I FUOCHI DI PAGLIA

Noi che abbiamo sempre avuto rispetto di chi si anima e vuole animare la piazza, sappiamo bene qual è la differenza tra protesta e lotta, tra contestazione e proposta, tra il dire che le cose non vanno e il pensare come bisogna cambiarle.


La protesta è un atto di ribellione fine a se stesso, che non porta da nessuna parte, se non a dimostrare che uno esiste ed ha da dire qualcosa, che non è d’accordo con le scelte fatte.
Il più delle volte la protesta, proprio perché inconsistente e solo piena di parole, porta alla rassegnazione


Essa non preoccupa più di tanto i protagonisti delle scelte, chi le ha fatto e, anche, chi le ha condivise e sostenute (i complici), perché sa che è fine a se stessa, un fuoco di paglia, anche quando si ripete e fa pensare che può incendiare il mondo.


Basta vedere la tranquillità con cui continua a governare Iorio con i suoi Velardi, e i lamenti sottili dell’opposizione, come noi quando entriamo in una casa attraverso uno spiraglio (nu singhe de porte), talmente sottili che nessuno se ne accorge, ma come gli spifferi fanno male a chi ha dato loro fiducia.


Basta vedere Giardino e Quici, i principali responsabili delle sorti che vive l’ospedale e di quello che è successo da quando sono al governo della città di Larino che, mai, hanno dimostrato di provar vergogna per la fine dell’ospedale e, quando la protesta non c’era, se la sono creata, soprattutto per isolare l’opposizione, quella che si era permessa di fare delle proposte necessarie per organizzare la lotta.


Basta vedere, anche, il comportamento dei singoli assessori ( ad eccezione di Pontico), del capogruppo e degli altri consiglieri comunali di maggioranza, che neanche si sono posti il problema della fine del Vietri, compreso Urbano, l’uomo dal dito sempre puntato in direzione sbagliata, e, Pascarella, il giovane coraggioso, che litiga con il Sindaco, e di brutto, in pieno consiglio comunale, ma si guarda bene dal lasciare la delega, sapendo che il sindaco non avrà mai il coraggio di toglierla.


Invece, diversamente della protesta, la lotta preoccupa, per il fatto che essa ha il duplice significato: quello di una dura risposta alla situazione che si è creata per inadempienze, incapacità, politiche errate e quello di avanzare proposte, far presenti soluzioni possibili per uscire dal pantano e salvare una situazione che rischia di precipitare.


La lotta, cioè, non è mai il frutto di una improvvisazione, ma, sempre, di un ragionamento politico di chi è libero da ogni condizionamento e servilismo ed ha chiara l’analisi di una realtà. Chi si pone la domanda “che fare?”, per darsi così gli obiettivi possibili da raggiungere, necessari per creare un’alternativa, che apra e non chiuda al futuro.


Se per la lotta c’è bisogno della partecipazione di gente convinta, consapevole delle difficoltà che uno va incontro e dei rischi di una sconfitta; per la protesta basta la sola partecipazione, la presenza fisica e la capacità di fare rumore o una fiammata (na lampe) o più fiammate, per cogliere l’attenzione e avere una ragione da spendere domani.


Senza una convinta partecipazione non si organizza la lotta, ma solo la protesta che, avendo la capacità di contestare questa o quella decisione, porta a pensare che è una lotta. Peccato, però, che è una lotta contro i mulini al vento. In pratica, la protesta o, se volete, la contestazione, ha un po’ il significato della corsa di chi va a chiudere la porta della stalla quando i buoi sono già scappati.


Ma per i contestatori questo non ha alcun significato, l’importante è poter dire “io ci ho provato” , anche se non serve a niente, però ci ho provato.


Intanto, però, mentre chiude l’ospedale la demagogia del protagonismo rimane, per essere utilizzata alle prossime scadenze elettorali, quando tutti quelli che hanno messo da parte il certificato elettorale, soprattutto chi si ritrova, così per caso e contro la propria volontà, candidato, e per questa semplice ragione sarà costretto a chiedere il duplicato.


Per fortuna il fuoco di paglia non lascia carboni, né accesi e né spenti, ma solo un po’ di sporco che vola a seconda di come noi vènti soffiamo in quel momento.


A VOREIE, 23 LUGLIO 2010

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