L’acqua: bene comune ecologico, sociale e culturale.


L' INTERVENTO DI ANTONIO DE LELLIS
al convegno "acqua e terra: per un futuro Molise"

Problemi e prospettive nel processo di globalizzazione

L’acqua non è una merce ma un diritto. Cosa accade con la privatizzazione? L’acqua diventa “un bene economico”, non più un bene comune “senza prezzo”; diventa quindi un bene mercantile “con un prezzo, che si scambia, vende, acquista, accumula, risparmia in funzione dei costi e profitti che la sua utilizzazione implica. I cittadini molisani subiranno quello che gli altri cittadini d’Italia e del mondo hanno già subito: gravi disagi e difficoltà nell’accesso all’acqua potabile, tariffe più elevate per remunerare il capitale privato e la perdita di un bene comune.

Bene comune. Il bene comune è diverso dal Bene Totale figlio dell’utilitarismo (filosofia ispirata all’evidenza che se uno pensa a sé fa il bene totale perché esso è la somma di tutti i beni individuali). Il bene comune invece è l’opposto. Quindi bene totale è una sommatoria (somma dei beni individuali): se qualche addendo viene eliminato e passa ad un altro la somma non cambia; esso si basa sulla massimizzazione della somma. Bene comune è un bene produttore: “nella logica del bene comune non si può sacrificare il bene di qualcuno anche se così facendo aumento il bene di altri”.
Alla base di questa realtà vi è la lettura di una triplice affermazione culturale che consiste nella separazione o dicotomia tra:
-1) sfera economica e sociale;
-2) sfera lavoro e produzione ricchezza;
-3) mercato e democrazia.

1) Sfera economica e sociale. Nella modernità, ossia dalla rivoluzione industriale in poi, la massimizzazione del profitto, è stata letta come l’essenza dell’economia: “business is business” o “il tempo è denaro” cioè quando si fanno affari non si deve guardare a nessuno. E chi non è in grado di stare al ritmo imposto rientra nella cosiddetta sfera del sociale. Agli emarginati ci pensa il “sociale” attraverso la redistribuzione e la solidarietà. Da qui la separazione tra efficienza e solidarietà: l’etica è rilevante, ma solo dopo aver prodotto, quando si pone mano alla distribuzione della torta. L’etica ha valore solo nella sfera sociale. Da qui l’invenzione europea del “Welfare State” (Stato di benessere). Negli Stati Uniti, al settore “non profit” (fondazioni, enti filantropici, ecc) si dà il compito di pensare a chi non ce la fa. Ma questo basta? No, perché se interveniamo nella sola distribuzione e se questa funziona male le disuguaglianze possono anche aumentare. Nelle regioni italiane (Trentino, Emilia Romagna, Toscana) in cui si è intervenuto anche dal lato della produzione, attraverso le cooperative ad esempio, accade che, mentre si distribuisce, si produce e mentre si produce, si distribuisce.

2) Sfera del lavoro e della produzione di ricchezza. All’origine della ricchezza delle Nazioni c’è il lavoro (Smith). Oggi gli economisti hanno iniziato ad insegnare l’economia dando una visione parziale: non lavorare, ma speculare, se vuoi diventare ricco, ma senza scrupoli morali (separazione tra lavoro e processo generativo della ricchezza).
La crisi che etimologicamente significa transizione è la parola che meglio di ogni altra spiega il presente. Ma essa in gran parte dipende dalla mappa cognitiva e per modificarla ci vuole molto tempo. La cultura speculativa è entrate nelle nostre menti. Se puoi fare a meno di lavorare è meglio perché tanto puoi avere lo stesso risultato per altra via (vedi le nuove patologie sulle dipendenze da gioco).
Persino l’impresa è ormai considerata una merce, prima era una istituzione destinata a durare nel tempo. Se l’impresa è una merce allora deve essere venduta, allora è normale emettere dei derivati che è segno di grande furbizia, allora è normale lucrare sul “capital gain” ossia vendere ad un prezzo più alto rispetto a quello a cui ho comprato l’azienda. La riduzione del lavoro è un mezzo per ottenere una merce più appetibile.
L’evoluzione del lavoro: prima il lavoro era considerato affare di schiavi prevalentemente, con San Benedetto (ora et labora = prega e lavora) la persona per essere libera deve lavorare.
Oggi si è tornati a considerare il lavoro non più parte essenziale della dignità della persona, ma una merce e soprattutto ci ingannano inculcandoci la sostituibilità del lavoro, perché tanto se l’obiettivo sono i soldi allora esistono tanti altri modi per ottenerlo.
Per superare questa ubriacatura occorre fare un grande lavoro di controcultura. Ne è una testimonianza la proposta recente di modifica dell’art. 1 della Costituzione tendente a sostituire la parola “lavoro” con “consumatore”.

