paese, con le case che si regalavano ombre, sia di giorno che di notte, e che, nei giorni e nelle notti di pioggia, lasciavano cantare i canali dentro secchi e conche piene di acqua, preziosa per le proprie mamme, mai ferme per i tanti lavori che avevano da fare.
L’ultima pagina del libro Domenico la dedica a una delle sorelle, Rina, la maggiore (l’altra, Ginevra, la più piccola) con il racconto della notizia della morte e del suo rientro a Soriano il giorno del funerale. Il grande dolore e, poi, il rammarico per non essere andato sull’altare a dire a tutti i presenti in gran numero che era la più bella di tutte le donne che conosceva e che non l’avrebbe dimenticata mai. Semplici storie, pensieri, riflessioni, vita vissuta, tanti fatti, tutti di un tempo lontano, riportati come appena accaduti. E questo grazie a una capacità di scrivere e di raccontare di Domenico, che mostra di essere davvero bravo.
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