L'addio di Giose Rimanelli, il grande poeta e scrittore


DOVE, COME E QUANDO
Ho letto su facebook la notizia triste della dipartita di Giose Rimanelli, il grande poeta e scrittore che il mondo ha imparato a conoscere sin dagl'inizi degli anni '50 con il suo primo libro "Tiro al piccione" uscito nel 1953, tre anni dopo la presentazione che, con queste parole "La storia di un giovane della mia età vede la resistenza dalla parte sbagliata", l'autore aveva fatto a Cesare Pavese. Nel 1961, quando Giose era già in Nord America, il libro diventa un film di grande successo nella mani di Giuliano Montaldo.
Molisano di Casacalenda, italiano che,con le sue numerose pubblicazioni e con i suoi insegnamenti nelle Università americane, diffonde la nostra cultura nel mondo . Il Molise e l'Italia, ancor prima del Canada e degli Stati Uniti, oggi piangono il grande uomo di cultura  che io ho avuto la fortuna di incontrare più volte e con lui dialogare in versi del dialetto di Casacalenda, il suo, e di Larino, il mio. Grazie Giose, ora recupererai il tempo del sonno che non hai fatto in vita per donare a noi i tuoi capolavori

Giose brinda ai quattro vini 
che ho avuto il piacere, come direttore, di dedicare alla Di Vaira

Quel caleidoscopio che intanto ora guardo, è quasi barile di vino che ora
quasi vuoto rotola pian piano giù per la stretta scala della vita, perché
questa vita si restringe in se stessa ormai, ne conto le gocce rimaste cercando 
di fare un ultimo paradigma sul dove, come e quando del bevuto per infine 
poggiare la testa sulla pietra e dormire.
Ma ricordo che in nessuno luogo al mondo sono veramente riuscito a dormire 
più di qualche ora, dopodichè richiudevo il libro nello zaino e riprendevo il cammino.
Giose Rimanelli

Esergo scelto da Luigi Fontanella per la sua introduzione al libro Familia- memoria dell’emigrazione,uscito nel Maggio del 2000 per la Cosmo Iannone di Isernia, che io ho tradotto nel mio dialetto larinese con un titolo diverso, A làpede, che dedico a Giose, mio maestro

A LÀPEDE                                            

Cuélla màravìje de chelùre                        
che mó (g)uàrde                                              
e cuìll’u varìle de vìne                                      
cuàse vacànte                                                           
che chiàne chiàne z’èrrecelèie                         
èbbàlle pà scalétte da vìte                                
sèmpe chiù s’trétte,                                         
scì pecché cués’ta vìte mó                         
ze rannìcchie sèmpe de chiù,                                                                                                                   de ésse cónde i (g)ócce remàs’te                    
cèrcànne de fa
ù l’ùteme trascùrse
ngòppe u dóve, cóme e cuànne
de chìlle ch’èie scuélàte
pe pù èppejà a còcce
ngòppe nà préte
e dermì.

A veretà è cà
da nesciùna pàrte dù mùnne
sò màie reiésciùte e dermì
chiù de dùie òre
pe rechiùde,
sùbbete dòpe,
u lìbbre dénd’u tascàpane
e rechemenzà u camìne
chiàne chiàne.

                         p. di lena

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