3) Mercato e democrazia. Vi è una crisi in atto, ma le analisi sono superficiali. Sostanzialmente si asserisce che il mercato deve essere efficiente, mentre la democrazia ha dei costi (discussioni, tempo). Allora le regole del mercato non possono essere affidate che al mercato stesso. Esempio “Basilea 2” che riguarda i movimenti delle banche e che favorisce le grandi banche stabilendo indici di patrimonializzazione più bassi che spingono a speculare invece che a prestare denaro alle imprese. Le regole se le sono fissate loro (autoreferenzialità del mercato). Le Banche piccole che hanno però avuto i vincoli ed hanno seguito le vecchie regole per scelta, si sono salvate, mentre le banche grandi hanno esagerato. Il mercato deve avere delle regole, ma chi le fissa ? Le regole sono invece proprie del sistema democratico.

Il problema dell’acqua è mondiale. Qual è il contesto economico e sociale dentro il quale matura la scelta inesorabile della liberalizzazione progressiva anche di beni comuni? La condizione globale del pianeta può essere così sintetizzata. 1) La produzione, nei prossimi 30/60 anni, dovrà essere completamente riorganizzata con altre materie prime a causa della scarsità delle attuali, per lo più provenienti dal petrolio e idrocarburi; le grandi imprese, multinazionali, si sono poste questi problemi ed hanno attuato quello che viene definito l’attacco globale che prevede tra l’altro: a) l’occupazione delle aree dove vi sono le materie prime con tutti i mezzi nessuno escluso anche i conflitti ; b) l’occupazione di settori strategici quali le biotecnologie, semi, istruzione, sanità, acqua, che rappresenta la strategia di appropriazione privata delle materie prime future. 2) La crisi economica è strutturale: vi è sovrapproduzione e mancata espansione di nuovi mercati per esempio l’Africa; vi sono forti disuguaglianze sociali, con molti soggetti totalmente fuori dal mercato; l’epoca dello sviluppo generalizzato è definitivamente tramontata, non resta che ricercare la valorizzazione del profitto attraverso la riduzione generalizzata del costo del lavoro (precarizzazione). Per queste ragioni le grandi organizzazioni economiche, multinazionali, puntano ai beni e servizi a domanda rigida (ossia di cui la gente non può far a meno come scuola, sanità ed acqua) e pubblica (ossia affidati in concessione e pagati dallo Stato e/o enti locali). In questo contesto come il sistema delle corporations può continuare ad ottenere profitti? Facendo diventare i beni pubblici, merci: l’attacco globale che questo sistema economico ha sferrato non può fare a meno dell’attacco ai beni pubblici pena la sua estinzione. Tutto ciò è documentabile, ad esempio, attraverso gli accordi generali di Doha e di Hong Kong del W.T.O., (World Trade organizzation - l’organizzazione mondiale del commercio) su scambio di servizi (GATS) e sul commercio, ( GATT: The General Agreement on Tariffs and Trade) prevedono che quasi tutti i servizi ad eccezione della magistratura, polizia, esercito, e servizi anagrafici dovranno essere progressivamente liberalizzati e tra questi i servizi formativi (scuola) i servizi sanitari e sociali (ospedali) e l’acqua. Il particolare Il Fondo Monetario Internazionale (F.M.I.) ha imposto aiuti ai paesi dell’Africa solo in cambio della privatizzazione dell’acqua. Un diritto alla vita (per tutti) diventa, così, un diritto di mercato (per pochi). Su questa tematica di interesse planetario si devono superare gli schieramenti ideologici con forme di impegno significativo ispirati alla Dottrina sociale della Chiesa.
Perché come cristiani non ci possiamo sottrarre? Ecco i quattro problemi planetari legati all’acqua e all’equilibrio della terra.
A) Questione ecologica: bene comune insostituibile per tutte le forme di vita.
B) Questione sociale: grande disparità nella distribuzione e nell’accesso all’acqua potabile.
C) Questione giuridica: il problema idrico è globale , ma non c’è una legislazione globale sull’acqua.
D) Questione etica–spirituale: secondo la logica del mercato ha diritto all’acqua potabile solo il consumatore pagante e non semplicemente l’essere umano cittadino. E’ eticamente inammissibile che imprese private lucrino sul patrimonio naturale e culturale comune fondamentale e insostituibile.
Le questioni esposte impongono l’adozione di tre principi etici: principi della cura, della cooperazione e della corresponsabilità.

