CINQUANT’ANNI DOC



Domani, 12 luglio 2013, ricorre il 50esimo del DPR 930 che istituì le Denominazioni di Origine dei Vini, creando un acronimo Doc che presto si affermò come sinonimo di qualità e non solo per i vini.

A firmare la legge, per l’allora governo, il molisano Giacomo Sedati, nella veste di Sottosegretario del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste.

Per ricordare questo importante anniversario lo scorso anno si è costituito un Comitato, voluto dal Circolo Ottavi di Casale Monferrato, che  dedicato a quest’anniversario una serie d’incontri e un libro “Figli dei territori – 50 anni di Doc del vino, una strategia italiana”, curato da Elio Archimede della Sagittario editori di Agliana Terme (At) e presentato alla edizione 2013 del Vinitaly di Verona. Lo stesso editore del trimestrale Barolo & Co, la bella rivista di Ambiente, Enogastronomia e Turismo della quale mi onoro di essere collaboratore, sin dalla nascita, trent’anni fa.

I grandi uomini del vino del Piemonte sono i primari protagonisti di questa legge, in particolare il Sen. Paolo Desana, relatore e primo firmatario della legge, che ho avuto il piacere e l’onore di conoscere e accompagnare alla Settimana dei Vini di Siena nei primi anni di mia segreteria generale dell’Ente Mostra Vini – Enoteca Italiana della stupenda Città del Palio. Ed è proprio questo personaggio insigne del vino a prendere, poco dopo la costituzione del Comitato Nazionale per la Tutela e la Promozione dei Vini a D.O., la presidenza di questo fondamentale organismo, affermando il suo ruolo e le sue finalità proprio nei momenti più difficili, quelli che hanno portato il vino italiano a vivere la qualità dell’origine al posto della quantità. 

 La verità è che il dpr 930 del 1963 ha modificato in profondità la cultura, prima ancora che la coltura, della vite e del vino, che, come si sa, senza soluzioni di continuità lega, come un filo magico, questo nostro Paese, caratterizzando, con i suoi paesaggi e le sue tradizioni, la gran parte dei territori. E questo sin dai primi anni, tant’è che l’acronimo DOC diventa subito sinonimo di qualità, e non solo del vino.

Tanti i ricordi e i fatti personali legati al Dpr 930 del 1963. a partire dall’incontro con un mio maestro Prof. Pie Giovanni Garoglio che mi ha voluto redattore della sua Enciclopedia della Vite e del Vino proprio sui vini a denominazione di origine; la mia tesi di laurea su “i vini a d.o. e i loro vitigni”; il ruolo svolto nei vent’anni e più in un ente e una struttura che avevano come obietti vola valorizzazione dei vini a d.o. e la partecipazione per due legislature, dal 1989 al 1998, al Comitato Nazionale con il Prof. Mario Fregoni e il Cav. Ezio Rivella presidenti.

Cinquant’anni che hanno significato processi fondamentali alla crescita della qualità e dell’immagine dei vini italiani, oggi forte di 330 doc, 73 docg e 118 igt, alla base di quel “Rinascimento” che ha caratterizzato il periodo a cavallo degli anni ‘80/90.

In pratica la nascita di una filosofia o cultura che ha inciso fortemente sulla cultura più in generale, a tal punto da anticipare questioni e temi fondamentali per il futuro stesso dell’Italia. Penso al valore e al significato di territorio, che sono di grande attualità e non ancora patrimonio culturale della politica e della classe dirigente, ai vari livelli, di questo nostro amato Paese e di questo nostro stupendo Molise.

Una verità che la vicenda “Stalla della Granarolo” ha messo in luce dimostrando che la “farfalla molise” è a rischio nelle mani di sprovveduti che non hanno il senso dei cambiamenti profondi di questi anni.

Pasquale di lena

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