LA GRANDE E BELLA STORIA DEL VINO
di Pasquale Di Lena
Un bellissimo incontro con un grande protagonista, il vino, che è coltura e cultura, nell’Aula magna dell’Università del Molise, sede di Termoli.
Da Noè che, subito dopo il diluvio universale, pianta la vite, alla Grecia e Magna Grecia, per passare al tempo degli Etruschi e dei Romani, al Medioevo fino ai giorni nostri, un excursus storico accattivante, sopportato da immagini, che, grazie alla bravura dei relatori, ha coinvolto il pubblico che ha riempito i posti a disposizione dell’Aula Magna della sede di Termoli dell’Università del Molise.
Un bellissimo incontro con un grande protagonista, il vino, che è coltura e cultura, nell’Aula magna dell’Università del Molise, sede di Termoli.
Da Noè che, subito dopo il diluvio universale, pianta la vite, alla Grecia e Magna Grecia, per passare al tempo degli Etruschi e dei Romani, al Medioevo fino ai giorni nostri, un excursus storico accattivante, sopportato da immagini, che, grazie alla bravura dei relatori, ha coinvolto il pubblico che ha riempito i posti a disposizione dell’Aula Magna della sede di Termoli dell’Università del Molise.
Il vino è storia e, ancor più, cultura, con la sua capacità di animare il Simposio,
ai tempi in cui al centro del mondo
c’era la Grecia, fonte di una grande civiltà che ancora ci appartiene, cioè lo
stare insieme e vivere, con il vino, la musica, l’eros, la poesia, il dialogo,
il confronto e lo scontro, la politica, quella vera, che aveva come fine il
governo della città, il coinvolgimento del popolo o dei popoli. Il vino e, fino
a qualche tempo fa, la sua capacità, insieme con il pane e con l’olio, di
animare la tavola, la nostra tavola e quella dei popoli del Mediterraneo.
Un grande protagonista. con Dioniso, il dio del vino dei
Greci, che, al tempo dell’impero romano prende il nome di Bacco. Il Dio della
saggezza quando è sobrio e della follia se ubriaco, cioè esagerato. Il dio che
spiega il momento che vive il mondo, noi viviamo, con le esagerazioni causate
dal denaro, dal profitto per il profitto, come pura follia che sta facendo
rischiare la sopravvivenza del globo, la terra, la madre terra che appartiene a
ognuno e non a pochi affamati di denaro, guerre, distruzione e furto di
territori, fuga di comunità e civiltà.
Il vino - dalla preistoria alla storia - ispira la poesia,
l’arte; è amico dell’eros, della buona compagnia e dell’amicizia; anima le
tradizioni; è fonte di attività e di sviluppo economica; rallegra; nutre
mettendo a disposizione, soprattutto delle classi meno abbienti, preziose
calorie; è parte centrale del rito, la messa; e, con la sua vite che lo esprime
attraverso l’uva, è l’incontro del la terra con chi coltiva la vite, il
viticoltore, e, sempre più, negli ultimi decenni, anche con un nuovo
protagonista, l’enologo.
Negli ultimi anni, nonostante la grande rinascita del vino –
parlo soprattutto dell’Italia - agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso, il
vino rispecchia i tempi caratterizzati dall’uniformità
dei consumi, la difficoltà dello stare insieme e del dialogo, con il vino che
viene sostituito da altre le bevande, soprattutto quelle non alcoliche. Il dato dei 100 litri di consumo procapite
annuo in Italia, nel 1970,sceso a poco più dei 40 litri dell’anno scorso, lo stanno a
dimostrare. La stessa produzione, ridotta a quasi un terzo dei 117 milioni di
ettolitri, sempre anno 1970, dimostra che il vino, pur rimanendo il principe
dei testimoni della gran parte dei nostri territori, sotto la pressione della
voracità delle multinazionali della birra, dei soft drink e altre bevande a
base di acqua e zucchero, non conta più
come un tempo.
Il Molise è una terra da vino, da sempre, e a dimostralo c’è
il sito archeologico di Campomarino, con reperti risalenti al 13 secolo a.C..,
che fanno pensare all’uva, come frutto, e, poi, alla sua trasformazione in vino.