Principio della cura: Le cose le gestiamo, delle persone e della vita ci curiamo. La relazione più adeguata con l’acqua è proprio la cura.

Principio della solidarietà: se non ci sarà cooperazione sulla questione dell’acqua, se non supereremo le disparità, se non metteremo limiti alla voracità del capitale privatizzante lasceremo miliardi di persone nella scarsità e, probabilmente, nel rischio di gravi conflitti e di morte. Solidarietà generazionale.

Principio della corresponsabilità : etica è l’illimitata responsabilità verso tutto ciò che esiste e vive. Una rivoluzione necessaria, quella dell’acqua. Se l’acqua resta prevalentemente come bene economico scarso e quindi caro; se prevarrà questa lettura , potremmo andare incontro ad una incommensurabile catastrofe antropologica ed ecologica. Altri La nostra fede ci impone, in nome del Dio della vita, di partecipare a questa battaglia per la vita del pianeta, dell’Italia e della nostra regione, per le attuali e le future generazioni.

La modernità ha declinato la libertà “di” scegliere e la libertà “da” fame, sete ecc. dobbiamo ricordarci che è necessaria una libertà “per” “qualcuno” o per un “ideale”. La speranza secondo Sant’Agostino è figlia della indignazione ossia della rabbia nel vedere le cose che vanno male e del coraggio che dobbiamo avere perché è possibile cambiarle e quindi occorre dedicare il tempo per cambiarle.

ACQUA SPA?

Dalla legge Galli al dl Ronchi, il cammino della privatizzazione del servizio idrico.
Oltre 5 mesi fa, a novembre, è stata approvata la riforma del servizio idrico che, di fatto, privatizza definitivamente la gestione dell'acqua. La novità è stata introdotta con il via libera definitivo dell'Aula della Camera al decreto legge Ronchi sugli obblighi comunitari che ne disciplina la gestione in una norma ad hoc. Ma l'oro blu ne ha già 'passate' tante nell'ultimo secolo e questo è stato l'ennesimo cambiamento che, più di tutti gli altri, ha messo nell'angolo la gestione pubblica e ha ampliato gli spazi per quella privata.

La storia parte da lontano. Fu sotto il governo Giolitti che venne approvata la legge nazionale per la municipalizzazione degli acquedotti. Una scelta scaturita dai problemi igienico-sanitari, dagli alti costi per i cittadini e dalla necessità di estendere il servizio alle fasce più povere della popolazione. Novantuno anni dopo, con la legge Galli, é iniziato invece il processo di privatizzazione. nel 1994 interviene la legge Galli, la prima che tenta di riorganizzare i sistemi idrici. Che cosa dice la legge? Che l’acqua va organizzata per AATO ( Autorità di Ambito Territoriali Ottimali) , che sono assemblee di sindaci e province che, dovrebbero coincidere, con i bacini idrografici. Essi dovrebbero redigere il piano d’ambito (quadro della situazione, gestione ottimale, tariffe e affidamento a terzi)

Le autorità di Ambito Territoriale Ottimale (Aato) dovrebbero essere coincidenti (almeno in linea teorica) con i bacini idrografici (in realtà sono stati ricalcati i confini amministrativi). La legge del 5 gennaio 1994 n.36, ha inoltre sancito, il principio del full recovery cost. Principio in base al quale tutto il costo della gestione del servizio idrico deve essere caricato sulla bolletta e non é più, quindi, la fiscalità generale a farsene carico". In particolare con la legge Galli viene stabilito che ognuno paga in bolletta il 7% di quanto il gestore ha investito. L'acqua, però, doveva essere comunque gestita dagli enti locali. La legge Galli, ha comunque il merito di aver riorganizzato il servizio.
Fino a quel momento c'era stato un forte spezzettamento dei gestori del servizio. All'interno dello stesso territorio ce ne erano tanti: uno che faceva fronte ai servizi di captazione, uno per l'adduzione ed un altro per la depurazione. Uno spezzettamento che aveva portato alla presenza di un numero di gestori superiore a quello dei comuni. Di fronte a questo stato di cose, la Legge 36 ha introdotto "il concetto di ciclo integrato dell'acqua e quindi la necessità di un unico gestore per l'intero ciclo.

