DICHIARARE IL 2012 “ANNO SABBATICO PER L’AGRICOLTURA ITALIANA”

Ho letto con molto interesse, anche se con qualche giorno di ritardo, l’articolo riportato da Teatro naturale del 28 gennaio u.s a firma di Giuseppe Politi, Presidente della Cia, con il titolo “Che fare?”.  Concordo pienamente con il suo ragionamento pacato nel far  capire “i reali motivi delle difficoltà” che vive l’agricoltura italiana e lo trovo molto chiaro e convincente nella individuazione delle soluzioni con le tre priorità indicate.

Soluzioni pienamente condivisibili come prima dicevo, ma non sufficienti per provocare quel cambiamento di cui l’agricoltura ha urgente bisogno per sé e per la crisi più generale che, nonostante le pezze dei sacrifici imposti dall’attuale governo, vedono il vestito a rischio di nuovo sfilacciamento.
Il ragionamento, soprattutto quando è importante e significativo come quello fatto dal Presidente Politi, ha bisogno di uscire fuori dall’angolo della dialettica e trovare il modo per incidere una realtà che, personalmente, trovo paralizzata dalla paura e dal silenzio. E questo dal momento in cui (2004) la crisi ha mostrato la sua natura strutturale anticipando di qualche anno la crisi più generale.
C’è bisogno, è vero, non di contrapposizioni o divisioni e, meno che mai, di palliativi, ma di pensare e programmare azioni che facciano uscire il mondo dell’agricoltura da questo stato di paralisi e di marginalità culturale, per renderlo, con i suoi produttori, protagonista davvero di cambiamenti profondi di cui ha bisogno l’agricoltura.
Pensare, per esempio, a una agricoltura sempre più biologica prendendo come riferimento un territorio grande quanto una provincia o una regione e non la semplice dimensione aziendale: 1. per capire meglio lo strapotere dell’agrochimica e dell’agroalimentare e  le ragioni dell’impoverimento dei produttori che sono sempre più nelle mani delle banche;
2. per dare una prima risposta al mercato (la seconda delle tre priorità indicate da Politi), adeguando l’offerta alla crescita costante della domanda e, così,  far acquisire alle aziende quel valore aggiunto di cui ha bisogno l’agricoltura per attirare( la prima priorità) l’attenzione e l’interesse  delle nuove generazioni.
Torna il sogno di qualche anno fa da me vissuto con l’amico Ro Marcenaro, e cioè quello di trasformare la grande azienda di cui ero allora responsabile in un Parco Agricolo che, se non fosse stato interrotto, poteva diventare  l’esempio per l’intera regione, il mio Molise.
C’è bisogno di sogni perché solo una visione che va oltre la realtà, il momento che viviamo, è in grado di portarci fuori dalle macerie della crisi e farci tornare a respirare. C’è bisogno di azioni capaci di attirare l’attenzione, senza la necessità di fare grande rumore, e di incidere per ridare alla dignità del mondo dell’agricoltura ed ai valori autentici che esso esprime quella forza che serve per renderlo protagonista di proposte e di cambiamenti.
In questo senso il mio invito (articolo pubblicato da Teatro naturale del 4 febbraio scorso) a dichiarare il 2012 anno sabbatico per l’agricoltura italiana.
 Un anno di riposo e di riflessione da utilizzare per dare spazio a partecipazione e dialogo, darsi l’obiettivo del biologico così come sopra indicato, e trovare tutt’insieme idee da trasformare in progetti, iniziative, risultati utili a rilanciare la centralità dell’agricoltura e a dare ai produttori quel potere contrattuale che oggi non  hanno.   
pasqualedilena@gmail.com








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