R'cucce

di Nicola Picchione

 R'cucce era parte integrante della piazza di Bonefro, come la vasca, il monumento, la farmacia e il bar. Come molti, non cambiava mai marciapiede. La mattina e il pomeriggio, l'inverno e l'estate sempre lo stesso breve percorso per mille volte: dalla farmacia al muro ( " i P'zzetunne). Basso magro, il volto scavato e inespressivo, mai un sorriso. La giacca vecchia indossata anche l'estate i pantaloni rattoppati, il berretto da sciatore di quelli che confezionavano nel dopoguerra i sarti di Bonefro, le scarpe enormi ( mi chiedevo: come fará a sollevarle?). R'cucce parlava da solo, un po' in dialetto un po' in italiano dialettizzato, con una voce aspra e monotona. Parlava di solito dei personaggi più in vista, citava fatti, commentava, criticava. Camminava lentamente, dondolandosi, gesticolando, fermandosi. Guardava verso l'alto girava la testa da un lato come se avesse un interlocutore. A volte uno scarpone rimaneva a mezz'aria e il corpo si piegava all'indietro, per contrappeso: il discorso si faceva un po' più concitato e poi riprendeva la passeggiata col soliloquio monotono.
I più lo ritenevano un po' matto, innocuo. Nessuno, però, tentò mai di prenderlo in giro: nemmeno noi ragazzi che pure non perdevamo l'occasione per farlo con tutti i veri matti del paese ( o quelli che l'opinione pubblica riteneva un po' strampalati).
Qualcuno sospettava che recitasse la parte del matto per poter dire senza conseguenze ciò che pensava. Non era il solo a fare soliloqui, ma nessuno li faceva al suo livello, prolungati, quotidiani, quasi goduti.
A differenza degli altri frequentatori della piazza che si dileguavano al suono della campana di mezzogiorno, R'cucce spariva prima: era solo e doveva prepararsi il pranzo che sembrava consistere sempre in un piatto di paste. Aldo, il barbiere, mi diceva che ne mangiava più di mezzo chilo per volta ( quando aveva bevuto, Aldo sosteneva che ne mangiava almeno un chilo per volta).
Mi diceva anche, Aldo, che R'cucce era gentile e intelligente, bastava non insospettirlo o prenderlo in giro per parlare con lui. Era anche colto, aggiungeva, e conosceva a memoria i nomi di tutte le capitali d'Europa e anche dei mari e degli stretti europei. Mi disse anche che durante la grande guerra aveva salvato un soldato ferito, uscendo con pericolo dalla trincea.
R'cucce era sempre solo con se stesso e non so se si fosse creato un compagno immaginario - una specie di angelo custode - al quale affidare le sue considerazioni.
Una volta, tornando in vacanza, non lo vidi piú. Mi dissero che qualcuno lo aveva investito. Non fu un dramma per nessuno. Non so in quale parte del cimitero sia sepolto. Non posso nemmeno cercarlo: non ne ho mai conosciuto il cognome e stranamente per quei tempi non aveva un soprannome. Era R'cucce e basta.

Nicola Picchione

Commenti

  1. ANNARITA RICCI BARBINI9 aprile 2013 alle ore 10:42

    ricordare....ricordare e saperlo esprimere e' un gran privilegio

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