Quindi la prima osservazione da fare è che prima i sistemi idrici italiani erano in mano pubblica, ma frammentati in mano ai Comuni. Ogni comune aveva la gestione dell’acqua e c’erano grandi inefficienze perchè organizzare la gestione dell’acqua era difficile, c’erano sprechi, anche gestioni clientelari, come sempre avviene nel nostro paese.

Nel 2000 é arrivato il Tuel, il Testo Unico Enti locali che ha previsto tre modalità di affidamento per la gestione del servizio idrico: alle Spa private scelte con gara; alle Spa miste pubblico-private e infine alle Spa pubbliche tramite affidamento diretto. Di fatto però, in molti casi le gare non si sono svolte e in ogni caso nel Tuel é rimasta, se pure in parte residuale, la possibilità di gestire l'acqua attraverso enti di diritto pubblico". Sei anni dopo é intervenuto il decreto legislativo 152 del 2006 che ha ribadito le tre modalità di gestione fissate dal Tuel.
Nel 2008, poi, la cosiddetta manovra estiva, varata con il decreto 112 del 25 giugno 2008 (Legge 133 del 2008) ha introdotto altre novità.

Le imprese e l’acqua
L’art.15 (che modifica l’art.23bis DL 112/08) bis prevede ora che la via ordinaria per gli affidamenti è quella della gestione a: - imprenditori; - società private o miste a condizione che al socio privato sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40%.
In house
Cessano tutte le gestioni in house esistenti al 22 agosto 2008 a meno che entro il 31 dicembre 2011, non cedano a soggetti privati una quota di capitale non inferiore al 40%.
Le gestioni
Gli affidamenti in essere al 1° ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa cessano alla scadenza solo se la partecipazione pubblica si riduce ad una quota non superiore al 40% entro il 30 giugno 2013 e non superiore al 30% entro il 31 dicembre 2015.
Entro il 2010
Le gestioni affidate che non rientrano nei casi previsti cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010.

Ma la proprietà resta pubblica?
Nella norma c’è anche spiegato che la proprietà delle reti resta pubblica. Che significa? Significa che l’incremento dei consumi e delle tariffe va ai privati che ci possono lucrare sopra, ma la proprietà – cioè i costi- rimane pubblica cioè al cittadino, che paga ma non può mettere bocca sulla gestione del servizio. Bello il mercato fatto così, no?
Risparmiare acqua si può con i privati?
Le statistiche prevedono un incremento dei consumi del 17%, visto che le aziende non hanno alcun interesse a “educare” i cittadini a risparmiare acqua, perché più si consuma , più guadagnano
L’acquedotto
L’acquedotto pugliese è il più grande d’Europa, gestito come spa a totale capitale pubblico viene ora ripubblicizzato davvero grazie al forum dei movimenti, affidandola ad un’azienda speciale la gestione.
Il forum dei movimenti per l’acqua
Nel forum s’incontrano oggi un migliaio di comitati territoriali, settanta associazioni nazionali e la neonata rete degli Enti Locali, c’è anche la nostra diocesi.
Le regioni contro il governo
Alcune regioni hanno fatto ricorso alla corte costituzionale in quanto la materia della tutela della salute e dell’alimentazione è concorrente tra Stato e Regioni e quindi il governo non può arrogarsi il diritto di decidere da solo
L’azienda speciale: una soluzione.
Il popolo dell’acqua non demorde: ha anzi già studiato l’escamotage legale per salvare le 64 gestioni “in house” che possono trasformarsi in aziende speciali e sfilarsi dalle grinfie dell’art.15. Inoltre decine di comuni stanno inserendo nel proprio statuto la dicitura “acqua diritto umano e non servizio a rilevanza economica”.

Comuni e diritto all’acqua.
Molti comuni stanno inserendo del proprio statuto la dicitura “acqua diritto umano e non servizio a rilevanza economica”. La pressione democratica paga, ora i referendum contro la privatizzazione.
Possiamo fare pressione sui politici ed infatti alcuni partiti stanno spostando i propri interessi verso questi temi ed addirittura il forum dei movimenti per l’acqua presenterà 3 quesiti referendari per l’acqua pubblica.

Capitalismo parassitario e partiti
Occorre però che gli stessi partiti che si affacciano sui temi fondamentali della vita e dell’ambiente si esprimano chiaramente sul disconoscimento della filosofia neoliberista che muovendo da un capitalismo parassitario assorbe diritti e sottrae : - ambiente naturale, privatizzando i beni comuni; ed ambiente sociale, privandoci del bene essenziale che è la relazione.

adelellis@clio.it

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