La standardizzazione dell'agroalimentare italiano, una storia che parte dagli anni 1980

TEATRO NATURALE - Editoriali DEL 05 marzo 2025 | 15:00 | Pasquale Di Lena
Oggi è necessario rileggere, in chiave moderna, la reazione dell'Italia allo scandalo metanolo. Si intraprese una battaglia coesa, che portò al successo del sistema Italia del vino. E' replicabile? Un tempo non lontano chi, da solo, beveva vino si ubriacava, a differenza di chi si rallegrava bevendolo a tavola o in compagnia. Il sistema neoliberista, sin dal suo nascere in Italia (anni ’70) ha messo in discussione la tavola e, con essa, l’anima che l’ha sempre rappresentata, il cibo, accompagnato da un fiasco o una bottiglia e un bicchiere di rosso, rosato o bianco, ma sempre e solo vino. Nella prima metà degli anni ’80 – ero arrivato da poco a Siena a vivere, con l’allora presidente, Luciano Mencaraglia, le difficoltà dell’Ente Nazionale Mostra Vini-Enoteca Italica Permanete di Siena – ho vissuto, dopo aver conosciuto e frequentato, nel suo Piemonte, l’ideatore delle città d’identità, Elio Archimede, la nascita di Arcigola, l’associazione che prenderà il via nel 1986 a Bra, in provincia di Cuneo, con il suo fondatore, Carlo Petrini, presidente. Con i fondatori toscani, soprattutto fiorentini, ho dato il mio contributo personale alla nascita dell’Associazione e, con Carlo Petrini, che avevo incontrato qualche mese prima a Siena, ho concordato una grande iniziativa in Fortezza,, all’Enoteca. Arcigola, tre anni dopo, diventerà internazionale con il nome Slow Food, quale antidoto al “fast food”, il mangiare veloce che scansa la tavola, cancellando così lo stare insieme, la convivialità, ovvero la possibilità del racconto che coinvolge i presenti, dà loro la possibilità di dialogare e conoscersi e li porta a vivere il piacere della compagnia, della solidarietà e della reciprocità. Partendo dal cibo e il suo territorio - bene comune di storia, cultura, ambienti, paesaggi tradizioni - dalla convivialità che la tavola sa far esprimere con l’allegria, Slow Food pensa a una nuova gastronomia che vuol dire nuova agricoltura, e, a tal proposito, ogni anno organizza a Torino “Terra Madre Salone del Gusto”; fonda a Pollenza l’Università di Scienze Gastronomiche e visto l’attacco crescente alla natura e alla biodiversità e la sempre più difficile situazione del clima ’si preoccupa della natura e del clima, e, ancor più, della fame nel mondo dando vita con un raduno di comunità provenienti da ogni parte del globo, a Terra Madre, la grande rete delle Comunità del cibo.
Il 1986 è anche l’anno della rinascita dell’Enoteca italica permanente, che, per la prima volta dal 1950 - inizio della sua avventura - supera le mura di Siena per raggiungere la regione dell’Alsazia in Francia e vivere a Strasburgo, all’interno del Palazzo che ospita il Consiglio d’Europa, una degustazione dei suoi vini selezionati con i 600 e più parlamentari, in rappresentanza di quasi 50 paesi. E’ il successo di questa prima esperienza promozionale che poi porta l’istituzione senese, con l’entusiasmo del suo presidente, Sen. Riccardo Margheriti, a vivere decine e decine di altre iniziative in Italia e nel mondo dando, così, un contributo sostanziale al rinascimento del vino italiano datato anni ’90, e al successo che poi vivrà, a partire dai mercati più frequentati, quali Canada e Stati Uniti Il 1986 è anche l’anno del metanolo, una vera e propria tragedia segnata da 23 morti. La notizia arriva il 17 marzo ai partecipanti al convegno “Vino e Turismo”, in corso all’Enoteca Italica Permanente di Siena. Un incontro che prende atto della notizia e diventa subito una prima pronta risposta a un attacco in atto al vino da parte di un processo in atto, la globalizzazione, guidata sempre più dalle banche e dalle multinazionali, le realtà che sono corpo e anima del neoliberismo, il sistema sempre più dominante e sempre più predatorio e distruttivo. Pronta e immediata la risposta delle istituzioni, Governo e Regioni, e del mondo della vitivinicoltura. Allora Ministro dell’Agricoltura e Foreste del governo Craxi era Calogero Mannino e Direttore generale delle produzioni agricole, il Dr.Vincenzo Pilo, che non ha perso tempo a mettere insieme, con la costituzione di un comitato in rappresentanza delle istituzioni vitivinicole, una strategia atta a difendere il vino e un mondo che interessa in lungo e in largo, comprese le isole, il nostro Paese. Una strategia che, insieme con l’orgoglio degli italiani nel mondo, in prima fila i nostri bravi ristoratori, ha respinto l’assalto di chi voleva approfittare della tragedia per distruggere l’immagine del vino. Una risposta pronta, ferma che fa sentire ancora più profondo il silenzio che arriva oggi da chi lo dovrebbe difendere, a partire dal mondo della produzione e trasformazione, ubriacati di vini “No alcol” e “Dealcolati”. Un mondo - a parte il nostro Ministro dell’Agricoltura che ha sempre voglia di scherzare - che fino a non molte settimane fa continuava a vantarsi dei primati e dei successi dell’agroalimentare italiano, soprattutto quello targato Dop e Igp, rappresentato da ben 538 vini sui 900 prodotti riconosciuti, un primato di cui fa bene a vantarsi la fondazione Qualivita. Un mondo che non ha mai speso una parola su: il consumo di migliaia e migliaia di ettari di territorio che, con l’agricoltura, è la fonte di questo nostro agroalimentare segnato da primati; quest’attacco diretto al cuore del vino, che - continuiamo a ripeterlo - è solo l’inizio di un attacco alla cultura enogastronomica ultramillenaria del Mediterraneo per affermare, con l’intelligenza artificiale, prodotti coltivati in laboratorio, E questo è solo una parte del programma complessivo di un governo globale che rende ancor più palese la differenza tra pochi re Mida e miliardi di poveri al servizio di robot. In pratica novelli babilonesi, più fanatici dei precedenti, che vogliono toccare il cielo con un dito e non sanno che il cielo non si fa toccare neanche dalla luna, dal sole e dalle stelle, se non dalla luce che continuerà a illuminare la nostra terra, con l’umanità che si farà perdonare dalla natura ridando alle proprie mani la capacità della carezza.

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