L’alimentazione umana nella preistoria

Cinque milioni di anni fa l’uomo primitivo abitava il suolo della foresta ed era essenzialmente erbivoro. Iniziò presto ad avere dei problemi perché il suo apparato digestivo era rimasto simile a quello del cugino evolutivo che viveva su gli alberi e aveva maggiore disponibilità di cibo. Troppo lento perché diventi predatore, non attrezzato di denti e artigli per strappare la carne delle carcasse, si avventurò nella savana e iniziò a nutrirsi anche di carogne. Quando il suo successore apparve, era già diverso. Testa più grossa e apparato masticatorio più potente, più piccoli i canini forse per l’uso non ancora dimostrato dei primi utensili. Con pietre scheggiate le femmine ripulivano le carcasse di animali abbandonate da altri predatori, uccidevano, carne magari spessa putrefatta che arricchiva una dieta ancora fortemente vegetariana. Per due milioni di anni cambiò poco, vita breve altissima mortalità infantile, durezza, però l’equilibrio sull’ambiente era stabilito. Poi due milioni di anni fa la rivoluzione, le pietre appuntite e sagomanti divennero lance e mazze in grado di uccidere. Il nostro antenato iniziò a praticare la caccia e la guerra ma mantenne mascelle e denti da erbivoro e si orientò verso una varietà di cibo, evidenziata tra l’altro dalla grande e nuova vascolarità del cervello, necessaria a dissipare il calore al cervello durante lo strenuo caccie sotto il sole rovente. L’Homo abilis compariva da lì a poco e in soli 500.000 anni portò le dimensioni del cervello da 600 e 1.200 cc. Mentre l’altezza che era un metro si sviluppava fino al 180 cm.
È stato proprio l’homo sapiens, vissuto circa 800 mila anni fa, il primo essere vivente che ha trasformato l’atto del nutrirsi in un rito collettivo, dandogli significati culturali e religiosi. Finisce l’epoca degli spuntini sporadici, vale a dire il cibo raccolto e consumato al momento, come fanno ancora oggi le scimmie. Iniziano a scandire anche i pasti in forma distanziati e più abbondante, grazie anche al controllo del fuoco.
Per milioni di anni quindi l’uomo è stato quindi cacciatore, raccoglitore fino agli albori dell’agricoltura. La dieta preistorica consisteva in alimenti animali: carne, pesce, insetti, larve, e alimenti vegetali: bacche, radici, funghi, miele, forse anche qualche erba commestibile. L’uomo preistorico faceva molto uso di proteine animali, la quantità di carboidrati era nulla, fino a quando non divenne agricoltore, vi era nella sua alimentazione una notevole presenza di fibre. L’uomo preistorico nonostante che la mortalità infantile fosse altissima, che si morisse di malattia, di guerra, d’incidenti aveva una struttura muscolosa, asciutta, esuberante. La malnutrizione e le carestie erano rare; in generale l’uomo cacciatore era molto ben nutrito a differenza dell’agricoltore che lo seguì. In particolare non esistevano le malattie metaboliche che sarebbero comparse solo con l’arrivo dell’agricoltura. Il Neandhertal era di struttura e potenza mai eguagliate; aveva ossa grosse e dense, con una dentatura che non conosceva la carie, il sistema immunitario era reso efficiente dall’abbondanza di proteine e zinco. Il cervello cresceva di dimensioni e la manualità raggiungeva quella che abbiamo noi ora.

E’ risaputo, però, che circa 11.000 anni fa cominciò in quell’area del vicino oriente, nota come la Mezzaluna Fertile, la più grande rivoluzione di tutti i tempi: la coltivazione e la domesticazione animale, a scopo alimentare, di piante selvatiche di vario tipo, fra la quale i cereali. Tale innovazione, conosciuta come la rivoluzione neolitica, ebbe conseguenze di portata enorme, sia sotto il profilo alimentare sia demografico e sociale.
L’agricoltura e l’allevamento portarono la popolazione mondiale da cinque a 500 milioni d’individui. Si sviluppò una società più stabile rispetto alla società paleolitica precedente di cacciatori raccoglitori e nella quale poterono comporsi insediamenti umani permanenti con regole di convivenza civile.
Però i nostri antenati del paleolitico non mangiava ne cerali né derivati del latte. Si nutrivano con molta carne, frutta, bacche e legumi. È secondo gli ultimi studi sulle loro ossa, stavano meglio di noi: non avevano né carie né diabete né cancro.
Perché? Secondo alcuni studiosi proprio grazie alla loro alimentazione.
La dieta umana è cambiata con l’introduzione, 11 mila anni fa, di agricoltura ed allevamento, che hanno portato cereali e latte. Ma secondo studi fatti dallo statunitense Bojd Eaton di Atlanta, non ci siamo ancora abituati ai nuovi cibi.
Il pane bianco e le patate alzerebbero troppo il tasso di zuccheri nel sangue, favorendo l’obesità.
I nostri avi mangiavano il doppio di carne di noi, anche se la carne cacciata, era molto più magra di quella allevata di oggi che contiene il 25% invece del 4% di grassi.

       Cav. Michele Natilli
Presidente Federcarni Molise

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