COMUNICARE PER COSTRUIRE, CREARE

Leggendo qua e la' n. 160 -


Non è importante fare gli auguri, a Natale o Capodanno, visto che basta scrivere quattro parole per farle recapitare in tempo reale al destinatario, anche quello che hai trascritto nella rubrica del cellulare o del computer e neanche ti ricordi chi è.
Importante è rispondere a questi auguri, citando nome e cognome del mittente in modo da rendergli omaggio e farlo sentire un po’ in colpa per l’invio multiplo che non gli ha permesso di pensare a te ma a tutti che, nel caso specifico, vuol dire nessuno.
La comunicazione è un fatto centrale della società globalizzata se viene, però, considerata nel modo giusto e non maltrattata o, peggio, dimenticata.
Chi non risponde agli auguri ricevuti e non personalizza questa sua risposta non apre al dialogo, ma parla al vuoto, a chi non c’è, al pari di chi ti manda il messaggio che invia a tutti. Salvo se non c’è un allegato, cioè un documento che porta a riflettere, a pensare, anche quando l’idea che ti viene, nel momento in cui l’hai letto, è quella di cestinarlo.
Parlando di comunicazione c’è da dire che, in questo nostro Molise, è rimasta solo quella del giro o della vasca, là dove ancora esiste il paese, con la strada principale e la piazza. Il giro, cioè il grande teatro della vita dove ognuno si sentiva protagonista di una parte, la sua, ma che aveva senso perché doveva recitare questa sua parte per confrontarla con altri protagonisti di altre parti, non importa se sciocche o importanti, anch’essi destinati a recitare ognuno la propria parte nella commedia della vita. Oggi, quando non è tragedia, è farsa, situazione paradossale, equivoca, come i personaggi che la animano, a partire da chi governa questo Paese e la massa dei comprimari, una moltitudine di incapaci e di persone obbrobriose a cui è data la possibilità di apparire, fare scena, con il risultato drammatico, di produrre solo danni.
Comunicare, oggi, alla rinfusa senza un ordine, si rischia di disturbare il silenzio, di perdere e far perdere tempo. Comunicare, invece, le proprie idee, i propri pensieri, soprattutto i sogni, vuol dire dare vita al racconto e, così, stimolare il racconto degli altri. Se non lo fai sei un maleducato, cioè uno educato male alla realtà che si vive, come essere fuori dal tempo, isolato, inutile.
Le piccole o grandi manifestazioni degli studenti esprimono comunicazione, e la esprimono a così alto livello che i protagonisti fanno presa e ricevono applausi, non permettendo a poveri di spirito o di mente, come tanti nostri ministri, di strumentalizzarla.
Comunicano le proprie idee, i propri pensieri, i propri sogni, a differenza degli altri che non fanno altro che comunicare la propria avidità e la propria sete di potere, l’incapacità di esprimere un pizzico di libertà e di democrazia, perché capaci solo di essere servi.
Prendiamo la vicenda - speriamo senza pesanti conseguenze per tutti noi del Basso Molise - dell’acqua inquinata e vediamo che la ragione prima di un danno alla salute dei cittadini è nella incapacità di comunicare dei soggetti che lo dovevano fare, non importa se amministratore o impiegato.
Nell’era della conoscenza e della comunicazione degli strumenti più sofisticati dove, sembra, che tutti parlano a tutti, non è partito il messaggio e, quando è partito, non è arrivato, o, è arrivato con un tempo maggiore di quando c’era il postale e si usava il piccione viaggiatore.
Incredibile! Ma non è così se si torna all’inizio del nostro discorso, quello degli auguri spediti male, spesso anche senza firma, o non oggetto di risposta, perché già stanchi della spedizione multipla o della ricerca di una selezione dei nominativi. Cioè della scarsa o nulla capacità di comunicare, a differenza del passato quando vigeva il rispetto e la voglia di dialogare, raccontare, ascoltare, cioè comunicare.


A voreie

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