LA PALMA DI IVANO



A vederla, alta con la sua chioma raccolta, è una palma come tante altre.

Ma non è così e questo perché ha una storia da raccontare, quella che Ivano ha raccontato a me, per puro caso, l'altro giorno, mentre stavamo in macchina per andare, con Ettore e Luciano, a gustare del buon pesce al retro bar di fronte allo zuccherificio, Pit Stop, gestito dal buon Nereo e sua moglie con Pardo Iacobelli di Larino ai fornelli.

Ivano, di origine abruzzese, approdato a Larino al seguito del padre che lavorava per la Lodigiani, ha, nella sua gioventù, irato per il suo lavoro di autista, nei paesi arabi e, poi, in Africa,dov'è rimasto per qualche anno in Libia.

Ivano ha, come la gran parte degli abruzzesi e dei molisani, la dote di fare amicizia con tutti.

Nell'agosto di trent'anni fa (1983), quando stava per tornare in Italia per sposarsi, un suo amico libico, uno dei tanti che lavorava nei giardini imperiali di Gheddafi a Bengasi, gli ha voluto donare un vasetto con una palma da poco nata. Più che un regalo di nozze il dono aveva il significato della reciprocità (l'atto che rende civili e nobilita gli esseri umani amcor più della solidarietà), cioè la riconoscenza per la ciliege che Ivano gli aveva portato da Larino in uno dei suoi tanti viaggi.

Ora quella piccola palma è alta ed è lì su una piccola collina coperta di case e la puoi vedere  sulla destra, nella curva dopo l'hotel Europa, se arrivi da Termoli. Lì, a ricordare una storia di trent'anni fa che, così come da me raccontata sembra niente, e che invece, parla di Ivano e dei tanti Ivano migranti alla ricerca del lavoro con la paura dei luoghi sconosciuti e delle persone diverse, ma con il cuore aperto all'altro per superare ogni diffidenza che sempre apre al sospetto, rancore, inimicizia, insopportazione.

Al posto di questi difetti che limitano la bellezza della vita, grazie a Ivano, è cresciuta  una palma, la palma di Ivano, che, non a caso, è diversa da tutte le altre, anche da quelle che spuntano dal vivaio non lontano.
 

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