A MONTEMITRO CI PENSERA’ LA MAGIA DEL LUOGO A DIRE NO ALL’EOLICO SELVAGGIO


Un posto magico, quello incontrato ieri a Montemitro e vissuto con altre decine di persone, per dire NO alla installazione di pali e pale eliche poco sopra, in cima al monte, e sulla cima del monte di fronte, dove si racconta il primo insediamento delle genti arrivate dalla Croazia, in cerca di quella pace che la loro terra aveva perso.
Non più di duemila quelli che, nel Molise, parlano ancora la lingua portata qui dai loro avi, a rappresentare la più piccola comunità linguistica presente in Italia.
Ci siamo radunati, per parlare di pali e pale eoliche, sul piazzale di una casa poco sotto la cima di quel monte che io, dalla mia casa sul “Monte” di Larino, vedo collocato tra Montefalcone del Sannio e San Felice del Molise.  
Un luogo magico che, come raccontavo a Rocco Cirino, l’animatore degli insegnanti di geografia che da sempre si batte per la bellezza e le bontà di questo nostro Molise, la mia piccola Canon si è rifiutata di fotografare per non profanare la sacralità del luogo e del momento in cui il sole si preparava al tramonto sui Monti dell’Abruzzo che erano lì, di fronte. La sensazione di poterli toccare con la mano, e vedere, sotto di noi, una gola profonda, accompagnata da veli di nebbie a significare il mistero dei luoghi, scendeva, sulla destra dell’antico centro della cittadina di origine slava, per tuffarsi nel Trigno.
Verso oriente la sagoma non lontana di un altro centro stupendo di origine croata, qual è San Felice del Molise; il tracciato del tratturo Ateleta – Biferno, che passa per Acquaviva Collecroci, il terzo centro di origine croata, e, poi, un mare di onde verdi di boschi sopra una campagna composta di seminativi, viti e olivi che andavano verso Monte Mauro.
Un luogo che ogni molisano dovrebbe visitare per convincersi che il paesaggio è uno straordinario valore di questo Molise, e lo è, per le emozioni che ti dà e, ancor più, per quelle che potrebbe dare a un visitatore invitato domani dai giovani di una cooperativa sociale, Diversessere, che hanno scelto questo luogo come sogno del loro futuro di coltivatori, animatori e promotori del territorio. Un visitatore che, una volta arrivato qui, solo se costretto da richiami più forti, decide di andar via e tornare là dove la solitudine è ancora più sentita stando con un numero di sconosciuti, i paesaggi sono palazzi tutti uguali e i suoni sono rumori assordanti di una frenesia che non trova pace.
Pensare alla possibilità di vedere presto questi luoghi trafitti da chiodi giganti, come i pali eolici, e di sentire il rumore violento delle pale che girano, mi porta a ripensare la passione del Cristo sulla croce di una settimana fa. Ora, come oltre duemila anni fa, per colpa di affamati di potere e di soldi, che i governi dell’Europa stanno alimentando, e dei moderni Ponzio Pilato, che si lavano le mani per dare spazio a scempi che segnano la loro identità e quella dei loro figli, visto che feriscono e uccidono il territorio.
Le cento persone che ieri sono riuscite a vivere insieme, con il dialogo e la speranza che venga evitato lo scempio, la sacralità del luogo, non sono poche, ma un’enormità che fa credere che il Molise si può salvare da totem che, pensati qui, appaiono del tutto fuori luogo, portatori di una violenza che si trasformerà in dannazione per chi ha pensato di installarli là dove le aurore e i tramonti si confondono.
Il sindaco di Montemitro, che personalmente conosco come persona a modo, e gli abitanti di questo paesino incastrato su un crinale, che ieri erano dietro le finestre, hanno perso un’occasione a non essere protagonisti quanto me e gli altri di un dialogo sulla necessità, prima ancora che sull’utilità,  di questi pali eolici. Hanno perso, purtroppo, anche l’opportunità di vivere la magia che, con il lento respiro del tramonto, ha  coinvolto me e le altre e cento persone presenti ieri pomeriggio. a Montemitro.
pasqualedilena@gmail.com

 

 

 

 

 

Commenti

Post popolari in questo blog

Nel 2017 il mondo ha perso un’area di foreste grande quanto l’Italia. L’indagine di Global forest watch

Un pericoloso salto all'indietro dell'agricoltura

La tavola di San Giuseppe