LE BASI PER UN TURISMO DI QUALITÀ


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Dicevo dell’acqua. Solo se ne comprendiamo tutto il valore saremo in grado di organizzare, proteggere, tutelare, spendere, le nostre deliziose acque.
Un pari discorso è quello rivolto, ripeto, alla nostra agricoltura ed alla ruralità, all’ambiente che essa anima ed esprime.
Con l’acqua l’agricoltura molisana è in grado di dare un valore aggiunto straordinario, con la possibilità di produrre cibo di eccellenza e, nel contempo, di preservare il paesaggio e l’ambiente, gli altri due valori a rischio nelle mani di chi pensa solo al profitto. Valori che, tutt’insieme, sono in grado di attirare non i grandi numeri ma la qualità delle persone che il Molise vuole ospitare.
Agricoltura, ruralità e turismo e l’insieme delle attività che sono in grado di attivare nel campo dei servizi e dell’artigianato, dell’educazione e della informazione, sono sufficienti per far vivere il Molise e, così, salvaguardarlo dalla stupidità degli uomini che, soprattutto in questi ultimi tempi, sta mettendo a rischio le sole risorse che il Molise ha, a partire dalla sua immagine sempre più imbrattata da gente senza scrupoli, criminale, nel momento in cui, con le sue scelte, mette a rischio la salute dei molisani e, insieme, il futuro del Molise.
L’inquinamento dell’acqua è solo un segnale dei rischi di immagine che vive questa nostra regione, ma, anche, della perdita di occasioni nel momento in cui si lascia tutto in mano al caso o a quelli che la vogliono solo per fare affari.
Non si può fare la fine dell’ingenuo indiano di un tempo lontano, quello con il cerchio al naso che scambia con il bianco la sua pietra preziosa accontentandosi di ricevere come ricompensa il culo di una bottiglia rotta.
Sta succedendo questo con il solare, la biomasse e l’eolico, in mano ad amministratori poco accorti e, qualche volta, anche interessati, che, approfittando della situazione dell’agricoltura e dei problemi, tanti e pesanti, dei coltivatori, regalano il nostro territorio a “imprenditori” che, dopo averlo cementificato e non aver offerto se non qualche posto di lavoro in cambio di ingenti risorse pubbliche investite, si caricheranno dei profitti per andarli a investire altrove, lasciando a noi molisani la fine sciocca del povero indiano che si specchia nel culo di bottiglia.
Un processo di espropriazione reso possibile dalla crisi dell’agricoltura e dalla poca prontezza di riflessi da parte di chi, ai vari livelli, pubblico o privato, ha le responsabilità di trovare e offrire soluzioni alternative per bloccare la fuga in atto dalle campagne.
Il tempo rimasto è poco, ma ancora sufficiente se si ha volontà di chiudere la stalla ora che ancora una parte degli animali sono ancora dentro e non quando sono già scappati. Sapendo che quando sono scappati tutti c’è da registrare la fine di un mondo, quello contadino, forte di un patrimonio di conoscenze e di valori che è quasi impossibile ricreare dal nulla. Un patrimonio enorme che ci appartiene e che, oggi, spetta a ognuno di noi difendere e non solo al piccolo, medio o grande produttore, fissando un’alleanza che, con gli acquisti eco-solidali si è già attivata, quella tra produttore e consumatore, indispensabile per recuperare culturalmente l’agricoltura e, con essa, il territorio, il grande contenitore di tutte le nostre ricchezze e della stessa nostra identità.
Un patrimonio enorme che rischia di diventare poca cosa se va avanti la sua appropriazione, il più delle volte indebita, proprio ora che c’è più bisogno di produrre cibo, di vivere e far vivere la nostra cultura, le nostre tradizioni, di spendere i nostri ambienti ed i nostri paesaggi, la nostra biodiversità e le nostre bontà. Un insieme di risorse e di valori che spiegano la ricchezza di un patrimonio che il territorio esprime. Bisogna bloccare questo processo che toglie il futuro alle nuove generazioni per renderle, invece, protagoniste di cambiamenti capaci di dare un nuovo significato e senso alle stesse parole.

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