L’OLIVICOLTURA MOLISANA PERDE TERRENO


Pasquale Di Lena informa
Meno 73 ettari di superficie olivicola nel Molise nel 2010/2011 di fronte a un aumento di ben 43.000 ha a livello nazionale, grazie soprattutto agli oliveti impiantati in aree un tempo marginali per questa coltivazione. Soprattutto nelle Regioni del Nord che, per ragioni climatiche, nel passato non hanno posto interesse a questa coltivazione. In questo senso un allargamento della superficie in Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia e Friuli V.G., che hanno sempre avuto una presenza dell’olivo, e nuovi impianti in Piemonte che cominciano a dare primi interessanti risultati.
Una perdita di superficie per l’olivicoltura molisana che deve preoccupare perché  ha più il senso dell’abbandono che il risultato di una situazione congiunturale.
Il Molise - si diceva - registra una diminuzione di superficie  e, nell’annata 2010/2011, una  perdita  notevole anche di produzione,  con 5.960 tonnellate di fronte alle 6.100 dell’annata precedente. C’è di più. La raccolta 2011 parla di un’ulteriore contrazione della produzione, mentre si vanno registrando risultati migliori nel resto dell’Italia.
Una situazione per niente bella, soprattutto se inquadrata all’interno di una situazione olivicola nazionale che, a nostro parere, sta vivendo una fase di passaggio e, come tale, molto delicata sotto ogni aspetto, in particolare quello della sopravvivenza dell’olivicoltura nelle realtà più a rischio, come sono le aree interne e le regioni meridionali, in particolar modo il nostro Molise.
Ecco perché diciamo che c’è da essere preoccupati di questi dati. Essi sono la cartina al tornasole della crisi generale dell’agricoltura molisana, che, ancor più che altrove, pesa fortemente sulle aziende e della perdita di territorio  a vantaggio di altre scelte.
Non si sbaglia a pensare alla cementificazione selvaggia; al sacrificio di oliveti per impianti eolici e campi solari o, peggio ancora, alla estirpazione per la mancanza di reddito dell’olivicoltore, che, ormai da tempo, non ha una risposta di reddito dal suo olio e ciò, soprattutto, per colpa dei prezzi che l’olio molisano spunta sul mercato e, non sempre, per colpa dei soliti cattivi.
Un quadro deprimente che si presenta proprio  nel momento in cui sono cresciute le iniziative di immagine dell’olio extravergine  di oliva molisano ed è nata una cultura nuova dell’olio che coinvolge sempre più la filiera e i consumatori. 
Una nuova cultura che, però, si scontra con i processi negativi avviati da anni di cattiva politica che, ora, sono tanta parte dell’allarme lanciato da questa nota, che ha senso se riesce a stimolare un minimo di attenzione tra quanti vivono e sono coinvolti da questo mondo dell’olio. Prima di tutti gli olivicoltori e le istituzioni ai vari livelli, ma, anche, il mondo dell’agricoltura e della trasformazione, gli stessi consumatori.

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