I GIOCOLIERI DELLA POLITICA LARINESE

Leggendo qua e la' n. 137 -


Noi eravamo convinti che l'assessore Quici avrebbe dato l’altra sera le dimissioni, approfittando del consiglio monotematico sulla sanità. Eravamo convinti perché lo conosciamo come uomo di fede e di parola che aspira al Paradiso e non vuole che vi siano ostacoli lungo questo percorso che, un giorno -gli auguriamo il più lontano possibile - lo porterà alla porta di questo giardino incantanto dalla luce del Signore e dal soffio, il più delicato che c'è, dell'eternità.


Eravamo convinti anche perché uno per una carica di assessore non rischia l'impegno preso davanti al vescovo di Termoli-Larino, che sulla questione dell'ospedale di Larino non ha mai speso una parola. Sembra che, quest’ultimo, abbia deciso di parlare, come ha fatto l'assessore Velardi, quando i rischi riguarderanno anche Termoli.


L'assessore Quici si è guardato bene di ascoltare la propria coscienza, sapendo che Giardino le dimissioni non le avrebbe mai accettate, convinto com’è che non può rimanere da solo a sopportare le pressioni di Iorio, del Comitato e del resto dell’opposizione, ad eccezione del rappresentante di Larino viva, che continua a distinguersi con la sua proposta di rilancio dell’ospedale e, cosa da pazzi, a chiedere solo le dimissioni di Quici, Giardino e la sua giunta e non di tutto il consiglio comunale.


Certo che i Puchetti, i Di Bello e i Pizzi hanno dimostrato di essere i giocolieri della politica larinese, i saltimbanchi virtuosi che entrano e escono dal comitato “proVietri”, una specie di S. Vincenzo benedetta da tutti, anche da Urbano e da chi lo consiglia e lo guida in questo suo difficile compito di difensore di chi continua a sfruttare Larino per spolparne anche l’osso.


Avevano, a fatica, ma erano, comunque, riusciti a vincere le resistenze interne alle proprie coscienze, a firmare un manifesto e, dopo aver ritardato l’affissione per oltre due settimana, a farlo affiggere. Sono stati sufficienti due giorni per smentire (parliamo di Pizzi, Buchetti e Di Bello, e non di Cataffo) il manifesto che avevano firmato e chiedere le dimissioni di tutto il consiglio comunale e non solo più di Giardino e della sua maggioranza. Come dire siamo tutti uguali e non possiamo distinguerci da chi in questi oltre due anni di governo dalla città ha fatto la fila sulla bifernina per andare a prendere gli ordini da Iorio per il nostro ospedale. Ordini puntuali presi anche per noi che siamo opposizione solo quando c’è da far fuori chi vuole una Larino libera da servi, maneggioni, libera da invasori, che l’hanno portata alle condizioni di difficoltà che vive da anni grazie alla classe dirigente che si ha dato l’arte della intercambiabilità, cioè, della possibilità di sostituirsi a chi governa per fare le stesse cose e non cambiare nulla.


Ecco perché non hanno bisogno di idee e di pensare, ma solo di mantenere la rotta impostata 40 anni fa dalla classe dirigente dei D’Aimmo e dei Lapenna, che ha ridotto a poca cosa questa splendida città, un tempo capitale dei frentani.


Noi pensavamo che avessero mantenuto quel minimo di pudore che è servito, fino ad ora, a non farsi scoprire di essere i possessori dell’arte del trasversalismo e dell’inciucio, ma, evidentemente, non potevano rimanere ancora al coperto, una volta che, se coerenti con il loro ruolo attuale di oppositori e con la richiesta delle dimissioni di Giardino e compagni, avrebbe potuto produrre effetti devastanti per loro e per i loro padroni a livello regionale.


Sta qui la ragione della non necessità di fare iniziative e di avere una strategia che possa portare a pensare a un vero cambiamento. Un cambiamento? Ma siamo pazzi? Queste sono richieste assurde che solo un’associazione rompicoglione e insistente, come Larino viva, può fare. Non ha niente da perdere, diversamente da noi che solo sulla carta facciamo opposizione, ma, in pratica, governiamo insieme a Giardino, Quici, la tanto onorevole De Camillis, Urbano e soci, sacrificando l’ospedale.

Un’ospedale in più, uno in meno che vuoi poi che importi per Larino, nel momento in cui c’è chi ha già deciso che deve finire?


A voreie, 28 luglio 2010

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