Il discorso programmatico di Mario Draghi
di Umberto
Berardo
ha dimenticato il cibo, cioè l'agricoltura (blog) |
Mario Draghi ha tenuto nei due rami del Parlamento un discorso ampio, sincero, pacato, talora schietto ma anche edulcorato in alcuni passaggi e da libro dei sogni in altri.
Forse il merito
più importante del nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri è stato quello
di aver fotografato con estrema freddezza e preoccupazione i più gravi problemi
dell’Italia e della sua popolazione in questo grave momento storico di pandemia
e di conseguente crisi economica.
La complessità
delle sue linee programmatiche, ad eccezione di taluni punti, ci ha fatto
intravvedere molte finalità indeterminate, intenzioni prospettiche e buoni
propositi piuttosto che tratti d’interventi concreti per obiettivi di
brevissimo respiro utili in immediato per la grave situazione del Paese e
funzionali al lasso di tempo limitato di cui il governo dispone.
Francamente
l’eccessiva enucleazione dei punti programmatici ci ha dato come la sensazione
di un Presidente del Consiglio convinto di avere a disposizione un’intera
legislatura per potersi occupare di un numero esorbitante di questioni.
Molti hanno
visto la nascita del governo Draghi come una nuova notte della Repubblica e
della democrazia e per essi è sicuramente difficile accettare il passaggio programmatico
in cui si sostiene che l’attuale “è
semplicemente il governo del Paese”, perché in realtà non lo ha scelto
certamente la popolazione, ma è il risultato di decisioni di natura verticistica
ascrivibili all’oligarchia finanziaria ed avallate, forse obtorto collo, dal
Presidente della Repubblica.
Perfino la
maggior parte degli analisti legati ad un’informazione vicina a tali lobbies ha
appoggiato questa operazione istituzionale nella convinzione tuttavia che il
nuovo governo dovesse limitarsi a dipanare taluni problemi contingenti e
limitati rimettendo poi ogni decisione sulle questioni più macroscopiche al
volere dei cittadini e riportandoli alle urne appena cessati i rischi più elevati
della diffusione del Covid-19.
Sembrava
scontato dunque che Draghi dovesse affrontare le difficoltà più gravi create
dalla pandemia e nella fattispecie la tutela della salute dei cittadini
attraverso la vaccinazione, la riorganizzazione della sanità, l’elaborazione di
un Recovery Plan razionale con le relative indicazioni attuative,
l’impostazione di un piano per la ripresa economica e l’occupazione come anche la
promozione della cultura e dell’attività educativa.
Al limite taluni
hanno pensato ad un impegno per l’elaborazione di una legge elettorale
condivisa in Parlamento per ridare piena libertà espressiva ai cittadini nelle
scelte e riportarli a votare secondo le regole previste della Costituzione che
sottolinea con chiarezza come la sovranità appartenga al popolo.
Se, come si
sostiene, si ha a cuore il bene comune, quest’ultimo impegno dovrebbe occupare
governo e Parlamento per cancellare finalmente le tante involuzioni della
democrazia che l’Italia ha vissuto negli ultimi decenni.
Davvero poco
credibile il passaggio del programma nel quale Draghi si dice in disaccordo sul
fallimento della politica altrimenti non si comprenderebbero i quasi unicamente
tecnici nei ministeri apicali, dove a decidere le sorti del Paese sarà il
sistema plutocratico, e per gli altri dicasteri l’utilizzo di un manuale
Cencelli, tenuto tra l'altro in maniera
squilibrata sul piano politico, a
livello di genere e in rapporto al territorio, con scelte talora davvero
incomprensibili.
Il timore di
molti è anche quello che il Mezzogiorno rischi molto con la scarsa
rappresentanza che ha nel governo.
Draghi parla
dell’aumento del debito pubblico e della povertà senza scendere in soluzioni
concrete quali ad esempio potrebbero essere l’eliminazione degli sprechi nella
pubblica amministrazione e dei privilegi scandalosi nella retribuzione di
manager, dipendenti pubblici, magistrati, medici, calciatori, giornalisti e
l’elenco potrebbe continuare fino ad occupare molto spazio.
Bene la
collocazione dell’Italia nell’Unione Europea e “nel solco delle grandi democrazie occidentali” con una cessione di
“sovranità nazionale per acquistare
sovranità condivisa” purché gli organismi internazionali diventino tutti
davvero democratici, si rinunci al diritto di veto e l’UE sia un organismo
rivolto al bene dei popoli piuttosto che un internazionalismo dei benestanti
come lo definisce Luciano Canfora nel suo ultimo volume intitolato “la
metamorfosi”.
Aspettiamo
quindi che si rivedano alcuni trattati e strutture istituzionali internazionali
eliminando le norme sull’austerity ma anche certe schifezze di provvedimenti
come ad esempio il Bail-in.
Non si esclude
il dialogo con la Federazione Russa e con la Cina, pur evidenziando per la
prima la violazione dei diritti umani e per la seconda solo le “preoccupazione per l’aumento delle tensioni”.
