La biodiversità al centro delle linee programmatiche delle Città dell’Olio
La biodiversità olivicola ha un valore strategico per il rilancio della nostra olivicoltura con la conferma dell’immagine di qualità del nostro olio, o, meglio, dei nostri extravergini monovarietali, che meglio di altri sanno raccontare i territori da essi vissuti e partecipati09 ottobre 2025 | 11:00 | Pasquale Di Lena
Le notizie che ci arrivano dalle due città di identità, quella del vino e quella dell’olio che, grazie all’Enoteca Italiana, abbiamo avuto la fortuna di promuovere - a Siena (1987) e a Larino nel Molise (1994) - ci rendono felice per le tante iniziative e grati a chi le pensa, le promuove e le realizza, quasi sempre con un significativo successo. Iniziative di promozione e valorizzazione del vino, dell’olio, che sono tanta parte dell’agroalimentare italiano. Ma, anche di difesa e contrattacco. ora, dopo la notizia, che arriva dall’America, di un dazio per la pasta, aggiuntivo del 107% a quello già attivo del 15%, che completa il quadro del vino e dell’olio. Prodotti che danno fastidio al neoliberismo dell’intelligenza artificiale e che sono tanta parte della nostra storia e di quella dei popoli del Mediterraneo.
Un documento ricco e interessante (ben 29 pagine) le “Linee Programmatiche 2026 dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio”, che ripropongono e arricchiscono di significati la centralità del solo grande tesoro, bene comune, il territorio. Il suo valore strategico, con i 500 e più Comuni associati protagonisti di quel “cambiamento profondo e duraturo … in risposta … alle trasformazioni in atto nel panorama olivicolo e rurale italiano”. Una rete in movimento che guarda all’olio, alla terra e al paesaggio come elementi centrali di identità, sviluppo e partecipazione democratica. nel segno della Costituzione che, nel 2026 festeggerà i suoi 80anni di vita. Il riferimento a una serie di articoli, in particolare l’art. 9 – Cultura, paesaggio e ambiente, che parla della tutela del paesaggio, del patrimonio storico e artistico , dell’ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità, anche nell’interresse delle future generazioni.
C’è di più, “salvaguardare tale ricchezza – come sottolinea il documento programmatico dell’Anco - significa, non solo garantire qualità e distintività ai nostri oli EVO, ma, anche, proteggere le identità locali, rafforzare la resilienza ambientale e aprire nuove opportunità di sviluppo sostenibile”. E noi aggiungiamo: la biodiversità diventa l’elemento decisivo per rendere vincente la strategia di comunicazione e valorizzazione, fondamentale per l’immagine dei nostri oli e, con essa, dell’agroalimentare italiano. E non solo, per la remunerazione dei nostri produttori e trasformatori, il recupero degli oliveti abbandonati, lo sviluppo del turismo dell’olio e un rilancio complessivo del comparto che serve per rimettere al centro di un nuovo tipo di sviluppo, l’agricoltura, quale perno di una ruota che gira per dare, nel segno dell’eguaglianza, risposte al Paese e agli italiani.
CC’è da dire che il tema della biodiversità non è nuovo per l’AnCO (Associazione nazionale Città dell’Olio), visto che, agli inizi del millennio che viviamo, è stato affrontato da chi scrive - allora presidente onorario – con l’idea “Parco nazionale della biodiversità olivicola”. Un progetto che trova nel punto 2 delle azioni riportate nelle “Linee programmatiche 2026”, la possibilità di una sua possibile realizzazione.
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