Il coltivatore. sentinella e tutore del territorio

Avanguardia vera, diversamente dai mondi che ogni giorno ci propagandano come
modernità.
Il suo ragionamento era chiaro, corretto, e spietata era l’analisi della
situazione davvero pesante dell’agricoltura – l’attività che per me resta perno
di un’economia che vuole tornare a girare nel verso giusto – che, però, non aveva
responsabili ed era carente nelle conclusioni.
Il segno evidente di un produttore abbandonato, utile solo quando c’è da
organizzare raduni, coprirsi di cappellini e sbandierare bandierine. L’esempio
di un mondo messo nelle mani delle multinazionali e dell’industria
agroalimentare proprio da chi aveva il compito di difenderlo e riportarlo alla
centro di un discorso che riguarda il Paese, il suo domani.
Un coltivatore, pensate, che guarda all’oliveto super intensivo come a una
soluzione dei suoi problemi di olivicoltore, così come ieri ha guardato al mais,
al posto del prato pascolo, o al grano della quantità e non della qualità per
assecondare, così, le industrie delle macchine, della chimica e i ladri dei
semi e la grande distribuzione, che, utilizzando il mercato, lo stanno
affamando con il prezzo del grano a 16 euro/quintale.
Un coltivatore che subisce la crescita della burocrazia e della vuota propaganda, fatta di demagogia
e di ipocrisia, proprio di chi lo dovrebbe rappresentare e difendere.
Un coltivatore che non sente più l’orgoglio di essere rimasto solo a
difendere il territorio.
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