La situazione dei consorzi di bonifica porta ad aggravare la già pesante crisi dell'agricoltura molisana

di Giorgio Scarlato
Prendo spunto da un articolo letto su Termolionline del 29 luglio scorso avente titolo "Consorzio di bonifica integrale larinese: le richieste dei consorziati", dove, l'ennesimo movimento agricolo regionale, il MAM, movimento agricolo molisano, ha tenuto un incontro a Larino.

I punti nodali (?) dibattuti sono stati:
a) l'accorpamento al consorzio di bonifica "Trigno e Biferno" di Termoli;
b) il relativo commissariamento avvenuto;
c) la chiusura della sede  e la relativa concessione all' ARSARP (ex Ente di Sviluppo);
d) il riordino dei consorzi di bonifica regionali.

Un appunto e senza nessuna polemica.
Il Comitato spontaneo agricolo "Uniti per non morire"del quale faccio parte, da ben 8 anni e tre assessori regionali, ha portato avanti la problematica  riferita soprattutto all'interconnessione costo-beneficio e funzioni degli enti consortili regionali. Questioni mai ritenute importanti,né dalla politica regionale, né, dalle organizzazioni agricole locali. 
Non è possibile che, e questo da ben 40 anni, in presenza di  tornate elettorali,  il voto contadino faccia gola a tanti e di tutte le espressioni politiche, sia vecchie che nuove , prestando l'interessamento solo a.... prima del voto,  per poi restare, sempre attuale, alla frase di gattopardiana memoria: Cambiare tutto affinché nulla cambi". 

Vantaggi per i pochi a discapito dei tanti.

Dimenticare (volutamente?) di entrare nel fulcro della questione per cui un consorzio è sorto è alquanto sconcertante.

Pongo alcune domande circostanziate:
1) Essendo un ente di diritto pubblico è davvero amministrato dagli stessi consorziati obbligati o c'è, come spesso è successo, il controllo a distanza di qualcuno?
2) Quali sono i profili generali della  disciplina in materia degli enti consortili regionali?
3) Le finalità per cui  sono sorti vengono espletate? Mi riferisco alla difesa del suolo e alla polizia idraulica del rispettivo comprensorio d'appartenenza;
 4) Quali i benefici che i consorziati obbligati traggono dagli enti consortili visti nell'ottica della manutenzione  e  dell' irrigazione?

Sotto il profilo economico,  così come sono state concepite le tariffe irrigue (tassa fissa più quella variabile, a consumo), porta realmente quell'introito o meglio quel beneficio economico al coltivatore diretto, visti i costi esorbitanti di energia elettrica che i consorzi sostengono per "ripompare" l'acqua?
Basterebbe semplicemente leggere i bilanci annuali.

Perché dico questo?
Prendo ad esempio la coltivazione della barbabietola da zucchero in regione ( in media annualmente venivano  interessati dai 2.500  ai 3.000 ettari ).  La concretezza è stata ..." l'impresa non vale la spesa" . Non si coltiva più nemmeno un ettaro. I motivi? Tra i tanti, il principale  è stato il prezzo basso. Non era per nulla conveniente produrla. Ci si rifondeva l'osso del collo. 

E questo, da svariati anni, vale anche per la cipolla, per  il pomodoro da industria, per il finocchio, etc. etc. Prezzi fermi a trenta anni fa.
Alcuni anni fa i"Uniti per non morire" rappresentò il problema del prezzo infimo (€ 4,00 al ql) del pomodoro finanche a Monsignor Bregantini. Non si mobilitò o meglio non si interessò nessuno. Né politica, né religione. I problemi veri sono, per loro, altri; il mondo agricolo, come sempre può aspettare.
I costi superano i ricavi per cui non conviene esporsi a così tanti sacrifici, non solo lavorativi, per poi rifonderci anche economicamente, visto che ogni "fornitore" di servizi, poi, presenta il suo costo di spese sostenute, dal consorzio di bonifica (energia elettrica, dipendenti, etc) a "Molise Acque" (costo quadruplicato dell'acqua in questi ultimi anni ).

Il"cafone", il suo, non può presentarlo a nessuno. 
A questo punto chiedo: Quale la ragione del beneficio che  trae il contadino dall'irrigazione? Questo resta il problema di fondo.
Non entro minimamente nella questione della globalizzazione, dell'importazione delle derrate,etc.. E' un'altra storia.

Questa è l'attualità, il punto nodale dell'agricoltura basso-molisana.
Chiedo e ringrazio anticipatamente chiunque mi darà risposta: conviene produrre a questi costi e non ricavi?
Se sa la via per superare questo impasse lo dica, la divulghi.  
Anche quest'anno è successo come negli anni trascorsi.. Qualche azienda agricola, sfortunatamente, avrà la sua gatta da pelare con la banca, il suo fornitore di turno o lo stesso consorzio di bonifica al quale non potrà pagare i tributi consortili.

Concludo con una risposta datami nel lontano giugno del 1993 da un luminare del ramo: " Un consorzio di bonifica, qualunque esso sia, è tenuto in vita fin quando c'è un ritorno economico per il singolo consorziato visto nell'ottica del bene comune".
Chiedo: C'è convenienza reddituale?  Svolgono le funzioni per cui sono nati?

Queste sono le vere risposte che da anni attende il mondo agricolo basso-molisano; altre sono quisquilie.

Termoli, 4 settembre 2017



                                                                                                                                                                                     Giorgio Scarlato


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