Il cammino della vite e del vino, dalla Mesopotania, dove, diecimila anni fa, è
nata l’agricoltura, è molto lento.
Il Molise è - rapportato alle sue dimensioni – terra da vino, anche se poco conosciuta per la mancanza di quantità e, fino alla fine degli anni ’90, senza un testimone importante, credibile. E’, grazie all’Enoteca italiana di Siena, che mi ha ispirato e guidato nella riscoperta della Tintilia, e, grazie soprattutto, all’agronomo Michele Tanno, che è andato a ritrovare i pochi filari di vite rimasti nel territorio di appartenenza, quello intorno a Campobasso. Poi, l’importante ruolo dell’Università del Molise e dell’allora ente di Sviluppo, con tante prove a dimostrazione della bontà dei caratteri di questo vino, oggi tutto e solo molisano, inserito, prima nella Doc “Molise” e, poi, nel 2010, Doc “Tintilia del Molise” con tre tipologie di vino.
Il Molise è - rapportato alle sue dimensioni – terra da vino, anche se poco conosciuta per la mancanza di quantità e, fino alla fine degli anni ’90, senza un testimone importante, credibile. E’, grazie all’Enoteca italiana di Siena, che mi ha ispirato e guidato nella riscoperta della Tintilia, e, grazie soprattutto, all’agronomo Michele Tanno, che è andato a ritrovare i pochi filari di vite rimasti nel territorio di appartenenza, quello intorno a Campobasso. Poi, l’importante ruolo dell’Università del Molise e dell’allora ente di Sviluppo, con tante prove a dimostrazione della bontà dei caratteri di questo vino, oggi tutto e solo molisano, inserito, prima nella Doc “Molise” e, poi, nel 2010, Doc “Tintilia del Molise” con tre tipologie di vino.
Ed è, così, che la vitivinicoltura molisana, ha avuto il suo
testimone capace di rappresentarla con grande dignità, anche se questa motrice
è costretta a trainare i tre carri rappresentati, ma quasi vuoti, dalle altre
tre Doc “Biferno, “Pentro” o “ Pentro d’Isernia” e “Molise” o “…del Molise”, le
due Igt “Terre degli Osci” e “Rotae”, e,
con l’ultimo carro, che rappresenta l’altra metà del vino molisano, venduto sfuso, cioè senza
immagine. Un vino che non premia i viticoltori, ma solo chi, altrove, lo
confeziona sotto altro nome.
Un grande limite che punisce un territorio ricco di colline,
da sempre vocato alla vite, all’olivo e alla cerealicoltura, con grani che
hanno fatto la fama dei pastai molisani e reso il capoluogo, Campobasso, una
delle più importanti città della pasta in Italia.
Un territorio segnato da una sola Strada del Vino e con il
solo Comune di Campomarino protagonista dell’Associazione Nazionale delle Città
del Vino, ideata da Elio Archimede e promossa dall’Enoteca Italiana di Siena.
Troppo poco in una fase in cui il vino e, insieme, la gastronomia sono
diventati due elementi importanti nel campo della promozione del Turismo in
Italia.
Un gran bell’incontro, sponsorizzato da una cantina
cooperativa, la San Zenone di Montenero di Bisaccia, che, con la scelta
dell’imbottigliamento di vini monovarietali
e di ottimo rapporto
qualità/prezzo, ha dato un’importante svolta alla sua immagine,
dimostrando che una cooperativa, se
ben guidata, può svolgere un importante
ruolo, soprattutto oggi, quando il glocale
è vincente sul mercato globale se, con la quantità sopporta , la
qualità.
Chiudo con un mio applauso dovuto ai relatori, Maria
Luciani, presidente dell’Associazione Unitre che ha organizzato l’incontro; Maria Concetta Chimisso, preside dell’Istituto
alberghiero di Termoli; Lidia Di Giandomenico, archeologa; Rossano Pazzagli,
docente di storia dell’Unimol
pasqualedilena@gmail.com
Commenti
Posta un commento