Piove sul bagnato: sei milioni al sistema latte della Valtellina

Da QualeFormaggio -  


Ancora una volta il messaggio arriva chiaro e forte  gli allevatori valtellinesi: se fai parte del sistema organizzato, il sistema stesso opererà per vivere e farti (soprav)vivere, avendo capacità di accedere a linee di finanziamento altrimenti impensabili. Se sei un operatore libero e indipendente ti dovrai arrangiare con le tue risorse: potrai essere bravo, onesto, avere la schiena diritta e ammazzarti di lavoro ma per te non ce ne saranno di opportunità per emergere, oltre a quelle che ti troverai da solo. Questo perché ai piccoli i soldi arrivano con il contagocce, quando arrivano. Messaggio ricevuto? Bene, grazie mille, e tanti cari saluti.
È in questo contesto che altri sei milioni di euro (2,2 dalla Regione Lombardia) arrivano in valle, ancora una volta, per essere messi a disposizione di chi - allineato e coperto - ha deciso che va bene così: va bene che il latte delle terre alte e quello di pianura, prodotti da erba o da insilati siano gestiti indistintamente, mischiati, confusi l’uno con l’altro, per essere poi proposti magicamente al consumatore come “latte (e prodotti) di montagna”. Anche se una parte delle stalle sono al di sotto della fatidica quota altimetrica che segna lo spartiacque tra montagna e collina. Altre addirittura in pianura.
Certo, lo sappiamo, nell’immaginario collettivo la Valtellina è facilmente identificabile con la montagna, non con la collina o la pianura, ed è proprio su questo aspetto che i fautori del progetto “Montagna in movimento” sembrano far leva per la consacrazione della loro realtà, ora che i fondi pubblici arriveranno e che porteranno tanto bel “progresso” - dai robot di mungitura alle app gestionali per monitorare la “qualità” del prodotto, stalla per stalla - laddove di progresso n’è arrivato già abbastanza, e da anni, sotto forma di mangimi in alpeggio (per fare, ad esempio, il Bitto Dop), fermenti industriali e tanta modernissima e sanificata igiene.
A celebrare questo successo (così viene visto l’ottenimento di un fiume di denaro per i “soliti noti”) e questo sistema, nei giorni scorsi, si sono cimentati tanto i quotidiani locali (qui Il Giornale di Sondrio e La Provincia di Sondrio) quanto il nazionale La Repubblica che ancora una volta hanno esaltato la massificazione sistematica (chiamatela pure globalizzazione, ndr) che ha sostituito le infinite differenze di un mondo che aveva nelle sue stesse diversità - le diversità tra un’azienda e l’altra - la sua più grande ricchezza.
E così, gli articoli apparsi sui giornali, non trovano altro di meglio da fare che seguire l’onda dei comunicati ufficiali, e decantano gli elementi di un progresso tutto presunto e tutto da dimostrare: dall’esaltazione del cosiddetto “Allevamento 4.0” (la tanto sbandierata zootecnia di precisione, buona per arricchire i fornitori, non gli allevatori) al “miglioramento della qualità del latte conferito” (a colpi di mangimi e di integratori, non certo di fieno ed erba), dai “35 milioni di litri di latte” (come se fare quantità fosse un traguardo, laddove si dovrebbe cercare di produrre di meno ma meglio) alla “gestione della stalla attraverso lo smartphone”: l’ultimo tragico giocattolo per allevatori ormai persi sulla via del “progresso”. Gente che un tempo era ricca sì, di valori identitari, poi mutuati nella conformazione ad un diktat supremo che da sempre professa e ostenta il “bene comune” per mantenere in piedi un sistema invero utile ai “soliti noti”: dai mangimisti ai tecnici, dai veterinari all’industria del farmaco, e compagnia cantante.
Se un giorno vedrete incensare il “prodotto della montagna” valtellinese ricordatevi di questo articolo. Se un giorno vi troverete a passare da quelle parti vicino ad una stalla di fondovalle, fermatevi a chiedere a quale quaota altimetrica vi trovate. Poi decidete con la vostra testa cosa bere e cosa mangiare.
19 novembre 2018
Didascalia Foto 1 e foto2
Punta al marchio dei prodotti "di montagna", il sistema latte della Valtellina, anche se la gran parte degli allevatori sono in pianura (Delebio, nella foto, è a 216 mt s.l.m.) - foto Latteria Sociale Valtellina

Commenti

  1. Il coraggio di scrivere di una realtà che è rappresentativa del percorso e dello stato che vive la zootecnia e l'agricoltura del Paese intero, nelle mani di un sistema fatto di silenzi e di complicità. Tutto a vantaggio di pochi eletti, i grandi proprietari terrieri delle pianure, i mangimifici, le multinazionali della chimica e delle medicine. Un sistema che ha spopolato le montagne, le aree interne ed ha ridotto a poca cosa l'agricoltura contadina e la ruralità con nuovi appetiti, quelli di multinazionali che hanno bisogno di territorio per lo sviluppo di quell'agricoltura industrializzata, fallita ovunque, che ha lasciato e sta lasciando solo disastri.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Nel 2017 il mondo ha perso un’area di foreste grande quanto l’Italia. L’indagine di Global forest watch

Un pericoloso salto all'indietro dell'agricoltura

La tavola di San Giuseppe