Caro Luigi,

vedo, con piacere, che il tema degli Ogm coglie più di un’attenzione, con contributi molto interessanti che servono ad animare e, soprattutto, ad approfondire la discussione.
Credo che la tanta invocata ricerca, non ha dato, e continua a non dare, le risposte più elementari, riguardo agli Ogm, ma continua solo a tacciare tutti quelli che, come me, si sono posti, e continuano a porsi, seri interrogativi sulla loro introduzione, di atteggiamento ideologico, che, sinceramente, ha più il significato di una etichetta, che serve per non voler entrare nel merito delle questioni serie.
Quelle, per capirci, che hanno un significato per la tranquillità del consumatore e, non solo, anche per la tranquillità dell’ambiente e del paesaggio, la salvaguardia del territorio che – è bene ripeterlo e sottolinearlo – è il frutto di millenni e tanta, tanta parte della nostra identità, del fatto che siamo capaci di essere diversi da una collina all’altra, non importa se è quella a fianco o di fronte.
Dico questo per ricordare che la nostra identità ha un valore assoluto, soprattutto oggi, quando, per le multinazionali, il cibo è soltanto una merce perché così, e solo così, può passare l’idea che è uguale dappertutto e che le differenze sono un lontano ricordo del passato.
Come dire che si possono annullare i ricordi, i sogni, le diversità e, attraverso la programmazione del cibo uguale ovunque, come un bullone o una lattina di una bevanda che la pubblicità fa consumare per virtù che non ha, livellare anche le colline che ci rendono diversi
Certo, capisco che non è possibile, di fronte al mercato globale, promuovere la bevanda che un tempo dissetava, l’acqua con l’aggiunta di vino. Una capacità, quella di essere una bevanda dissetante, accertata dall’esperienza di chi zappava sotto il sole e non viveva in case con aria condizionata e frigorifero. Capisco che è più facile promuovere e distribuire acqua sporca di qualcosa, che, invece di dissetare, provoca la sete.
Io bevo acqua delle sorgenti che offre il territorio e vino dei vigneti che adornano le colline che conosco da sempre, quando ho bisogno di dissetarmi e cerco di suggerirlo anche agli altri, visto che né il vino e né l’acqua mancano in questo nostro Paese, si possono trovare ovunque.
Non so se chi, appellandosi alla ricerca (l’ho sempre fatto anch’io, soprattutto se pubblica), ed al profitto, si renda conto che, così, rischia di perdere la collina, quella sua e quella che è a fianco o di fronte. Cioè valuta le conseguenze, prima di fare imporre determinate scelte.
Non capisco perché non si chiede e si spiega chi è la multinazionale - ne conosco tre, Monsanto e Dupont con sede in America, e Sygenta in Svizzera - che, per il gusto del profitto, gli sta togliendo la collina, con la sue ombre di luna e di sole, il suo minuto ruscello, le siepi, le sue vigne ed i suoi olivi, i suoi orti e i suoi cereali, che sono, insieme agli animali che le abitano, il nostro patrimonio di biodiversità.
Patrimonio che sta per ricchezza, la vera e sola ricchezza che rende interessante e bella la vita.
In questo senso il mio plauso alla Regione Toscana ed ai suoi amministratori, che, con una legge, spiegano, meglio di tanti discorsi, le ragioni del No agli Ogm di una regione che sa cosa vuol dire la collina e, così, fanno capire che quella stupenda, meravigliosa terra che è la Toscana, richiama, per fortuna, situazioni similari che interessano l’intero Paese, anche quei territori che le colline non ce l’hanno, ma non per questo, non esprimono eccellenze enogastronomiche e identità. Anzi!.
Detto questo dichiaro il mio tifo per il pomodoro “SunBlack”dalla buccia viola tendente al nero, frutto di un incrocio portato avanti dalla ricerca tutta italiana, anzi pisana viterbese, che mette, a disposizione del nostro territorio una marcia in più di quello che già ha. Un pomodoro che offre al consumatore proprietà importanti, come antociani e licopene insieme, due formidabili antiossidanti, che lo arricchiscono di salute e di benessere, oltre che di profumi e di sapori, in santa pace di chi, con la sola ragione di fare soldi, non si preoccupa del benessere del consumatore e del territorio che appartiene al produttore. Quel territorio che le multinazionali, con gli Ogm e i semi brevettati, vogliono sottrargli, barattando il tutto come frutto della ricerca che non si deve fermare, o, anche, come il rischio necessario che porta con sé una invenzione o un cambiamento.
Un prezzo da pagare all’ignoto ed al progresso, dicono, anche se questo prezzo vuol dire lo spreco e la distruzione del solo patrimonio che possiede davvero, il territorio. Un patrimonio che appartiene a me come ad altri, quale bene comune, che sono, oggi ancor più del passato, costretto a difendere non solo dalle multinazionali degli Ogm, ma, anche, dalle scelte di chi vuole rendere libero il territorio da regole e da condizionamenti per la libertà degli speculatori.
Dico, con gli amministratori toscani, che non è questo nostro Paese il luogo degli Ogm, e, pertanto, diventa fatica inutile una loro promozione, se non si vuole distruggere o, anche, ridurre ai minimi termini, il paesaggio, l’ambiente, la nostra agricoltura e le nostre tradizioni, cioè la nostra storia e la nostra cultura che, da millenni, rendono l’Italia punto di riferimento del mondo.
Grazie, Luigi, per l’attenzione e un caro saluto
Pasquale Di Lena

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