Questa mia risposta alla domanda scritta “Cosa sono gli Ogm?” da parte di un corrispondente di Nuovo Molise, nel tempo in cui dirigevo (2004-2007) la Fattoria Di Vaira, da me denominata “La terra della Solidarietà”. Un ragionamento, il mio, che, nonostante i 15/16 anni passati è di grande attualità, con una situazione fortemente peggiorata sotto ogni aspetto: monopolio dei semi, perdita di biodiversità, situazione del clima, salute del consumatore, crescita dei profitti. e. con essi, del potere delle multinazionali.
1) sono vegetali utilizzati come alimenti dell’uomo e/o degli animali che hanno subito una variazione di uno o più geni per resistere ad avversità climatiche o ad attacchi di insetti.
In pratica sono semi manipolati nelle mani, per oltre l’80%, di una sola società, l’americana Monsanto di St. Louis*, ciò che vuol dire monopolio, con tutti i rischi che comporta questo stato di assoggettamento ad un solo soggetto, che, domani, può decidere il bene ed il male di miliardi di uomini. Il rimanente 20% è nelle mani dell’altra americana Dupont e delle europee Syngenta e Bayer.
2) le prime coltivazioni sono del 1966, quindi, è una storia recente che, però, già interessa vaste aree di 18 Paesi. Nel 2003 il fatturato della sola Monsanto ha toccato i cinquemila miliardi di dollari. Una cifra enorme e una disponibilità di danaro che dovrebbe far riflettere sulle capacità di convincimento di questa industria, anche di tanti scienziati e comunicatori.
3) Una maggiore produzione, attraverso il controllo dei parassiti ed un minor uso di antiparassitari. Per ora, perché nessuno sa dire cosa succederà domani, visto che sono passati solo dieci anni dalla prima sperimentazione sul campo. Per esempio quali saranno le reazioni in natura con lo sconvolgimento, in tempi brevissimi, degli equilibri che si sono andati a costituire nel corso dei secoli o di millenni.
4) Non entro nel merito dei riflessi positivi sulla salute umana ed animale, perché questi riflessi – è la Monsanto a dirlo con il suo presidente – oggi non ci sono, fanno parte dei programmi futuri della ricerca di cibi più nutrienti e più salutari. A me quello che preoccupa, oltre all’aspetto politico sottolineato all’inizio, è anche la certezza di una drastica riduzione della biodiversità e l’annullamento dei valori del territorio, in particolare di quelle peculiarità organolettiche che fanno un prodotto diverso da un altro, aprono a sensazioni ed esprimono emozioni, che sono poi le fonti della cultura, dei piaceri della vita, del dialogo e delle passioni degli uomini. Pensiamo a cosa vuol dire avere un solo vino o un solo olio, prodotto in Italia, come nel Sahara o in Groenlandia. O, anche, a cosa vuol dire avere la collina uguale alla pianura e viceversa, o alla montagna, e sapere che il vento, l’esposizione, gli sbalzi di temperatura non hanno più significato di fronte alla avidità di un’industria che ha come unico fine il profitto e, con esso, il governo delle situazioni.
5) Sono due cose diverse, molto diverse, i tempi della natura e quelli di chi volendo accelerare questi tempi mette a rischio proprio la natura e quella sua grande ricchezza che è la biodiversità. La scienza e le tecnologie hanno significato se servono ad arricchire questa biodiversità, che è la vita e la sopravvivenza dell’uomo, non quando vanno a limitarla per arricchire solo pochi uomini.
6) Non mi tocca l’accusa di” uomo del medio evo o oscurantista” che alcuni scienziati, nel nome della scienza per la scienza, hanno lanciato in questi giorni riempiendo di gioia e di soddisfazione la Monsanto e quelle altre tre industrie che sono in campo. Mi sento oggi più che mai quello che vuole andare avanti con l’uso della razionalità e delle emozioni per bloccare processi che portano, alla fine, alla modifica della nostra identità, che è un danno enorme, irreparabile.
*la Monsanto nel 2018 è stata acquistata dalla Bayer per 63 miliardi di dollari. Il prezzo dice tutto della potenza di queste due multinazionali che hanno e continuano a cambiare il volto e il significato dell’agricoltura e del cibo, e, con essi, della salute degli esseri viventi e della natura nel suo insieme
Nel 2017 il mondo ha perso un’area di foreste grande quanto l’Italia. L’indagine di Global forest watch
Nel 2017 il mondo ha perso un’area di foreste grande quanto l’Italia. L’indagine di Global forest watch LIFEGATE Ambiente Pubblicato il 28 giu 2018 di Elisabetta Scuri Persino il raggiungimento di un accordo di pace può causare la deforestazione: è solo uno dei dati sconvolgenti presentati da Global forest watch. Ma la soluzione è a portata di mano. Nel 2017 abbiamo perso una foresta grande quanto un campo da calcio al secondo . Si arriva complessivamente a 29,4 milioni di ettari distrutti , superficie paragonabile a quella del nostro paese. Lo ha rivelato Global forest watch , piattaforma del World resources institute che sfrutta Google maps per monitorare lo stato di salute della vegetazione mondiale, collaborando con l’ Università del Maryland . La perdita di alberi non è dovuta soltanto alla deforestazione , ma anche a cause naturali tra cui gli incendi . Va precisato, però, che fenomeni meteorologici es
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