L’INCAPACITÁ DI FARE E LA CAPACITÁ DI DIRE
L’altro giorno, con la nostra nota “I giorni della merla”, abbiamo sottolineato le esagerazioni dei media sul gelo che stava per arrivare. Un tormentone peggiore del delitto di Avetrana o del disastro della Costa che, a noi venti come a tutti gli italiani, ha stufato. Tutti meno uno, il sindaco di Roma, per la semplice ragione che non aveva dato peso più di tanto a questo tipo di informazione. Anzi, quando ha saputo dalla protezione civile che anche Roma sarebbe stata colpita da una nevicata (a detta sua)  di 3,5  non ci ha posto l’attenzione dovuta, tanto da rassicurare i suoi collaboratori di stare tranquilli.
A Roma, come nel resto del centro – sud, la neve ha superato i 3,5 cm. previsti ed è successo il finimondo, con Alemanno che se l’è presa con la protezione civile, la provincia di Roma (di centro sinistra) che non liberava il raccordo anulare ed anche con il Padreterno (non l’ha detto  per non farsi sentire dal Vaticano) che l’ha abbondato più del necessario.  

Una vittima, come ha cercato di far credere, di poteri occulti e non delle sue scarse o nulle capacità. Visto, però, che non è il solo, si deve prendere atto che per occupare posti importanti (Alemanno ha fatto anche il Ministro agli inizi del 2000) bisogna essere incapaci o solo capaci di distruggere quel poco che rimane di questo nostro Paese. 
I romani, scioccati da una tragica vicenda e ritenendolo particolarmente bravo per il suo passato di picchiatore fascista, l’avevano eletto più che a sindaco a fare lo sceriffo della capitale. Forse è per questo che, quando c’è lui, Roma si è trasformata tanto da ricordare il Far West. 

Leggendo qua e là, questa volta via internet, siamo rimasti colpiti dalla lettera che il consigliere Petraroia, non come iscritto ma nella sua veste di vicepresidente di una commissione permanente del Consiglio regionale del Molise, indirizza al Segretario ed al Presidente del PD, Bersani e Bindi. In questa sua lettera Petraroia riprende il tema della questione morale affrontata da Berlinguer trent’anni fa, con la gran parte del Pci e la quasi totalità della Cgil (dobbiamo credere tutti meno Petraroia, allora metalmeccanico) che si sono fatti una crassa risata. 
Il richiamo alla questione morale di Berlinguer è per chiedere l’espulsione del  tesoriere della Margherita, attuale senatore del PD, Lusi, protagonista di una vicenda tragicomica che non ha fatto sorridere Rutelli e neanche la sua ombra molisana.  
Non so se vi siete resi conto che questo figuro (purtroppo non il solo) siede al Senato grazie alla legge porcellum ed al Partito Democratico che l’ha scelto. Una legge che rimarrà intatta se va avanti il silenzio che ammanta la politica e i partiti di questa nostra Repubblica. 
Noi venti, costretti ad ascoltare tutto, siamo a conoscenza di militanti e dirigenti del PCI che, dopo aver lottato  tutta la vita per un mondo migliore, si sono rifiutati di entrare e far parte del PD. Una scelta dura, ma necessaria per non essere complici del carrierismo imperante e delle logiche che sono alla base della pessima considerazione che hanno i partiti, e, soprattutto, dell’abbraccio del PD al liberismo, proprio nel momento in cui il sistema mostrava i suoi primi crolli, vedeva e vede il liberismo infausto protagonista. 
Il vice presidente della commissione consigliare, Petraroia, ha fatto la scelta di essere militante e dirigente di questo nuovo partito per modificare (ne siamo certi) dall’interno le contraddizioni,  ricordando la sua milizia politico-sindacale e Enrico Berlinguer, “ormai – come giustamente ci tiene a sottolineare - rimosso e dimenticato”.
Se è, come egli scrive e noi siamo d’accordo con lui, allora perché continua a militare nel partito dei Veltroni e dei Fassino, che hanno scritto libri per criticare questo grande uomo e straordinario dirigente politico e perché continua a  vivere in compagnia di amici che pensano solo a fare carriera a scapito dei bisogni dei molisani e del Molise?  
Se è vero quando scrive “rifiutai i contatti dei potentati locali della DC che prefiguravano una vita col vento alle spalle anziché in faccia”, noi che siamo venti abituati a soffiare in faccia alle persone, soprattutto se da noi stimate, gli consigliamo di non fermarsi a dire ma a fare quello che è più giusto fare.  Per rispetto di Berlinguer, che, come si sa, aveva non solo un debole per la moralità  ma anche  per la coerenza.  
A vòreie

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