11.11.11

È una combinazione perfetta quella che capita nel giorno di San Martino, il cavaliere che si è spogliato del suo mantello per riparare dal freddo i poveri, ma che non viene ricordato per questa sua generosità e capacità di spogliarsi delle ricchezze, come San Francesco d’Assisi, in un momento in cui questi esempi, se ripresi da chi oggi è ricco o straricco, farebbero tirare un sospiro di sollievo ad un Paese in crisi ed alla povera gente di questo Paese che è sempre più povera e più numerosa.

Viene ricordato, per fortuna, per il fatto che il giorno 11.11 è il giorno in cui ogni mosto diventa vino, cioè ha completato la sua fermentazione appagando i fermenti  affamati degli zuccheri dell’uva pigiata. U grande giorno, anche senza il terzo 11 riferito all’anno, perché è il giorno che sta a significare la fine di un processo essenziale per avere la bevanda più deliziosa qual è il vino. La bevanda che più ci appartiene perché è parte di noi, cultura, paesaggio, tradizione, cultura e memoria e, anche, senso vero di sobrietà, visto che l’eccesso ubriaca e, a volte, può portare perfino alla follia.

Non solo 11.11.11, oggi è anche venerdì, a significare davvero un giorno magico, sperando che lo sia per tutti quelli che hanno oggi bisogno di solidarietà perché anziani; operai senza lavoro o in cassa integrazione; precari;  giovani che pensano di andar altrove a trovare il proprio futuro; coltivatori e pastori che rischiano di essere cacciati dalla propria proprietà; malati e diversamente abili che hanno bisogno di cure, e altri, come gli uomini di cultura e di teatro, i ricercatori. Solidarietà di cui ha forte bisogno, soprattutto in questo momento, questa nostra Italia e la terra  che viviamo, che, da tempo, si piega sul proprio asse per i troppi pensieri e le stupide violenze dell’uomo.

Non è il giorno della fine, ma, a nostro parere,  dell’inizio della ripresa di un percorso, anche se ci sarà, per un po’ di tempo, tanta, tanta confusione. La rimozione di un ostacolo non basta, c’è bisogno di toglierne più di uno. Se si pensa allo stato di crisi che vive la nostra agricoltura e, con essa, i mille territori che la esprimono con le eccellenze Dop e Igp, Doc e Docg, c’è da dire  che il suo abbandono è diventato un ostacolo e non di poco.

Una crisi, quella del settore primario, che ha anticipato di tre anni la crisi generale e questo deve pur significare qualcosa per chi  vuole governare e non ripetere l’errore di una dimenticanza grave, che ha bloccato il futuro e portato il Paese nel baratro dal quale bisogna comunque risalire. Una risalita possibile se la politica e chi vuole governare prende in seria considerazione l’agricoltura e la riporti a quel ruolo di centralità anche per contrastare lo strapotere della  finanza. 



È urgente chiudere un periodo buio della storia recente di questo nostro Paese e la speranza è che torni il dialogo, la calma, ma che non sia bonaccia, e che si cominci a pensare al fondamentale ruolo dell’agricoltura quale fonte di cibo, di ambiente (le ultime alluvioni sono anche il segno dell’abbandono dei territori), di paesaggio, cioè di cura del territorio; alle risorse vere che abbiamo e che dobbiamo solo promuovere e valorizzare.

Una speranza che ci è data proprio dalla felice combinazione 11.11.11, numero magico astrologicamente perché è il segno della forza, della volontà, dell’ostinazione, della possibilità di farcela, ripetiamo, solo se si torna a pensare all’agricoltura.

pasqualedilena@gmail.com

Commenti

Post popolari in questo blog

Nel 2017 il mondo ha perso un’area di foreste grande quanto l’Italia. L’indagine di Global forest watch

Un pericoloso salto all'indietro dell'agricoltura

La tavola di San Giuseppe