Si scrive che il
“sistema di sicurezza sociale è
squilibrato, non proteggendo a sufficienza i cittadini con impieghi a tempo
determinato e i lavoratori autonomi” ma non si indica alcuna linea di
soluzione al problema se non attraverso
un “assegno di riallocazione”, “politiche di formazione dei lavoratori
occupati e disoccupati” e rafforzamento delle “dotazioni di personale e digitali dei centri per l’impiego in accordo
con le regioni” .
Qui ci saremmo aspettati
almeno qualcosa su una ridefinizione più equa del sistema di welfare.
Qualche
indicazione concreta si disegna sul piano della vaccinazione, mentre sulla
sanità e sulla sua interessante riorganizzazione a livello territoriale e per
le acuzie non si trova mai l’aggettivo “pubblica” e questo a noi preoccupa
molto così come la mancanza di alcun cenno sulla liberalizzazione degli accessi
alle facoltà di medicina.
Anche sulla
scuola e sulla globalizzazione, la trasformazione digitale e la transizione
ecologica troviamo solo linee generali sulla rimodulazione del calendario
scolastico, sulla formazione del personale e sul potenziamento degli istituti
tecnici.
Molto sibillino
e pertanto preoccupante il passaggio che recita “Occorre infine costruire sull’esperienza di didattica a distanza
maturata nello scorso anno sviluppandone le potenzialità con l’impiego di
strumenti digitali che potranno essere utilizzati nella didattica in presenza.”
Non vorremmo si
stesse pensando anche per l’istruzione alla diffusione di metodologie
didattiche funzionali ad interessi aziendali piuttosto che ad un ottimale
processo di apprendimento.
Condivisibili,
perché come al solito generali, le idee espresse sulla protezione e il futuro
dell’ambiente che tuttavia non fanno alcun riferimento alle modalità con cui
attuarle.
La fotografia
sul Mezzogiorno è impietosa e delinea alcune vie per definirne un nuovo
sviluppo nella garanzia di legalità e sicurezza, nell’attrazione d’investimenti,
nel credito d’imposta, nel rafforzamento delle amministrazioni meridionali e
nella “preparazione tecnica, legale ed economica
dei funzionari pubblici”.
Certo colpisce e
ferisce malamente i meridionali quella esigenza di legalità e sicurezza quasi
che malavita e soprattutto corruzione, cui non si fa alcun cenno se non in
qualche replica alla Camera, non siano aspetti presenti in tutti i territori
del Paese.
Sul Next
Generation EU e soprattutto sul Recovery Plan si scrive unicamente che “gli orientamenti che il Parlamento esprimerà
nei prossimi giorni a commento della bozza di Programma presentata dal Governo
uscente saranno di importanza fondamentale nella preparazione della sua
versione finale”.
Pare di capire
che al Parlamento sono richiesti suggerimenti ma non un
voto sul documento.
La riforma del
fisco e l’amministrazione della giustizia sono i due aspetti su cui si scende
in un’analisi abbastanza articolata, ma abbiamo qualche dubbio che questo
governo riesca ad occuparsi delle due questioni nei tempi ristretti di cui
dispone e tra le opinioni contrastanti dei partiti che lo compongono.
Sul fenomeno
delle migrazioni il testo del discorso programmatico di Draghi è molto vago e
si parla genericamente di “solidarietà
effettiva” e di “diritti dei
rifugiati” , anche se nella replica al Senato abbiamo ascoltato qualche
volontà più decisa nel chiedere all’UE la redistribuzione equa dei migranti tra
i Paesi aderenti all’Unione.
Sulla parità di
genere infine le vie indicate rischiano di essere pura ipocrisia dopo la
costituzione di un governo che ha riservato alle donne un solo ministero tra
quelli preminenti e davvero pochi incarichi di rilievo.
Non sappiamo se
l’indeterminatezza programmatica di Draghi sia dovuta alla necessità di rimanere
in stand-by per il voto di fiducia perché in un passaggio si scrive che “nelle prossime settimane rafforzeremo la
dimensione strategica del Programma”.
Francamente
nella lettura del testo ci preoccupano talune dichiarazioni già evidenziate, ma
soprattutto quello che non vi è stato ancora scritto come ad esempio
l’articolazione e la destinazione dei fondi europei del Next Generation EU o le
modalità di credito alle imprese in difficoltà per le quali si affaccia un’aleatoria
e pericolosa distinzione tra imprese sostenibili e non sostenibili.
Esprimere ancora
giudizi generici su un governo che non è espressione della volontà popolare ora
serve a poco.
L’atteggiamento
da tenere è quello di valutare i provvedimenti in essere, soprattutto di natura
economica e sociale, cercando di operare per orientarli allo sviluppo del Paese
inteso come l’insieme della popolazione, all’equità ed alla giustizia sociale.
posso convenire con diversi giudizi, resta l'interrogativo "CHE ALTRO SI POTEVA FARE ?"
RispondiEliminaNiente, visto che il sistema che Draghi rappresenta viene rispettato, Ma le sottolineature dell'autore hanno, a mio parere, l'intento di mettere allo scoperto le contraddizioni proprio del sistema e la necessità di un cambiamento se non si vuole continuare a sprofondare.
RispondiEliminaThanks great blog poost
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