A BONEFRO, UN MONDO DA VEDERE


C’è un mondo da vedere a Bonefro, all’interno del convento recuperato nella metà degli anni ’90 e trasformato in un importante contenitore culturale di livello nazionale e internazionale.

Dopo l’inaugurazione della sala dedicata al grande pittore bonefrano Domenico Baranelli, ricavata dal recupero della vecchia chiesa che spazia su un paesaggio di colline che portano al mare, la bella mostra di fotografie di due appassionati figli di Bonefro, un paese caratteristico e particolare, di gente speciale, che vivono in Toscana.

Il primo è Guido D’Onofrio, che, dopo il diploma di perito agrario a Larino, ha iniziato a girare il mondo per lavoro, rimanendo incantato dalle meraviglie che il mondo esprime ovunque, nel bene e nel male;

Il secondo è Nicola Picchione, medico, bravissimo cardiologo a Firenze, appassionato della fotografia (solo una delle sue tante passioni), che diventa il suo modo di raccontare ad altri le sue emozioni per la propria terra, per la natura e, soprattutto, l’uomo con le sue mille contraddizioni.

La mostra, con i quadri che occupano tre delle quattro pareti interne del cortile del convento, inizia con le 45 foto di Picchione. La prima è un omaggio alla sua Bonefro innevata ed alle mamme vestite di nero, riprese di spalle, mentre (non si sa) stanno facendo la calza, o pulendo fagiolini, ceci, o, anche, solo raccontando di un passato lontano di sacrifici e di dolori, di fatiche per la casa e la campagna.

Due foto belle e significative che aprono un discorso che da Bonefro porta al Molise, a Firenze, nel Lazio e in altre regioni italiane o nel resto del mondo, in particolare nell’India raccontata da una serie di ritratti di uomini e donne vestiti di colori sgargianti a riportare quelli di una terra solcata da fiumi e corsi d’acqua. Risorse fondamentali che stanno rischiando di sparire per colpa di progetti presentati da multinazionali che vogliono accaparrarsi, per il vil denaro, l’acqua, non preoccupandosi che così cambiano, in peggio, il destino degli uomini che, non a caso, a quest’acqua hanno dato il significato della sacralità.

A seguire, senza soluzione di continuità, le foto di D’Onofrio, che riprendono aspetti dell’India per poi volare sui particolari del Nepal o del Tibet, della Bolivia o della Nigeria, della Thailandia o del Madagscar e di altri Paesi lontani che l’autore ha visitato e, in molti di essi, lavorato e vissuto.

Particolari di un fossile o di una pianta; di un paesaggio o di un tempo; di una festa o di un costume, di una terra segnata come l’argilla dopo una pioggia.

Uno straordinario mondo che vale la pena vedere in questi giorni (fino al 20 Agosto) che ancora restano dell’apertura della mostra, e, nell’occasione, avere la possibilità e il piacere di poter incontrare i due autori che, oltre a fotografare, sanno anche raccontare tutto quello che hanno visto e impressionato in una foto.

pasqualedilena@gmail.com

Commenti

Post popolari in questo blog

Nel 2017 il mondo ha perso un’area di foreste grande quanto l’Italia. L’indagine di Global forest watch

Un pericoloso salto all'indietro dell'agricoltura

La tavola di San Giuseppe